Più che un'ipotesi, un cantiere già aperto tra Roma e Napoli, almeno da un mese. Su Roberto Fico come candidato sindaco della capitale del sud, Zingaretti ha già ufficializzato la sua "proposta di lavoro". È la nostra prima scelta, è stato il messaggio, che ha incassato il via libera del partito nazionale, oltre che della segreteria sul territorio. Se ne riparlerà domani anche al tavolo della coalizione di centrosinistra, che si riunisce a Napoli sotto il pretesto del Recovery Fund. Parallelamente, il presidente della Camera – che in trasparenza ha sempre confessato di essere tentato dalla corsa per Palazzo San Giacomo – si è assicurato già da settimane l'appoggio del versante Di Maio-Crimi. Ma sulla costruzione del patto che inciderebbe sull'intera partita delle amministrative nelle grandi città – rinvii delle elezioni, permettendo: già si pensa di votare a fine giugno, con ballottaggi che scivolano a luglio – pendono due incognite, non ancora sciolte.
La prima, viene dall'alto: gli eventuali dubbi che potrebbe opporre il presidente della Repubblica, sul rischio di rinnovare l'elezione alla presidenza della Camera e smuovere equilibri che le ultime ore hanno confermato nella loro fragilità. La seconda, dal basso: il governatore De Luca, da sempre contrario a un aspirante sindaco pentastellato, non ha ancora risposto alle sollecitazioni romane e dovrebbe incontrare nelle prossime ore il segretario dem. Un faccia a faccia da cui dipendono le prossime mosse. E in cui, secondo la metodologia del viceré salernitano, un ruolo potrebbe giocarlo anche De Luca jr, Piero, il rampollo deputato che aspira a un posto di sottosegretario.
È un asse strategico e, insieme, più delicato di quanto appaia, il dossier napoletano cui si lavora da giorni, dalle parti del Nazareno. Perché l'accordo porterebbe con sé almeno tre vantaggi. Chiudere con l'alleanza più larga per la successione a de Magistris rafforzerebbe il patto di governo Pd-5S dopo le ore convulse della verifica. Aprirebbe necessariamente ad un mini-rimpasto, cui punta dall'estate scorsa il ministro Franceschini per sedere sullo scranno più alto di Montecitorio: col sollievo di presentarlo come un riassetto necessario e non il frutto di conflittualità interne. E, infine, costringerebbe a superare la trincea romana per il Campidoglio: laddove, lasciata per alternanza la scelta al Pd, il reset esautorerebbe l'opzione Raggi e potrebbe spingere proprio il leader Pd a scendere in campo. Opzione che, non a caso, neanche il motivatissimo Carlo Calenda ha mai escluso ("Mi faccio da parte solo se corre Nicola, e se si realizzano le condizioni non è detto che non ci pensi"). Anche perché, come sostengono alcuni big al Nazareno, "Nicola sa bene che come sindaco di Roma avrebbe tutt'altro peso nell'interlocuzione con i Palazzi, ma con un passo di lato" rispetto alla convulsa stagione che attende il governo.
Obiettivi concatenati, ormai anche evidenti. Ecco perché ieri, alla Camera, interrogato sulla sua eventuale corsa alle falde del Vesuvio, Fico ha risposto con quelle due paroline in cui c'è tutto: "No comment". Intanto, chi gli è vicino e conosce il legame anche viscerale che lo tiene ancorato alla città d'origine, ha notato anche la soddisfazione con cui la terza carica dello Stato ha dato uno sguardo a recenti sondaggi. Le indicazioni di voto lo darebbero, sommando i rispettivi elettorati, tra gli 8 e i 9 punti avanti agli altri papabili dem, i due ministri, candidati in pectore, Amendola e Manfredi. Uno scenario su cui cala però l'insidia del possibile competitor di centrodestra, il magistrato Catello Maresca, figura trasversale che parla anche ai moderati e al settori di consenso popolare, che già a settembre Repubblica aveva dato come il nome che univa i leader Berlusconi-Salvini-Meloni.
Vista da Napoli, tuttavia, la strada è sempre in salita. E se c'è uno che non si arrende, neanche sulle Dolomiti, è Antonio Bassolino. Non è più un mistero che si stia scaldando per la battaglia di fine primavera (o quasi estate). L'ex sindaco del Rinascimento napoletano, poi governatore e ministro, dopo la riabilitazione giudiziaria (è stato assolto in 19 processi) cerca quella politica: che dal Pd non è più arrivata. Sarebbe disposto a correre da solo, dicono, se il candidato è Fico. Un'altra spina nel fianco per De Luca. Sono acerrimi "compagni" da quasi mezzo secolo, correnti opposte del Pci, poi sindaci rivali e leader a furor di popolo, a stagioni alternate. La partita di Napoli è fatta anche di rese dei conti.
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