La delegazione del Movimento 5 Stelle è entrata a Palazzo Chigi dove ha avuto inizio l'incontro con il premier Giuseppe Conte. La delegazione – ampia – del Movimento è composta dal capo politico Vito Crimi, dal capodelegazione Alfonso Bonafede, dal ministro degli Esteri Luigi Di Maio, dal ministro per lo Sviluppo Economico Stefano Patuanelli e dai capigruppo alla Camera e al Senato – gli unici ad essere arrivati a piedi a Palazzo Chigi – Davide Crippa ed Ettore Licheri.
Riflettori accesi sul Pd
"I dossier più importanti sono tutti aperti: dobbiamo uscire dallo stallo. Non andiamo a fare chiacchiere con il presidente Conte". Dalle parole di Graziano Delrio, il capogruppo dem, a poche ore dall'incontro, si capisce che il Pd non vuole più perdere tempo. La verifica – prima minimizzata – è diventata il punto di non ritorno per il governo giallo-rosso. Al punto che della delegazione dei 5Stelle ricevuta da Conte ha deciso di far parte anche Di Maio. L'ex capo politico, in quel congresso permanente che è ormai il Movimento, è il leader di raccordo.
Ma oggi i riflettori della verifica sono puntati sui Dem. Incontro previsto per le 19. Stato di sofferenza del Pd, per la strettoia in cui si trova: chiamato a mediare mentre Renzi da un lato e i 5Stelle dall'altro strattonano Conte, Zingaretti è stanco di farlo. Nelle ore pre-verifica, i Dem hanno organizzato una grande riunione online con i ministri degli Affari Ue e dell'Economia, Enzo Amendola e Roberto Gualtieri a cui sono stati invitati parlamentari, ministri, sindaci, segretari regionali. La discussione è sul Recovery Plan e i temi da affrontare per la vera ripresa del Paese.
È anche una risposta a tutto il bailamme sulla cabina di regia e la gestione del Recovery, su cui la maggior parte del Pd peraltro la pensa come Renzi: task force da rivedere. Però nell'incontro di verifica Zingaretti intende porre l'attenzione sulla sostanza: no a indicare la luna e dilaniarsi sul dito che la indica.
La questione più grave è la distanza tra il governo e il Paese. Delrio ne ha parlato in diverse occasioni: "Non è la prima volta purtroppo che mi capita: lo dissi a Monti, a Enrico Letta, a Matteo Renzi. E ora lo dico a Conte. Mi è capitato di vedere lo stesso film: può succedere a chi sta all'apice del governo di perdere il senso della realtà, mentre occorrono umiltà e ascolto".
Al Nazareno si morde il freno. Però tra Renzi e i 5Stelle, a mediare su tutto e a ritrovarsi con tante, troppe questioni sul tavolo, il Pd non vuole starci più. Zingaretti lo chiama "rilancio" o "ripartenza". Questione di poltrone e di rimpasto di ministri? Sfida sulle cose da fare. Non dimenticando la riforma elettorale e quelle costituzionali che i Dem attendono da un anno e mezzo.
Goffredo Bettini su Huffington Post scrive che o c'è un cambio di passo o ci sono le urne: "No a crisi al buio, se cade il governo, il Pd spingerà per il voto. No a rimpasto, orribile parola". Aggiunge: "Il succo è questo: l'alleanza giallorossa è nata principalmente per fermare la destra. È rimasta unita grazie alla gestione dell'emergenza. Le elezioni, le risorse da conquistare in Europa, la pandemia. Oggi deve dimostrare di saper guidare la ricostruzione nazionale".
Nutrita la delegazione dem per la verifica, composta dal segretario Zingaretti, dal capo delegazione Dario Franceschini, dai capigruppo Delrio e Andrea Marcucci e dal vice segretario Andrea Orlando e da Cecilia D'Elia.
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