NEW YORK – "In questa battaglia per l'anima dell'America, ha prevalso la democrazia: il popolo ha votato, la fede nelle nostre istituzioni ha tenuto…ora è il momento di voltare pagina, per unire, per guarire": così Joe Biden ha salutato ufficialmente la sua elezione alla presidenza degli Stati Uniti, che ieri il Collegio elettorale ha certificato la sua vittoria.
Eppure il giorno più lungo per la democrazia americana era cominciato male: con la chiusura per "minacce credibili" del Parlamento del Michigan, dov'erano riuniti i delegati per la conta dei voti. Alle tre del pomeriggio l'allarme era cessato e dall'edificio usciva la virtuale fumata bianca. A quell'ora anche gli altri Stati "contesi", dove Donald Trump aveva esplorato tutte le vie legali per annullare la vittoria di Biden, avevano compiuto il proprio dovere. Arizona e Georgia, Pennsylvania e Wisconsin. E poi via via fino alla West Coast. Nonostante l'alta tensione, le voci su possibili violenze, si è chiuso senza drammi il rito finale di questa elezione anomala. Il 14 dicembre per legge era il giorno in cui il Collegio elettorale doveva certificare in modo ufficiale la vittoria di Biden, per poi comunicarla al Congresso federale di Washington il 4 gennaio.
Pratica banale, quasi burocratica, in altri tempi. Ma non nell'era di Trump che ha inventato di tutto per inceppare questa macchina oliata. Di fronte alle sue accuse – respinte dagli stessi repubblicani nei governi locali, bocciate da svariati tribunali – il passaggio di ieri era diventato un'altra prova per gli Usa.
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di
Charles A. Kupchan
Il Collegio elettorale è un'istituzione molto americana, ma che gli americani stessi faticano a capire o ad accettare. Nasce da questo principio scritto nella Costituzione: non sono gli elettori bensì gli Stati Usa ad eleggere il presidente; anche se nella stragrande maggioranza dei casi gli Stati non fanno che prendere atto della volontà dei votanti, e designano dei "grandi elettori" che riflettono il risultato delle urne. Il Collegio elettorale nasce da un compromesso tra i padri fondatori delle Costituzione, che nel 1788 erano divisi tra chi voleva un'elezione presidenziale diretta a suffragio universale e chi un presidente eletto dal Congresso (come in Italia). La legge dice che ieri in ciascuno dei 50 Stati si riunivano questi superdelegati, per comunicare a Washington il risultato dei territori.
Il Collegio è stato sotto tiro negli ultimi anni da sinistra, perché dopo l'elezione di George W. Bush nel 2000 e quella di Donald Trump nel 2016 i democratici si sono convinti che l'assegnazione dei grandi elettori favorisce la destra. In realtà è un sistema tipicamente federalista che tende a sovra-rappresentare gli Stati più piccoli per evitare uno strapotere dei più grossi.
Trump ha ventilato il progetto di scardinare il sistema, usando un cavillo: la possibilità teorica che le assemblee legislative locali ignorino gli elettori, designando dei delegati pro-Trump anche in Stati dove Biden ha vinto. Ma le sue chances erano ridotte quasi a zero, dopo che anche la Corte suprema ha mostrato di non voler interferire con la volontà degli elettori.Original Article
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