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Caso Becciu, la Cassazione annulla la misura cautelare per Marogna

AGI L'arresto di Cecilia Marogna, la consulente cagliaritana coinvolta nell'indagine sul cardinale Angelo Becciu, è stato illegittimo, e per questo, perdono di efficacia le misure cautelari. Lo ha sancito la sesta sezione penale della Cassazione, annullando senza rinvio l'ordinanza con cui la Corte d'appello di Milano, il 14 ottobre scorso, aveva convalidato l'arresto e disposto la custodia cautelare in carcere della donna, misura che è già stata revocata alla fine di ottobre, quando Marogna è tornata libera con obbligo di firma.

Nonostante la revoca della misura, la difesa di Marogna aveva mantenuto il suo ricorso in Cassazione, discusso ieri in camera di consiglio, mentre il dispositivo è stato reso noto questa mattina. Bisognerà ora attendere il deposito delle motivazioni – che avviene di norma entro 30 giorni – per capire quali punti del ricorso della difesa siano stati ritenuti fondati dai giudici della Suprema Corte. E' invece fissata per il 18 gennaio prossimo a Milano l'udienza per l'estradizione di Marogna, accusata di appropriazione indebita e peculato, nell'ambito dell'indagine sul cardinale Angelo Becciu e sulla distrazione di alcuni fondi vaticani.

La difesa, ha sofferto 17 giorni di carcere senza motivo

"Non c'è che dire: siamo molto soddisfatti. Resta però l'amarissima constatazione che la signora Marogna ha sofferto 17 giorni di carcere senza che ve ne fosse alcun presupposto", è il commento degli avvocati Massimo Di Noia e Fabio Federico. "La Corte di Cassazione – proseguono – ha accolto in pieno il ricorso da noi presentato contro la convalida dell'arresto di Cecilia Marogna.

L'arresto, chiesto dai Promotori di Giustizia dello Stato della Città del Vaticano, è stato quindi dichiarato illegittimo e la misura di custodia cautelare ha immediatamente perso qualsiasi efficacia", sottolineano gli avvocati. Restano la leggere le motivazioni della sentenza del Palazzaccio, anche per quanto riguarda la residuale prescrizione dell'obbligo di firma, decisa dalla quinta sezione penale della Corte d'Appello di Milano, il 30 ottobre dopo l'udienza che si era tenuta quattro giorni prima. La decisione degli ermellini "è esattamente quanto, unitamente all'avvocato Maria Cristina Zanni, che con noi la difende, andiamo sostenendo fin dall'inizio di questa vicenda", concludono gli avvocati.

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