Ottocentomila euro dalla Regione per l’acquisto di tablet, monitor e saturimetri per assistere a casa i pazienti positivi, rimasti chiusi nei cassetti delle Asp: dei 450 kit ( su mille acquistati) affidati alle aziende sanitarie siciliane dal centro Bonino Pulejo, capofila del progetto Telecovid, meno di due su 10 sono finiti a casa dei contagiati. « Molti malati li hanno rifiutati perché temono una violazione della privacy e non c’è stata integrazione con i medici di famiglia e le Usca», spiega Dino Bramanti, direttore scientifico dell’istituto messinese.
Candidato sindaco di Messina con il sostegno del governatore Nello Musumeci, più di recente passato alla Lega, a lui si deve la paternità dell’iniziativa che si innesta su un progetto più ampio di telemedicina, già finanziato dall’ex ministra Beatrice Lorenzin per 3,4 milioni. Durante la prima ondata della pandemia, Bramanti ha proposto di estenderlo ai pazienti con coronavirus. E appena il giorno dopo è arrivato il via libera dell’assessorato che ha messo sul tappeto 801 mila euro per l’acquisto di 1070 tablet e apparecchiature mancanti. Un progetto mai decollato, nonostante gli sforzi dell’azienda Bonino Pulejo che ha completato i passaggi di sua competenza, dall’acquisto dei dispositivi alla formazione del personale delle aziende sanitarie che avrebbero dovuto distribuirli.
Dietro il parziale insuccesso non c’è solo la scarsa adesione dei pazienti, rimasti tiepidi di fronte alla possibilità di di farsi monitorare a casa attraverso un sistema che registra i parametri vitali e li trasmette alla centrale operativa, dando un alert in caso di emergenza. « Le criticità — aggiunge Bramanti — sono da rilevare anche in una mancata integrazione fra più sistemi sanitari, in particolare tra la la fase diagnostica- strumentale e la fase clinico-terapeutica dei pazienti ». Un cortocircuito fra il centro di riferimento, i medici di medicina generale e gli operatori delle unità speciali di continuità assistenziale (Usca). Evidentemente qualcosa è andato storto: dei 450 kit distribuiti, il grosso a Palermo e Catania, più di 350 non sono mai arrivati a casa del paziente, nonostante ad oggi in Sicilia ci siano 34 mila positivi al domicilio. Ad oggi, il Bonino Pulejo segue in telemedicina circa 400 malati rispetto ai mille stimati nel progetto, per lo più pazienti della stessa struttura. Un flop che ha spinto la Regione a decidere per un parziale passaggio di mano: «Molti pazienti rifiutavano i tablet — spiega il direttore generale della Pianificazione strategica Mario La Rocca — forse per mancanza di adeguata promozione. Abbiamo deciso di affidare il progetto al Cefpas di Caltanissetta, che è il centro di riferimento regionale per la telemedicina in Sicilia » . Il professore Bramanti sottolinea però la validità del progetto di telemedicina: « Probabilmente l’utenza ha colto questo momento di disagio dovuto al mancato coordinamento, che potrà essere, anzi dovrà certamente essere risolto dall’incarico rivolto al Cefpas, che è un organismo interno alla Regione Siciliana».
Con una nota la Regione comunica che l’istituto per neurolesi non gestirà più i servizi di telecontrollo, telemonitoraggio e videoassistenza per i pazienti Covid. Il manager del Bonino Pulejo ha già chiesto alle Asp la restituzione dei dispositivi, che poi passeranno al Cefpas. Ma prima la Regione dovrà restituire all’istituto i fondi già investiti per l’acquisto dei kit, circa 600 mila euro, considerando i ribassi di gara.
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