Due chili scarsi di polvere e rocce, ma che avranno un peso notevole sugli equilibri spaziali e anche sulle conoscenze scientifiche. Sono il tesoro riportato a terra dalla sonda cinese Chang'e 5: polveri e rocce lunari arrivate fino a noi dopo una missione spaziale durata 23 giorni.
La Cina diventa così il terzo paese, dopo Stati Uniti e Unione Sovietica, ad aver prelevato campioni del nostro satellite naturale. Ma le ultimi missioni "minerarie" di Washington e Mosca, che fruttarono circa 400 chili di suolo lunare, risalgono ormai alla fine degli anni Settanta. Poi la febbre per la Luna, iniziata nel 1962 con la sfida lanciata dal presidente Usa John Kennedy, si spense.
Ora torna a salire: la Nasa ha appena presentato la squadra di astronauti tra i quali verranno scelti i primi americani a rimettere piede sulla Luna. E la Cina si allena andando a prelevare sabbia e pietre. Una dimostrazione di abilità tecnologica, quella della Chang'e 5, che prelude certamente a ulteriori missioni di Pechino verso il satellite, comprese, entro il 2030, quelle con equipaggio umano.
Aldilà del gesto dimostrativo, però, il rientro nelle steppe mongole della capsula cinese è considerato un importante risultato anche dalla comunità scientifica internazionale che studia la storia del Sistema solare: i campioni riportati a Terra potranno far luce su alcuni dei misteri che ancora avvolgono la nascita dei pianeti.
Il team cinese ha infatti scelto come zona per l'allunaggio della Chang'e 5 una zona mai esplorata in passato da russi e americani. Un'area, il Monte Rümker, all'interno dell'Oceano delle Tempeste, che secondo gli scienziati dovrebbe essere geologicamente più giovane di quelle già visitate dalle sonde terrestri. Le rocce lunari analizzate finora sono state datate come vecchie circa 3 miliardi di anni fa, mentre si presume che quelle raccolte dalla missione cinese (sia in superficie che con una trivella che ha forato il suolo per due metri) potrebbero risalire a 1,2-1,5 miliardi di anni, forse perché frutto di una delle ultime eruzioni vulcaniche avvenute sulla Luna. Se le analisi lo confermeranno, andranno riviste anche le teorie sui primordi del Sistema solare.
Difficile invece che i due chili di Luna atterrati in Mongolia possano rivelare la presenza di minerali particolarmente ambiti dalle industrie terrestri. Insomma non dovrebbero esserci grandi novità rispetto a quanto si è capito nei decenni scorsi studiando i 380 chilogrammi già custoditi nei laboratori americani e russi.
Pechino ha comunque già fatto sapere che intende condividere con gli scienziati di tutto il mondo i campioni e i relativi dati. Così come, almeno a parole, intende concepire insieme ad altri Paesi la futura colonizzazione lunare. Partendo però da una posizione di forza: far posare una sonda sulla Luna, prelevare campioni e riportarli a Terra, conferma capacità politiche economiche, scientifiche e ingegneristiche che oggi pochi hanno. E Pechino lo farà pesare.
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