Un progetto a lunga scadenza, con Maldini al timone, Pioli in panchina, Donnarumma leader e simbolo in campo. Il Milan non sa se sta viaggiando verso lo scudetto, ma verso il ritorno in Champions probabilmente sì. Così, entro la fine dell'anno, può mettere le basi per il futuro. I giorni sono quelli decisivi per trattare il rinnovo del contratto del portiere e non solo: forse anche dell'allenatore. Lo ha detto Pioli stesso, buttando lì l'argomento con apparente nonchalance: non firmerei per il secondo posto, ma per il rinnovo del contratto. Il suo scade a giugno 2022 e il prolungamento avrebbe un significato chiaro, al di là del valore economico dell'accordo (oggi 2,3 milioni di euro l'anno): la programmazione di un ciclo tecnico che non si esaurisca in un paio di stagioni, ma che punti al consolidamento della strategia fondata sui giovani e dell'identità tattica attuale. Maldini ha ricordato come, appena pochi mesi fa, le incertezze al Milan fossero tante, a cominciare dal suo stesso ruolo: incombeva il manager tedesco Rangnick nella duplice veste di mister e uomo mercato e il dt non sapeva se sarebbe rimasto. Oggi sembra un'epoca lontanissima: la triade Maldini-Pioli-Massara è più che mai in sella. E il Milan multinazionale del fondo angloamericano Elliott e dell'ad sudafricano di scuola londinese Gazidis si è decisamente italianizzato. Se riuscirà a trattenere Donnarumma, portiere della Nazionale e bandiera del settore giovanile, si sarà anche riappropriato della propria identità storica.
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La Champions a portata di mano
Della tentazione di vivere alla giornata, ancorato al presente, il Milan è vittima da sette anni: un arco di tempo che coincide col suo esilio dalla Champions. Dopo la faticosa rimonta che gli ha permesso di conservare 3 punti sulla seconda ma non di evitare che tutte le rivali gliene rosicchiassero 2, la conclusione più semplicistica è in effetti che la squadra continui a dipendere parecchio da Ibrahimovic. In sua assenza ha meno equilibrio tattico, meno presenza in area, meno concentrazione. Resta forte il sospetto che proprio per le situazioni di emergenza un altro centravanti di ruolo esperto possa servire eccome, al mercato di gennaio, insieme a un difensore centrale in più.
Non è il momento dei bilanci, ma delle valutazioni tecniche e tattiche sì: Maldini, Pioli e Massara le stanno certamente facendo. E il presupposto di partenza, dichiarato dal dt, è che si interverrà a gennaio solo se esisterà davvero la possibilità di migliorare concretamente la rosa. Il nodo principale diventa dunque la conferma della base, di squadra e di società. Si scrive in una parola: rinnovo. Prolungare i contratti di Donnarumma, Çalhanoglu e Kessié significa mandare un segnale inequivocabile alla concorrenza: il Milan è tornato un club di fascia alta internazionale, che non perde i suoi migliori giocatori, semmai ne aggiunge altri, attirati non solo dalla storia e dal marchio ma anche dalla possibilità concreta di vincere subito. Nemmeno l'idea perdere Ibrahimovic, preziosissimo senatore nient'affatto pensionabile, viene contemplata: troppo pericoloso per i risultati e destabilizzante per lo spogliatoio. Cementare il rapporto con Pioli, infine, è un'opportunità importante: permetterebbe un piano almeno triennale.
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di
Francesco Carci
Il caso Çalhanoglu
La partita col Parma è stata particolarmente indicativa delle urgenze. In apparenza non apparteneva alla categoria delle partite fondamentali, nel corso lunghissimo di una stagione estenuante come questa. Ma l'apparenza un po' inganna, perché è stata la serata in cui Pioli ha marciato sempre più spedito, senza mezze misure, verso il dogma dell'intercambiabilità, che può diventare decisivo proprio per la costruzione di un futuro vincente soprattutto quando il calendario impone il turnover come regola.
Non è stata soltanto una scelta, né lo sarà sempre, da qui in poi: l'esempio sono i due nuovi infortuni di Bennacer e Gabbia. Si tratta di imprevisti fisiologici, che appunto il calendario fittissimo rende più probabili. Se Pioli ha dovuto fare a meno di Ibrahimovic, Kjaer e Saelemaekers, non è stato per sua volontà. Ma c'è una vistosa differenza rispetto al passato. In altri tempi, anche molto recenti, e in altre circostanze, anche molto pressanti, non sarebbe stato così ovvio non tentare il recupero di titolari tanto importanti, di Ibra soprattutto. Affidandosi invece senza remore a Gabbia, Castillejo e Diaz, l'allenatore ha dato un segnale di fiducia autentica all'intera rosa: un segnale concreto, che in caso di successo avrebbe potuto rendere ancora più solido il gruppo.
Milan, Pioli: ''Il secondo posto? In questo momento firmerei solo per il rinnovo''
Solo che non tutto ha funzionato e anche per questo la prova va considerata utile: perché ha indicato gli errori da correggere. Diaz trequartista, col decentramento di Çalhanoglu, ha pagato ancora il divario fisico con gli avversari, quando si muove spalle alla porta: era già capitato con la Sampdoria e non è un caso che nell'intervallo sia stato inserito a sinistra Hauge, col ripristino della posizione centrale da rifinitore per Çalhanoglu. Ma anche Hauge, stavolta, non è stato all'altezza delle attese, come del resto Leao, entrato al posto di Castillejo. Pioli ha suggerito al norvegese di ampliare il repertorio dei dribbling, per arricchire la squadra di varianti in attacco. La gavetta dei giovani è ancora lunga. Si è invece già compiuta quella di Donnarumma, ragazzo già veterano, di Ibra, veterano ragazzo, e di Çalhanoglu, che calcisticamente sta nell'età di mezzo, e di Kessié, ormai guida del centrocampo. Non è semplice il rinnovo dei loro contratti: essenzialmente perché guadagnano già molto bene ma come nel caso scabroso di Çalhanoglu (2,5 milioni netti lo stipendio annuale, oltre 6 la richiesta di adeguamento) chiedono almeno il doppio. Sotto la crisi economica, conseguenza della pandemia, il tema è molto sensibile.Original Article
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