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Così si è spenta la rivoluzione d’Egitto

Anche in Egitto i primi fuochi della rivolta furono le fiamme che avvolsero un uomo che si immolò per protesta il 17 gennaio 2011, proprio come il venditore ambulante Mohammed Bouazizi in Tunisia. La protesta esplode il 25 gennaio, con la prima manifestazione di 30 mila giovani in piazza Tahrir, al centro del Cairo. Immediatamente scoppiano scontri, muoiono 3 manifestanti e un poliziotto. Dal giorno dopo continuano per giorni le manifestazioni, e continuano gli scontri violenti. Così come partono proteste in ogni regione dello sterminato paese africano: A Suez i manifestanti danno fuoco al palazzo del governo.

La caduta di Mubarak

Il 29 gennaio il presidente Hosni Mubarak, che governa il paese da 29 anni. fa dimettere il governo, sperando che la mossa possa placare i manifestanti. E nomina vice-presidente il potente capo dei servizi segreti Omar Suleiman, con l’idea che possa essere il suo successore. Non servirà a nulla. Suleiman tratta con i capi dei manifestanti la creazione di un comitato congiunto governo-opposizione per una transizione democratica. Ancora pochi giorni e l’11 febbraio Hosni Mubarak getta la spugna: si dimette e trasferisce i poter a Suleiman.

I Fratelli musulmani

La storia da quel momento accelera: il “Supremo consiglio delle forze armate” (la cupola militare) assume i poteri in maniera provvisoria e promette elezioni: nel voto del 28 novembre 2011 e l’8 gennaio 2012(ballottaggio) le forze liberali e i sostenitori della rivoluzione vengono sbaragliate da un protagonista rimasto sino al momento ai margini della scena: la Fratellanza Musulmana e il partito dei salafisti. La Fratellanza ottiene il 37,5% dei voti, che corrisponde al 45% dei seggi. I Salafiti con il 27% dei voti conquistano il 25% dei seggi. Dalle prime elezioni esce un Parlamento in mano ai partiti islamici.

Da allora l’Egitto rivoluzionario viene dirottato per qualche mese sul percorso della Fratellanza Musulmana, che controlla il Parlamento che eleggerà una Assemblea costituente: un organismo con 66 islamisti su 100 membri, con 6 sole donne e 5 cristiani copti. Inizia lo scontro fra i partiti laici, i gruppi usciti dalla rivoluzione e gli islamisti.

Nelle elezioni presidenziali del 23 maggio 2012 la Fratellanza mette a segno il suo colpo, facendo eleggere presidente Mohammed Morsi. Il candidato islamista vinse con 51,7 % dei voti % rispetto al 48,3% di Ahmed Shafik, un ex premier di Mubarak ed ex capo dell’Aeronautica

Poche settimane dopo la sua elezione, Morsi silura il maresciallo Tantawi dall’incarico di Ministro della Difesa. E presto inizia a muoversi per rispettare una sola idea, un solo credo, quello della Fratellanza Musulmana che vuole imporre la visione dell’Islam in ogni dettaglio della vita civile del paese.

Morsi fa qualcosa di più: prova a indicare 7 emendamenti alla Costituzione. L’articolo 2 sosteneva che tutti i decreti e le leggi emesse dal presidente non possono essere appellati o annullati, ponendo fine controllo parlamentare e giudiziario. L’articolo 6 autorizzava il capodello Stato ad adottare tutte le misure che riteneva opportune per “proteggere la rivoluzione e salvaguardare l’unità nazionale”. Erano emendamenti che creavano un nuovo dittatore.

L'esercito contro Morsi

L’Egitto ritorna in piazza, e questa volta ai rivoluzionari laici si affianca il lavoro sotterraneo dell’esercito e della polizia che si muovono per scavare la fossa al presidente islamista. Morsi riesce a far convergere contro sé stesso l’opposizione unita di laici e islamici moderati, della gioventù rivoluzionaria, dei giudici, dei giornalisti e del mondo del business. Oltre che dei militari.

La crisi economica

La crisi economica, la mancanza di beni di prima necessità e dei carburanti (crisi sicuramente manovrata dall’esercito) creò le condizioni per il colpo di Stato del ministro della Difesa Abdel Fatah al Sisi: il 3 luglio 2013 Morsi viene rovesciato e parte la caccia a tutti i capi della Fratellanza. L’esercito ritorna al potere in Egitto, nel sangue delle centinaia di sostenitori della Fratellanza uccisi in piazza negli scontri violentissimi di agosto.

La Costituzione contro-islamista

Il2 dicembre 2013il Parlamento approva una Costituzione “contro-islamista”, che proibisce i partiti che utilizzano la religione come base della loro attività politica. Viene approvata una nuova legge anti-terrorismo che restituisce potere totale alla polizia.

Il generale Al Sisi

Il generale Sisi si fa confermare al potere nelle elezioni presidenziali del maggio 2014.Il suo mandato verrà rinnovato con un nuovo voto plebiscitario del 2018. Velocemente il nuovo raìs corre verso la restaurazione di un potere in cui l’Egitto verrà governato da una sola classe di governo. Quella dei militari. Il ritorno al passato è compiuto. Partita nel 2011, già con l’elezione di Sisi nel 2014 la rivoluzione è stata cancellata. Tutto il reto è consolidamento del nuovo/vecchio regime.

Tutti gli articoli dello speciale
L'INVERNO ARABO:

Tunisia
Le fiamme di Mohamed che bruciano un’epoca
A Tunisi svaniscono i sogni, resta la democrazia

Egitto

Così si è spenta la rivoluzione d’Egitto
Il ritorno al passato sotto il giogo di Al Sisi

Libia
La primavera divenuta un lungo inverno di guerra civile
Il Grande gioco che i libici non possono governare

Siria
Dai ragazzi di Deraa all'incubo dell'Isis
Damasco, il conto della guerra

Iraq
Proteste ma per l'Iraq è troppo presto
La primavera posticipata di Bagdad

Yemen
La rabbia esplode in un paese impigliato in due conflitti
Dieci anni dopo guerra ed emergenza umanitaria

Africa
Armattan, il vento di proteste che percorse anche l’Africa

E se volete saperne di più: qualche libro sulle primavere arabe

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