ROMA – Riccardo Riccò inibito a vita. E' la sentenza della prima sezione del Tribunale Nazionale Antidoping nel procedimento disciplinare all'ex corridore, oggi soggetto non tesserato, e che sta già scontando una squalifica di 12 anni – scadenza nel 2024 – che gli era stata comminata nel 2012 per autoemotrasfusione. Per Riccò anche un'ammenda di 4 mila euro oltre al pagamento delle spese del procedimento (378 euro).
Da promessa del ciclismo italiano a mostro
Oggi Riccardo Riccò fa il gelataio a Vignola, in provincia di Modena, ma 12 anni fa era considerato uno dei talenti più promettenti del ciclismo italiano, sempre alla ricerca di uno scalatore che potesse rincuorare i nostalgici di Marco Pantani. Nel 2008, quattro anni dopo la morte del Pirata, il "cobra" in salita volava staccando i fenomeni di allora, Contador e Valverde su tutti. Vinse in scioltezza tre tappe al Giro e due al Tour indossando la maglia bianca di miglior giovane e quella a Pois di miglior scalatore, ma era tutta una farsa. Il cobra era avvelenato dal suo stesso veleno. Il 17 luglio di quello stesso anno risultò positivo all'Epo e venne scaricato da squadra e tifosi, traditi soprattutto nell'animo.
Dall'autotrasfusione alla maxi squalifica
Il ritorno sulle due ruote arriva venti mesi dopo, ma l'ombra del doping non lo abbandona. La notte del 6 febbraio del 2011 una notizia sconvolge il mondo delle due ruote e non solo: Riccò viene ricoverato in ospedale in condizioni gravissime: blocco renale e febbre altissima. La madre che lo accompagna nella clinica di Baggiovara è sotto shock. Non ci vuole molto a capire cosa è accaduto, è lo stesso corridore a confessarlo al medico che lo soccorre: in quella notte folle Riccò aveva tentato da solo un'emotrasfusione. A soli 28 anni la sua carriera ciclistica è praticamente finita. Il Tribunale nazionale antidoping lo squalifica per 12 anni accogliendo le richieste della Procura del Coni.
La caduta sul Mont Ventoux e il tentato suicidio
Finito col professionismo Riccò, però, non ha finito col ciclismo: nel luglio del 2014 cade sul Mont Ventoux, in Francia, mentre si prepara al record di salita sulla montagna calva, procurandosi una commozione cerebrale con tanto di foto postate su Twitter. Restare al centro dell'attenzione mediatica sempre e comunque. Riccò non ne può fare a meno. Neanche quando si infila in un brutto giro di ciclo-dopati o quando tenta il suicidio, come scriverà lui stesso nella sua autobiografia, "Cuore di Cobra". Oggi, per Riccò, è arrivata l'ennesima batosta, ma dalla gelateria di Vignola l'ex corridore sembra aver trovato pace mettendo la parola fine alla sua storia di ciclista maledetto.
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