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Tunisia, le fiamme di Mohamed che bruciano un’epoca

Le fiamme che il 17 dicembre 2010 hanno avvolto il corpo di Tarek ben Tayeb Bouazizi, detto Mohamed, hanno acceso il sogno del mondo arabo, destinato a risvegliarsi cambiato. Quando il giovane ambulante tunisino si è visto confiscare il carretto di frutta e verdura nell’ennesimo sopruso della polizia, è stata la fine di un’epoca. Aveva 26 anni Mohamed, e di questi ne aveva vissuti 23 in una Tunisia guidata dallo stesso uomo: Zine el Abidine Ben Ali, il parricida che aveva esautorato Habib Bourghiba con l’aiuto degli italiani, poi il leader inflessibile che tutelava il Paese dalla minaccia islamista, poi il despota violento e deciso a ogni repressione. E la sua immolazione è stata l’avvio di una presa di coscienza collettiva, quella che i giornali occidentali hanno chiamato Rivoluzione dei gelsomini, e che i tunisini preferiscono ricordare come Rivoluzione della dignità.

La fine di Ben Ali

La scelta di togliersi la vita in maniera atroce, come i bonzi del Vietnam, Bouazizi l’aveva maturata a Sidi Bouzid, cittadina senza mare e senza speranza, come quasi tutta la Tunisia dell’interno, dove la gioventù era condannata alla disoccupazione senza nemmeno potersi illudere con l’idea di una possibile fuga in Europa. Ma quando il giovane, straziato dal fuoco, morì nel suo letto dell’ospedale di Ben Arous, il 4 gennaio, il percorso era compiuto. I tunisini non avevano più voglia di cedere alle minacce. Le donne gridavano l’orgoglio di vivere in un Paese non oscurantista. I soldati abbracciavano gli studenti durante le proteste a piazza della Kasbah, di fronte alla sede del governo. E persino gli onnipresenti uomini dei servizi di sicurezza, braccio armato della dittatura, si fermarono. Ben Ali fu costretto alla fuga in Arabia Saudita il 14 gennaio, inseguito più tardi da diversi mandati di cattura per corruzione, riciclaggio, traffico di droga, complicità in omicidio.

Nuove elezioni

Nel frattempo le piazze tunisine erano in rivolta permanente: dopo qualche tentativo di repressione, il governo ad interim guidato da Mohamed Ghannouchi cedette alle proteste, aprendo la strada a nuove elezioni. Dovevano essere l’opportunità di realizzare tutto quello che i tunisini avevano sognato, dalla totale libertà di espressione alle pari opportunità, all’uguaglianza economica. Ma come spesso accade nelle rivoluzioni spontanee, alla fine resta in piedi chi si è organizzato. Il partito islamico Ennahda, filiazione dei Fratelli musulmani, che era stato messo fuori legge da Ben Ali, approfittò del sostegno di imam e gruppi religiosi, fece propaganda nelle moschee, si impadronì con facilità del potere che studenti, donne, giovani avevano strappato al regime.

I gruppi salafiti

Poi la storia va avanti com’era inevitabile, con i sogni che lasciano il posto alla disillusione, con gli islamici che concedono spazio d’azione a gruppi salafiti e persino ai jihadisti, con l’omicidio dei due leader di sinistra Chokri Belaid e Mohamed Brahmi. L’economia non decolla, perché le famiglie potenti sono sempre in posizione di controllo, e preferiscono guadagnare sulle importazioni piuttosto che stimolare produzioni locali. E persino il terrorismo dell’Isis si affaccia a provocare risvegli bruschi, con attentati che minano alle fondamenta l’industria del turismo. Unica e magra consolazione, il premio Nobel al “Quartetto del dialogo”, Sindacati, Confindustria, Lega dei diritti umani e Ordine forense, per avere quanto meno provato ad avviare la ricostruzione.

Tutti gli articoli dello speciale
L'INVERNO ARABO:

Tunisia
Le fiamme di Mohamed che bruciano un’epoca
A Tunisi svaniscono i sogni, resta la democrazia

Egitto

Così si è spenta la rivoluzione d’Egitto
Il ritorno al passato sotto il giogo di Al Sisi

Libia
La primavera divenuta un lungo inverno di guerra civile
Il Grande gioco che i libici non possono governare

Siria
Dai ragazzi di Deraa all'incubo dell'Isis
Damasco, il conto della guerra

Iraq
Proteste ma per l'Iraq è troppo presto
La primavera posticipata di Bagdad

Yemen
La rabbia esplode in un paese impigliato in due conflitti
Dieci anni dopo guerra ed emergenza umanitaria

Africa
Armattan, il vento di proteste che percorse anche l’Africa

E se volete saperne di più: qualche libro sulle primavere arabe

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