I camion che portano le bare e i corpi dento le bare nelle altre regioni perché il cimitero di Bergamo è al collasso; i medici e gli infermieri che non hanno neanche abbastanza mascherine per cambiarle ogni giorno; la ricerca di una bombola di ossigeno per salvare i propri cari; il contagio ovunque, pure nei paesini apparentemente più isolati; e le decisioni assurde. Ricordate Atalanta Valencia giocata comunque a porte aperte, ora al centro di una inchiesta sulle morti per Covid? E anche: lo scontro tra salute ed economia, con la resistenza a chiudere le fabbriche, e una riunione degli amministratori locali avvenuta in presenza, con assembramenti, mentre si raccomandava a tutti di non crearne. Davide Maria De Luca, nel suo libro-reportage Bergamo e la marea (minimum fax), ci riporta ai passaggi più duri di questa Storia con la maiuscola, che ci riguarda tutti.
Giornalista che si è occupato fin da marzo di quello che era l’epicentro mondiale della pandemia, l’autore, grazie alle testimonianze che ha raccolto, sceglie il criterio migliore per raccontare la tempesta mentre ci siamo ancora dentro: le storie. Questo è un volume di storie e di esseri umani, dal luminare che mette diverse scrivanie tra sé e l’interlocutore per paura del virus al politico famoso, Giorgio Gori, che amministra la città – uno dei pochi ad avere ammesso di avere sottovalutato la situazione, all’inizio –, e a tanti eroi sconosciuti. Nelle pagine più belle leggiamo di un nipote che salva il nonno con una bombola di ossigeno tolta a una persona che era già morta o dei rider, che lottano per avere le protezioni personali e che aiutano quelli che possono permettersi di restare chiusi in casa ad avere una qualità della vita migliore, attraversando da soli in bicicletta un paesaggio divenuto, allora e in parte ancora oggi, spettrale.
“Per quattro settimane, dai primi giorni di marzo alla fine del mese, Bergamo e? stata l’epicentro mondiale di questo virus. Il sistema sanitario locale ne e? stato sommerso, come da una marea imprevista. Gli ospedali convertiti in tutta fretta per ospitare il doppio, il triplo, il quadruplo dei pazienti si sono riempiti fino a scoppiare. Il virus svuotava i letti di terapia intensiva rapidamente, ma nuovi casi continuavano ad arrivare. Fuori dagli ospedali, le ambulanze facevano la fila, aspettando per ore che si liberasse un letto dove scaricare i pazienti che trasportavano. I medici di qualsiasi specialità facevano doppi e tripli turni, trasformati in addetti alla terapia intensiva dopo pochi giorni di corso accelerato. I parenti rimanevano per giorni senza notizie dei loro cari e spesso i sacerdoti dell’ospedale erano tra i pochi a informarli di quel che stava accadendo” scrive De Luca, e anche: “Tutte le responsabilità e le colpe su cui magistrati, medici e giornalisti indagheranno ancora per anni non possono giustificare da sole la portata di quello che e? accaduto in citta?. E? stato un cataclisma che ha travolto tutto ciò che trovava davanti a se?. Una marea”. Lo stesso Gori ha paragonato la pandemia a Bergamo a un’alluvione.
«Mi avevano detto che a Bergamo molti volevano raccontare quello che è successo e che un libro sarebbe stato bene accolto, per questo l’ho scritto. Rischiamo di dimenticare troppo velocemente. Il mio è il tentativo di rendere “utile” questa sofferenza. Tenere viva la memoria serve: se non ci prepariamo ad affrontare la prossima pandemia, ci troveremo di nuovo in una situazione così difficile. Quella di Bergamo potrebbe essere una grande lezione per tutti» dice il giornalista scrittore. «Ci sono state gravissime responsabilità, in ordine temporale, del governo e dei tecnici, che non si sono attivati abbastanza quando si è capito che la pandemia sarebbe arrivata anche in Italia. Seguiti dalla Regione Lombardia, che ugualmente non si attiva e che, quando esplode la pandemia, la gestisce malissimo, non ne fa una giusta. Ho parlato anche con molti Sindaci della Bergamasca, leghisti, e pure loro sono d’accordo su questo. E pensiamo anche a Confindustria e ai sindacati, che inizialmente hanno tentato di non fare dichiarare la zona rossa. Tutti facevano finta di non vedere quello che stava succedendo, tutti facevano resistenza».
Una lettura per non dimenticare, per capire meglio come andarono le cose, e come dovrebbero andare, per ricordarci che non bisogna tagliare gli investimenti nella sanità, anzi, bisognerebbe sostenere sempre di più, in particolare, la medicina territoriale, e anche un invito alla responsabilità personale, fondamentale pure in questa fase. Nella frazione di Santa Croce – 450 abitanti a 800 metri d’altezza –, nel Comune di San Pellegrino Terme, in provincia di Bergamo, come ci ricorda De Luca le persone hanno tracciato i contatti e hanno documentato il contagio, che è arrivato fin lassù, con un gruppo WhatsApp, in cui tutti scrivevano come stavano, annunciavano la loro eventuale positività, condividevano i giri che avevano fatto. Angosciante certo, e qualcuno dopo un po’ ha abbandonato, ma fondamentale per salvare molte vite. «Come vedo il futuro?» conclude De Luca. «Quando sono ottimista, penso che alcune cose siano cambiate in meglio, come l’aiuto alle persone bisognose e alle imprese in difficoltà. Quando sono pessimista, credo che un solo choc non basti per imparare veramente la lezione».Original Article
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