"Le verifiche dopo la morte di Stefano Cucchi dovevano essere più approfondite". Non usa giri di parole il generale Tullio Del Sette, ex comandante generale dei carabinieri, su cosa doveva essere fatto dopo la morte del geometra romano arrivata, nell'ottobre del 2009, a sette giorni dall'arresto per spaccio di sostanze stupefacenti.
Del Sette è stato ascoltato come testimone nel processo a carico di otto militari tra cui anche alti graduati per falso, favoreggiamento, calunnia e omesse denunce con cui la pubblica accusa sostiene sia stata nascosta per 9 anni la verita' sulla morte del 31enne romano.
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"Io ho comandato due compagnie romane – ha detto rispondendo alle domande del pm Giovanni Musarò – con migliaia di arresti. Il comandante non può verificare per ognuno cosa è stato fatto, ma dopo un fatto così grave come la morte di Cucchi a una settimana dal suo arresto, a mio giudizio le verifiche dovevano essere più approfondite".
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L'ex comandante si era accorto della falsità delle relazioni stilate dai due carabinieri Francesco Di Sano e di Gianluca Colicchio il 26 ottobre 2009 in merito alle condizioni di Stefano Cucchi, la notte dell'arresto, il 15 ottobre, ma non ha fatto nulla perche' "pensavo che la procura ne fosse gia' informata", spiega.
Il generale ha letto il comunicato che diffuse nel 2015 in cui considerava gravissime quelle che all'epoca erano ipotesi investigative, e mostrava solidarieta' alla famiglia della vittima. "Non ho mai parlato della vicenda Cucchi con il generale Leonardo Gallitelli – che lo aveva preceduto al comando dell'Arma, ndr – ne' con il generale Giovanni Nistri" che gli e' succeduto nel 2018. Prima di lasciare il banco dei testimoni Del Sette ha voluto ringraziare "chi mi ha dato modo di poter apportare un contributo di verita' a questo processo".
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