Tre Olimpiadi senza la Russia. Dopo PyeongChang 2018, Mosca non parteciperà nemmeno a Tokyo 2020 (posticipata di un anno) e all'edizione invernale di Pechino 2022. Il Tribunale arbitrale dello sport (Tas) ha dimezzato la pena della Russia, rendendola valida fino al 16 dicembre 2022, dopo aver esaminato il ricorso dell'agenzia antidoping di Mosca (Rusada) che si opponeva alle conclusioni della Wada e alla sospensione di quattro anni. Invece di quattro, saranno due gli anni di sospensione, ma copriranno anche Pechino 2022 in programma nel mese di febbraio. Il verdetto, arrivato proprio nel giorno della conferenza di fine anno di Vladimir Putin, era atteso anche dal Cio, che già in occasione dei Giochi coreani aveva ammesso gli atleti russi solo a titolo individuale. Come avverrà a Tokyo, dove i russi in grado di provare la loro estraneità alle manipolazioni accertate nel laboratorio antidoping di Mosca potranno partecipare, ma senza bandiera e inno nazionale. La possibilità di presentarsi come "neutrali" permetterebbe anche alla nazionale di calcio di partecipare, in caso di qualificazione, ai Mondiali 2022 in Qatar, senza ovviamente simboli ufficiali della Russia, così come ha fatto la squadra di hockey su ghiaccio medaglia d'oro ai Giochi di PyenogChang (e in quell'occasione furono i numerosi tifosi a cantare polemicamente l'inno russo durante la premiazione).
Lo scandalo del doping russo dura ormai da anni, da quando l'emittente tedesca Ard nel 2014 rivelò le pratiche proibite e le manipolazioni attuate a tutti i livelli. Negli anni si sono aggiunti episodi da spy story, come la morte di alcuni protagonisti dell'antidoping russo, la fuga negli Stati Uniti del direttore del laboratorio di Mosca Grigory Rodchenkov, le confessioni della mezzofondista Yulia Stepanova. E ancora, la scoperta delle infiltrazioni dei servizi segreti (Fsb) che attraverso un buco nel muro del laboratorio delle Olimpiadi di Sochi 2014 "ripulivano" le provette degli atleti russi che facevano incetta di medaglie, salvo poi arrivare alla squalifica di 25 medagliati di quell'edizione invernale. Proprio in seguito a questo scandalo la Russia non ha potuto presentarsi come comitato olimpico ai Giochi di Pyeongchang 2018, dove gli atleti usciti da un severo setaccio per dimostrare la loro estraneità al sistema hanno potuto partecipare senza simboli sulle divise, senza inno nazionale, gareggiando sotto l'insegna del Cio. Al termine dell'edizione coreana la Russia era stata riammessa nella famiglia del Cio, ma l'accesso al database del laboratorio di analisi di Mosca, tenuto "sotto chiave" a lungo dalle autorità statali russe prima di essere consegnato agli investigatori della Wada, ha dato il colpo di grazia alle speranze di Mosca di partecipare ai Giochi. Anche in questo caso, manipolazioni macroscopiche nel sistema dei controlli, dati cancellati o modificati a seconda delle esigenze. A queste conclusioni si era opposta la Rusada (l'agenzia antidoping russa) che ha fatto ricorso al Tas, ma lo "scontro" di due anni suona quasi come una beffa visto che l'effetto della sanzione parte oggi, 17 dicembre 2020, e copre ben due edizioni olimpiche.
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