“Caro che cosa desideri di speciale per il tuo compleanno?”, chiede la mogliettina premurosa al mattino, mentre il marito sta facendo colazione, pronto per andare al lavoro. Lui non mostra altrettanta dolcezza: “Vorrei solo un caffè decente. Il tuo è imbevibile, le ragazze dell’ufficio lo fanno meglio”. La giovane sposa vorrebbe compiacere il marito e si sfoga con un’amica: “Se solo potessi preparare un caffè migliore!”. Ed ecco dalla tv commerciale americana degli anni Sessanta lanciato un nuovo modello di modernità in bianco e nero. L’amica infatti le suggerisce un caffè solubile: “Sembra appena macinato”. Consiglio accettato, marito a fine giornata soddisfatto.
In quel periodo il caffè istantaneo diventa il prodotto miracoloso pronto a trasformare la qualità delle pause del mondo. Al punto che nel settore si diceva che le macchine da caffè nei bar e nei ristoranti sarebbero scomparse.
Ma come i The Buggles non avevano ragione sulla tv come killer della radio, allo stesso modo la pubblicità non bastò a far preferire l’instant coffee alla versione classica. Tanto più in paesi di tradizione moka e espresso. Grazie anche a persone come il giovane svizzero Eric Favre, pioniere delle capsule per espresso, che nel 1975 viene assunto da Nespresso. Talentuoso e ambizioso, è laureato in Economia e Ingegneria, come suo padre, che gli diceva sempre che “un ingegnere che inventa qualcosa ma che non sa come venderlo è inutile”. Ma in tutto questo c’è anche lo zampino di un’italiana. Eric aveva appena sposato Anna Maria, che lo prendeva in giro dicendo che gli svizzeri non avrebbero potuto fare un grande caffè. La goliardica sfida trova nuovi stimoli durante il viaggio di nozze, in cui i due girano l’Italia e, tra un monumento e un panorama, cercano anche tra i bar l’espresso perfetto, osservando e interrogando i baristi.
Éric Favre si innamora in particolare di quello del celebre Sant’Eustachio a Roma e studiando i movimenti del titolare Eugenio. A rendere speciale quella tazzina è tra l’altro il modo in cui il getto d’acqua bollente passa attraverso il macinino: viene pompato “a scatti” e non di continuo, così la bevanda si ossigena. “È una questione di chimica: a contatto con l’ossigeno tutti i profumi e gli aromi vengono esaltati”, spiegherà poi l’ingegnere che ha inventato e brevettato le ormai celebri capsule di alluminio. Suo obiettivo diventa la creazione di una macchina che garantisca la massima aerazione dell’acqua, che poi attraverserà la capsula con il caffè macinato.
Finito il viaggio, nei laboratori svizzeri crea il prototipo di macchina per espresso, con a mente la sua magica formula “schiuma = aria + acqua + olio di caffè”.
Per inciso, nella sede centrale di Nestlé a Vevey, c’è un piccolo museo dedicato alla storia di Nespresso, dove è possibile ammirare i primi prototipi.
Come funziona? Nella capsula chiusa è intrappolata oltre al caffè anche l’aria, pronta per ricevere il getto d’acqua calda e inoltre la polvere non viene pressata. Ed ecco non solo gli aromi ma anche l’ormai inconfondibile schiumetta. Eppure Nestlé è concentrata a investire su altri prodotti – instant coffee in primo luogo – quindi passeranno dieci anni prima che Helmut Maucher, allora a capo della multinazionale, dia il via libera per fondare l’azienda Nespresso, filiale di Nestlé, di cui Favre è stato il primo presidente. La data quindi da tenere a mente è il 1986.
Quando la tecnologia Nespresso entra nei bar uffici e ristoranti (solo più tardi sarà la volta delle case). Cosa succede dentro le macchine? Un pistone con gli aghi perfora la capsula da un lato ed eroga acqua calda, che riempie la capsula, dove ulteriori infusioni d’acqua portano a una variazione di pressione fino a 9 bar. Poi la capsula viene forata dall’altro lato e il caffè entra nella tazza.
Il sistema, è diffuso dapprima in Svizzera e in Giappone, arriva poi negli Usa, in Francia e in Italia alla fine egli anni ‘90. Come molte novità all’inizio fatica un po’ a farsi apprezzare, ma poi grazie anche a un testimonial del calibro di George Clooney prende il volo. In polo a collo alto e blazer nero entra nel bar del club, ascolta delle signore parlare, si crea un piccolo equivoco perché non stanno intessendo le lodi di lui ma del caffè. Sarà quel claim “Nespresso what else” così azzeccato da essere poi usato anche nelle conversazioni di tutti i giorni, a sintetizzare l’idea di uno stile di vita cosmopolita, elegante, ma accessibile, un piccolo lusso quotidiano.
Nella pettinatura e nel portamento, Clooney ricorda il marito dello spot anni Sessanta, ma nei gusti è anni luce distante.
Nel frattempo Nespresso ha reso possibile ottenere un espresso – anche un caffè lungo “americano” – col semplice tocco di un pulsante e ha portato le sue miscele in oltre 60 Paesi.
Con una lucida osservazione delle tendenze, inoltre non ha mai smesso di osservare da vicino l’evoluzione dei comportamenti di consumo dei consumatori e dei loro stili di vita.
Per questo le iniziative si muovono su diversi fronti. Dal punto di vista della sostenibilità, oltre all’impegno a offrire una tazzina carbon neutral entro il 2022, ci sono anche due campagne ormai consolidate nel tempo: “Doing is everything” è il principio su cui si basa la garanzia di assicurare e accrescere il benessere sociale per chiunque sia coinvolto nel processo produttivo e promuovere una gestione ambientale responsabile. Per ottenere il meglio dalle aree da cui arrivano i monorigine, Nespresso ha a lungo lavorato di concerto con i coltivatori locali, riuniti nella Federación Nacional de Cafeteros, in linea col AAA Sustainable QualityTM Program, un'iniziativa sviluppata in collaborazione con la Rainforest Alliance e basata sul rapporto diretto con oltre 60.000 coltivatori. "Il programma – sottolineano dall’azienda – contribuisce a garantire il rispetto dei migliori livelli qualitativi e l'utilizzo dei metodi migliori, dal punto di vista della sostenibilità ambientale, lungo l'intera filiera produttiva, migliorando al contempo le condizioni di vita dei coltivatori e delle loro famiglie".
E inoltre attraverso il programma The Positive Cup, promuove la sostenibilità in ogni fase del processo produttivo. In Italia, dal 2011 il programma si è tradotto anche nell’iniziativa “Da Chicco a Chicco” per la raccolta e il riciclo delle capsule esauste. Un chiaro esempio di economia circolare che spiega come da un chicco di caffè possa nascere un chicco di riso. Ecco come: i consumatori possono riconsegnare le loro capsule esauste nell’apposita area recycling presente all’interno delle Boutique Nespresso o in diverse isole ecologiche distribuite per tutta la penisola. Le capsule vengono trattate con un sistema che permette di separare i residui di caffè e l’alluminio, avviando i materiali a due differenti processi di recupero: il metallo viene destinato alle fonderie per avviare il processo di riciclo che lo trasformerà in nuovi oggetti e il caffè è trasformato in compost e utilizzato in una risaia in Italia. Il riso prodotto viene riacquistato da Nespresso e successivamente donato a Banco Alimentare della Lombardia – a cui ad oggi sono state donate 3.400.000 mila piatti di riso – a cui si aggiungono gli oltre 220.000 piatti di riso offerti a Banco Alimentare del Lazio.
Ma l’attenzione è anche ai gusti e ai nuovi modi di consumo. Per questo, dopo aver analizzato le preferenze degli italiani in fatto di caffè (ci sono i puristi, i funzionali, ma anche gli esploratori e i social), arriva sul mercato dallo scorso ottobre con un nuovo sistema, Vertuo, che promette “la tazza di caffè perfetta, con una crema mai vista” e soprattutto la possibilità di variare dall’espresso ai formati più lunghi, grazie all’inedita tecnologia CentrifusionTM appositamente sviluppata. Abbiamo voluto rispondere a nuove domande del mercato, a nuovi trend di consumo – ha dichiarato Stefano Goglio, direttore generale di Nespresso Italiana. Vediamo sempre di più che il modo di consumare caffè è cambiato, si è per così dire ibridato, e che a momenti diversi della giornata preferiamo bevande differenti: dall’espresso del risveglio al Mug di caffè lungo che accompagna i brunch del weekend fino al caffè ancora più lungo, on the go, da sorseggiare per strada.
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