Non te l’aspettavi eh? No, o almeno, non proprio. Non subito. Non così. La telefonata arriva verso sera: “C’è qui Vasco per te”. È a Bologna.
Come stai?
“Bene. Sì, senza guardare a tutto il resto che sta succedendo naturalmente perché la situazione è brutta. Però, nel mio piccolo, sono proprio contento perché a gennaio esce il primo singolo del disco a cui stiamo lavorando e poi c’è un’altra cosa importante: il sindaco mi dà il Nettuno d’oro, una cosa che mi ha fatto molto piacere, non solo perché è l’onorificenza più importante che Bologna conferisce ai suoi cittadini ma perché io in questa città ci vivo da quando ho sedici anni”.
Zocca, Modena e poi Bologna, giusto?
“Sì, esatto. A sedici anni io ero già qua: le scuole superiori le ho fatte a Bologna, dalla seconda in avanti. Ragioneria. Quindi l’ho vissuta sempre questa città, in tanti modi diversi: in quegli anni da studente e poi quando ho iniziato a suonare. Certo poi il sabato e la domenica, e anche d’estate, tornavo a Zocca perché avevo lì gli amici”.
Ciak, Vasco gira in piazza Maggiore a Bologna
Ti piaceva andare a scuola?
“Ragioneria non mi piaceva. Però c’era un professore d’italiano bravissimo, il professor Farinelli. Pensa che suo figlio, Gian Luca Farinelli, adesso è il direttore della Cineteca di Bologna: l’ho visto quando ho fatto il videoclip del nuovo singolo qui in Piazza Maggiore. Mi ha fatto venire in mente che suo papà per me è stato importantissimo: è stato il primo che mi ha davvero aperto il cervello! Era un professore molto all’avanguardia. Nel suo modo d’insegnare c’era un programma che lui chiamava ‘Presenze’: noi in pratica essendo ‘presenti’ dovevamo testimoniare la nostra presenza raccontando delle cose di noi, di quello che succedeva”.
Ma allora è con lui che tu facesti il famoso tema che in qualche modo ha cambiato la tua vita?
“Sì era un tema libero, senza titolo. Io non sapevo davvero cosa fare. Tutti scrivevano come pazzi mentre io dopo un’ora non avevo ancora scritto neanche una riga. Allora, preso anche un po’ dalla disperazione, mi sono detto: ‘Ok allora scrivo di questo’. E ho incominciato facendo un po’ di polemica: ‘Avete talmente ridotto la mia capacità critica e di fantasia in questa scuola fatta di numeri che se non mi date un titolo io non so cosa fare’. Credevo di aver fatto una cretinata e mi aspettavo il peggio”.
E invece?
“Invece quando il professore tira fuori i compiti in classe il mio non arrivava mai. Di solito iniziava dai migliori e finiva con i voti più bassi. Io ormai ero rassegnato. Il mio lo prende proprio per ultimo e dice ‘Rossi: dal 9 al 10’. Non ci potevo credere. Anche perché con lui nessun tema aveva mai preso più di sette. Non mi piaceva Ragioneria. Bisognerebbe che tutti potessero fare il liceo e poi magari uno può scegliere una specializzazione. Per me è sbagliata una scuola dove non si fanno quelle che io considero le domande più importanti, una scuola, per esempio, dove non si insegna la filosofia".
Tu ami la filosofia?
“Moltissimo. Non ho le basi però. Ho dovuto cercare di coprire questa mia lacuna negli anni, quando avevo il tempo, leggendo io i libri che mi sembravano più interessanti. Poi ti devo dire che adesso leggere mi piace davvero moltissimo".
Che cosa stai leggendo?
“Sto leggendo un libro che si intitola Il mondo al tempo dei quanti di Mario Agostinelli e Debora Rizzuto che spiega, come dice il sottotitolo, ‘perché il futuro non è più quello di una volta’. In questo libro si cerca di spiegare perché la trasformazione che la fisica quantistica ha portato nel mondo della scienza non è riuscita a trasformare anche il mondo della politica, mentre un tempo invece le mutazioni della scienza avevano anche un riflesso diretto su di essa. Oggi no, oggi la politica invece è rimasta indietro. E poi ho letto Heidegger grazie al nuovo libro di Galimberti dedicato a questo filosofo che mi ha aiutato molto a comprendere il suo pensiero. Avevo iniziato a leggere Essere e tempo già anni fa ma avevo fatto molta fatica: ho cominciato due volte e poi mi sono fermato, e invece grazie a lui molte cose finalmente mi sono chiare”.
Scegli dei filosofi molto complessi…
“Ma sai, io saltello qua e là, vado un po’ a caso. Uno dei primi libri che ho letto è stato Il mondo come volontà e rappresentazione di Schopenhauer e mi è piaciuto tantissimo, non era difficile da comprendere. Poi invece ho incontrato filosofi come Hegel che sono quasi impossibili viste le mie lacune. E qui torniamo a ragioneria. E anche al mio rapporto con Bologna. Ecco, come ti stavo dicendo, quel professore mi ha dato molta forza lodandomi davanti a tutti, ed è stato davvero importante, per uno come me che veniva da Zocca, dalla montagna. Dopo in classe tutti hanno pensato che ero molto bravo a scrivere i temi, cosa che non era affatto vera”.
Beh visto i testi dei brani che hai scritto dopo, nel corso della trua carriera, direi che il professore aveva indovinato. Del resto anche lì, nelle tue canzoni, puoi trovare in qualche modo la filosofia…
“Esatto. Puoi trovare la mia filosofia, quella che applico al mio pensiero semplice da ‘zocchese’”.
Penso a "Un senso", che va proprio in questa direzione, del porsi delle domande sul sé e sul mondo.
"Era proprio un bisogno che avevo quello di trovare un senso a questa vita. Ma devo dire che a questo proposito mi ha molto aiutato invece Recalcati con Desiderio, godimento e soggetivazione che spiega la psicoanalisi di Lacan. Avevo provato a leggere anche Lacan ma non riuscivo, anche lui era troppo complesso, invece Recalcati lo spiega benissimo".
Ma adesso quindi un senso l'hai trovato?
"Sì".
Qual è?
"Il senso è il linguaggio. Noi non viviamo nel mondo naturale, viviamo in un mondo culturale. La cultura, che nasce dal linguaggio, dà un senso a tutto. Poi ognuno approfondisce a suo modo la ricerca, chi con la fede, chi con altro ma alla fine il senso è quello che l'uomo dà al mondo attraverso il linguaggio. Altrimenti senza quello, senza 'un senso', non puoi vivere".
Tu per tanto l'hai cercato e credo che un senso alla vita possa essere proprio questa tua curiosità in sé stessa, che non finisce mai. Il senso sta in quello che fai: e mi sembra che tu in questo momento sia soddisfatto di quello che, appunto, stai realizzando.
"Sì. In fondo sì. Sono arrivato a passare un sacco di traguardi, ad avere soddisfazioni enormi. La cosa che più mi soddisfa adesso in effetti è che sono riuscito a scrivere una nuova canzone. Lo dicevo l'altro giorno con i miei in studio mentre ascoltavamo i mix: 'Si è verificato di nuovo il miracolo di San Gennaro' (ride). Io la chiamo così questa cosa della creazione…".
Allora è vero: c'è questo nuovo singolo: è quello che presenterai con Bolle?
"Sì, ballo con Bolle (ride). Ovviamente è uno scherzo: è lui che balla! Io canto e lui balla. Lui è bellissimo: quando l'ho visto lo abbracciavo continuamente. Ti viene proprio di abbracciarlo perché è bello da matti, lui è praticamente un'opera d'arte: è perfetto! Poi ho sentito molto affetto e stima venire da lui. E da un grande così questa stima non può che farti un grandissimo piacere".
Ma come è nata questa idea?
"Mi arrivano sempre molte proposte per andare in una trasmissione o l'altra della tv ma io le ho sempre rifiutate tutte. Non ci vado da dieci anni! No anzi, qui mi dicono da quindici addirittura…".
Come mai?
"Beh, perché non è il mio strumento! Io ci vado quando serve, per fare delle cose belle, importanti dal punto di vista artistico, per cui l'dea di andare a fare una cosa con Bolle è un'idea che mi è piaciuta subito. Avevo già visto il suo programma dell'anno scorso e l'avevo trovato molto interessante".
Foto @ pagina ufficiale Facebook
Torniamo a Bologna e al Nettuno d'Oro. Qual era la tua Bologna?
"La Bologna che mi piaceva era quella dell'Osteria delle dame dove andavo a sentire Guccini che cantava ma poi lì c'erano anche dei miei amici che ogni tanto salivano sul palco e recitavano poesie (ride, ndr). Ognuno faceva quello che voleva all'Osteria delle Dame! Era questo il bello. E poi a Bologna ho incominciato a far teatro sperimentale con un gruppo di amici che avevo conosciuto a scuola e anche quella è stata un'esperienza molto importante. Insomma quello è stato un periodo molto formativo dal punto di vista culturale, artistico e politico. Io ero schierato con gli anarchici. La nostra utopia era quella di arrivare a costruire l''uomo anarchico' ovvero quello che era in grado di autogestirsi senza che ci fosse il bisogno di un controllo della polizia o dello Stato a sorvegliare sui suoi rapporti con gli altri. Un'utopia molto bella che forse poteva esserci solo in quegli anni pieni di speranze: l'idea era quella di migliorare sé stessi perché era l'unico modo con cui si poteva davvero cambiare il mondo. Anche noi andavamo in piazza ma non ci piacevano cose come Lotta Continua o Potere Operaio anche perché andavano tutti dietro a quattro o cinque leader senza accorgersi delle contraddizioni evidenti che c'erano. A partire dal nome. Si chiamava 'Potere Operaio' poi andavi a vedere e di operai non ce n'era neanche uno, erano tutti studenti. Lotta Continua poi dal nome sembra indicare qualcuno che si impegna molto, senza sosta, invece quelli che conoscevamo noi alla sera andavano a casa dalla mamma a mangiare i tortellini".
A proposito di mitologie da sfatare: è vero che il Roxy Bar che tu canti in realtà a Bologna non è mai esistito?
"Ma sì io intendevo 'ci troveremo tutti al Roxy Bar' nel senso di quello che cantava Fred Buscaglione, in quella canzone, Che notte, in cui diceva 'm'aspetta quella bionda che fa il pieno al Roxy Bar'. Insomma era una cosa più simbolica, non pensavo a un bar. Poi ho saputo che proprio sotto le due torri c'era invece proprio un bar che si chiamava così…".
Ma tu non c'eri mai andato?
"Ci sono andato una volta perché mi ci ha portato Red Ronnie che mi ha fatto anche le foto lì davanti. E dopo l'abbiamo messa anche sulla copertina dei dischi. Ma no, poi non ci sono mai più andato. Non perché non mi piaceva il posto ma perché io non frequento i bar, non frequento i ristoranti. Io vivo da solo, chiuso, penso sempre alla musica, scrivo canzoni, suono. Sto un po' nel mio mondo. Da sempre. Un tempo negli anni 80, 90 frequentavo i locali notturni, la discoteca il sabato sera ma poi anche lì, più che altro eravamo sempre in giro a suonare, non facevamo vita mondana".
Ma i colleghi come Guccini li vedevi?
"Quasi mai. Però io con Guccini ci sono cresciuto e quando lavoravo alla famosa Punto Radio che stava a Zocca e che è stata la prima radio liberia in Emilia Romagna io lo sono andato a intervistare, ma lui non si ricorda. Io sì invece perché era la mia prima intervista. Poi una volta ci siamo incontrati. Lui nelle interviste dice sempre che io gli ho detto che mi piaceva la sua Avvelenata mentre a lui, col tempo così così. Ma a me non è che piaceva solo l'Avvelenata: io conoscevo tutte le sue canzoni. Erano la mia pietra di paragone. E all'inizio era un paragone impietoso. Ho imparato molto da lui anche se poi ovviamente me ne sono andato per la mia strada. E comunque, una cosa che ci tengo molto a dire è che anche se non ho mai frequentato più di tanti i vari luoghi d'incontro per me Bologna è sempre stata importantissima: come dicevo è la mia città d'adozione!".
Anche uno dei tuoi amori più importanti è nato lì…
"Certo, quello con la Paola. Faceva teatro con me ed era molto femminista. Una storia importante ma molto difficile: lei mi stava distruggendo psicolgicamente ma io non riuscivo a lasciarla. Così a un certo punto me ne sono andato da Bologna proprio per cercare di togliermela dalla mente. Scappai e andai a Modena. Sempre con i miei amici di Zocca. Perché noi facevamo così: affittavamo degli appartamenti in due o tre e poi andavamo a viverci insieme. In quella parentesi modenese avevo deciso che volevo fare il disc jockey perché era troppo divertente. A quel punto facevo ancora lo studente ma avevo cambiato facoltà, da 'Economia e commercio' dove mi ero iscritto per far piacere a mio padre, a 'Psicologia'. Quando però gli ho detto: 'Guarda io preferisco andare a lavorare che fare questa facoltà' mi lasciò cambiare e così mi iscrissi a psicologia. L'idea mia era di fare lo psicoanalista. Però quando è arrivata la radio che mi permetteva di comunicare con migliaia di persone ho capito che la mia strada era quella. Dopo ho cambiato ancora e mi sono messo a fare il cantante ma ho fatto quel mestiere, il disc jockey come si diceva allora, prima di Linus e Gerry Scotti. Magari adesso sarei lì con loro se avessi continuato: sono un po' i miei figliocci (ride, ndr)…".
Modena com'è rispetto a Bologna?
"Un mondo molto più piccolo ovviamente ma pieno di vita notturna: è proprio 'Modena Park' per me. Io l'ho sempre vista così. Bologna invece è una città. Una città proprio bella perché è piena di gente giovane, di studenti, per cui quando hai quell'età è il posto giusto dove andare. Io qui ho incontrato un sacco di gente che è stata fondamentale per la mia vita artistica".
Ma riesci ad andare in giro o devi camuffarti?
"Non riesco ad andare in giro mai perché mi conoscono tutti, mi salutano e mi fa piacere ma è anche un po' faticoso, imbarazzante…".
E poi adesso c'è il rischio assembramento.
"Appunto. Però la mattina presto vado comunque in giro per fare i mie sette chilometri al giorno: c'è pochissima gente in giro e io sono tutto bardato con quello che serve per come si chiama, ah sì: l'attività motoria. Terribile eh questo periodo?".
Sì. Molto brutto. Per tutti.
"Insomma io, anche se un po' appartato, ho sempre vissuto qua e mi piace vivere qua. L'ha definita bene De Gregori quando ha cantato la canzone che dice 'Bologna, con i suoi orchestrali' (Viaggi e miraggi, ndr), le orchestre che andavano in giro a far ballare. Il liscio prima di tutto ma non solo, quelli che suonavano le canzoni che allora chiamavamo 'moderne'. E anche i grandi arrangiatori, personaggi come Celso Valli, Mauro Malavasi, Fio Zanotti. Anche Gaetano Curreri aveva un'orchestra che si chiamava 'Le cinque lire'. Con lui il sodalizio è di lunga data: è stato proprio Curreri che mi ha spinto a fare questa storia qua, a diventare un cantante".
Insomma Bologna ha dato tanto alla musica.
"Tantissimo. Basti pensare ai cantanti come Morandi e poi ai cantautori: Guccini, Dalla, Lolli, tutti gli altri di tutti i generi: sono innumerevoli. Come si fa a non amare questa città?".
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