TORINO – Pirlo sta trovando la Juve un poco per volta, a passi lenti e brevi ma continui: guida una squadra che fa fatica, ma che almeno s'è tolta il vizio della superficialità. Tra le cose che pezzo dopo pezzo mette assieme, l'ultima è "l'atteggiamento", quell'impalpabile virtù che ha consentito i bianconeri di vincere contro Torino e Genoa (senza mezzi termini, le peggiori formazioni della serie A) anziché incagliarsi in pareggi paludosi come quelli di Benevento e Crotone. Avere "l'atteggiamento" non è molto, di sicuro non è tutto ma per il momento è abbastanza, perché la Juve resta l'unica squadra imbattuta della serie A assieme al Milan, da cui di fatto la separano quei due inusitati inciampi al Sud.
Campionato splendido, una medicina per la crisi
Per "atteggiamento", Pirlo intende una serie di elementi come la concentrazione, una dose robusta di aggressività nei contrasti, la cura dei particolari e una soglia d'attenzione sempre molto alta: cose che in Champions ha spesso visto con regolarità (eccetto con il Barcellona all'andata e il Ferencvaros al ritorno) e in campionato invece no, perché è sempre stata una Juve a sprazzi, un po' efficace e un po' distratta, mai veramente continua all'interno anche dello stesso match.
La svolta, è l'opinione generalizzata di allenatore e giocatori, c'è stata nel secondo tempo del derby ed è stata ribadita domenica pomeriggio a Marassi, tre tempi di gioco di cui Pirlo si è detto molto soddisfatto ma che, nel complesso, hanno lasciato sul tavolo ancora molte perplessità, vista la fatica fatta per regolare avversari molto regolabili, smisuratamente più deboli e assai vulnerabili non solo per dei criteri di debolezza oggettiva, almeno in rapporto alla ricchezza della rosa juventina, ma anche per il clima pesante che c'è attorno alla squadra e soprattutto ai due presidenti, Cairo e Preziosi.
Genoa-Juventus 1-3: Dybala si sblocca, poi Ronaldo fa doppietta e completa l'opera
di
Jacopo Manfredi
Pirlo è contento che la squadra abbia ritrovato piglio e carattere ("Il dna juventino"), eppure per battere il fragilissimo Toro (27 gol al passivo e 7 sconfitte su 11) la Juve ha dovuto aspettare l'ultima azione di una partita in cui la prima occasione da gol importante l'ha costruita al 32' del secondo tempo. E per piegare il debolissimo Genoa (un punto nelle ultime sei partite, per altro ottenuto contro una delle squadre più in crisi di tutte, la Fiorentina) ha dovuto aspettare due rigori, cioè due sbagli rossoblù, in una gara in cui dal 71 per cento di possesso palla ha ricavato, a parte i tre gol, solamente due azioni da rete di un certo pericolo, una per tempo.
Pirlo è però contento così: le giornate passano, la squadra regge e il tempo gioca a favore perché, lui ne è convinto, la Juve maturerà davvero solamente in primavera. D'altronde in campionato mancano ancora dei riscontri concreti, negati anche dal fatto che Juve-Napoli, di fatto la partita più impegnativa proposta dal calendario, l'ha vinta senza giocarla. I bianconeri sono l'unica tra le prime sei squadre ad aver giocato un solo confronto diretto (con la Rona, e venne un pareggio che li premiò esageratamente), quindi finora sappiamo che gli uomini di Pirlo faticano, per un motivo o per altro, a sfangarla con le provinciali ma dopo tutto non molto di più, in attesa del faccia a faccia con il Milan, con l'Inter, con il Napoli, con il Sassuolo.
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Nel frattempo Pirlo ha trovato un assetto di squadra ormai stabile, anche se con il Barcellona lo ha ritoccato (in meglio) per le esigenze specifiche del match: la difesa a quattro con un terzino molto offensivo e l'altro assai più cauto, due mediani di cui uno (prevalentemente Rabiot) chiamato agli inserimenti senza palla, un esterno classico (in genere Chiesa) e un altro che invece taglia verso l'interno, per fare l'incursore o il rifinitore: se c'è Dybala, quella pedina va a spesso a occupare spazi in area, se invece c'è Morata si offre più spesso al dai-e-vai. Per questa figura, che è quella chiave del gioco che ha in mente Pirlo, vengono utilizzati Ramsey o McKennie, che hanno caratteristiche diverse (uno è più tecnico e l'altro più fisico, uno più scaltro e l'altro più istintivo) ma che funzionano entrambi. Pirlo chiama McKennie "l'invasore": è una definizione azzeccata.
La Juve avrà adesso ancora una porzione di calendario comoda per mantenersi in quota: mercoledì allo Stadium arriva l'Atalanta, poi però il livello di difficoltà scenderà subito (Parma, Fiorentina e Udinese, le ultime due in casa). Ma a gennaio nel giro di dieci giorni incrocerà Milan, Sassuolo e Inter: il solo "atteggiamento", a quell'epoca, non sarà sufficiente.
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