Licenzia fino all’ultimo: stasera la vittima designata di Donald Trump è il suo ministro della Giustizia, William Barr. Personaggio controverso, fu accusato dai democratici di aver fatto il possibile per proteggere il presidente all’epoca dell’impeachment. Ma di recente Barr ha dovuto temere soprattutto il “fuoco amico”.
E’ il suo presidente ad averlo attaccato più volte, nelle ultime settimane. Con due raffiche di accuse. Da un lato Trump se l’è presa con lui perché il Dipartimento di Giustizia non avrebbe indagato abbastanza sulle presunte frodi elettorali, il tema su cui il presidente ha puntato per tentare di rovesciare il risultato del voto. Poi Trump ha rincarato la dose, accusando Barr di non aver dato abbastanza importanza – o pubblicità – ai guai con la giustizia di Hunter Biden, figlio del presidente-eletto, sul quale pende almeno un accertamento della procura del Delaware per presunti reati fiscali.
A Barr il dicastero della Giustizia ormai sembrava diventato quasi un peso: nel crepuscolo di questa presidenza, il fedelissimo repubblicano era parso sempre più distaccato dalle battaglie terminali con cui il presidente uscente ha tentato l’impossibile. Non è un caso se l’annuncio dell’uscita di scena di Barr – ultimo di una lunghissima serie di licenziamenti in questa Casa Bianca – sia arrivato proprio nel giorno in cui il Collegio elettorale ha certificato la vittoria di Biden, atto formale e ormai irreversibile.
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