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Whirlpool, ultimo stipendio e i sindacati giocano la carta del divieto di licenziamento

Saranno feste amare. E non solo per l'ombra del Covid. I 357 operai e operaie della Whirlpool di Napoli il 27 dicembre incasseranno l'ultimo stipendio da lavoratori della fabbrica di lavatrici, ferma da ottobre perché la multinazionale Usa ha deciso che non è più redditizia. L'ultima busta paga. Poi sarà il vuoto della disoccupazione.

Licenziamenti proprio mentre una legge dello Stato li vieta. E in questo paradosso, oltre alla fotografia dell'incapacità del governo di anticipare e affrontare l'ennesima crisi industriale, potrebbe esserci l'arma giuridica che impugneranno i sindacati il 21 dicembre al tavolo con azienda e ministero dello Sviluppo Economico. Perché, in realtà, Whirlpool non ha mai avviato la procedura di cessazione d'attività dello stabilimento napoletano, fattispecie che consente la deroga al divieto di licenziamento: non lo ha fatto perché la fabbrica di via Argine non è un ramo d'azienda e i suoi lavoratori sono dipendenti diretti del gruppo al pari di quelli di ogni altro impianto italiano del gruppo.

Insomma, per accedere alla proroga Whirlpool dovrebbe sancire la cessazione d'attività di tutti gli stabilimenti. Ipotesi irrealistica, peraltro in una fase nella quale tutti i siti stanno producendo a manetta, con tanto di straordinari e assunzioni di lavoratori interinali. Altrettanto complicata l'eventualità di una richiesta di cassa integrazione Covid. Ma si tratterebbe, nel caso, solo di eventuali schermaglie procedurali visto che, come ribadito a più riprese dal gruppo statunitense, la storia della fabbrica napoletana è finita. E fin qui niente e nessuno ha fatto cambiare idea ai vertici aziendali.

Insomma, per quel tavolo del 21 dicembre si prospetta un confronto molto teso, anche perché presumibilmente il governo si presenterà senza una soluzione in tasca: Invitalia ha la missione di costruire un futuro produttivo alla fabbrica che sia alternativo a Whirlpool, però al momento tutte le ipotesi sul tavolo della società pubblica guidata da Domenico Arcuri si sono rivelate poco praticabili. A quanto risulta ci sarebbe stata un'interlocuzione anche con la Candy, marchio storico italiano controllato oggi dal colosso cinese Haier con stabilimenti in Brianza, opzione frenata però dalla stessa Whirlpool contraria a cedere un suo impianto ad un gruppo concorrente. Limiti dimensionali e di settore, invece, per altre due ipotesi: la Adler, azienda campana del settore automotive, e la Htl Fitting (aerospazio) parte dell'indotto del gruppo Leonardo sempre in Campania.

Intanto i lavoratori continuano la loro lotta, tra presidi ai cancelli campagne social e istanze sottoposte al consolato americano a Napoli. "Nel 2018 – sottolinea la Fim-Cisl – Whirlpool, che anche nell'ultimo trimestre macina profitti record, aveva sottoscritto con governo e sindacato un piano industriale per il rilancio del sito diventato ora carta straccia. Un'indifferenza e un mancato rispetto per i lavoratori e per l'Italia che contrastano con l'immagine e i valori che la multinazionale proclama nei suoi spot pubblicitari milionari". "E' una situazione surreale – aggiunge Barbara Tibaldi, della segreteria nazionale di Fiom-Cgil – la fabbrica di Napoli ha solo spento le luci, dentro c'è ancora tutto. Non si capisce cosa abbia in testa la Whirlpool".

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