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Zaytsev: “Cara Italia, aspettami per l’Olimpiade”

Il 2020 di Ivan Zaytsev era iniziato in piazza a Modena, sardina tra le Sardine, e finirà in un palazzetto siberiano, pieno quando va bene al 30%. A Kemerovo gli hanno cambiato persino il soprannome, da Zar a “Macchina italiana di produzione sovietica”, «la frase in russo sarebbe troppo complessa, però mi piace, mi fa ridere», e lui ha cambiato look, dalla classica cresta a un codino da samurai. C’è comunque un ottimo feeling tra il martello della nazionale azzurra di volley e il popolo siberiano, che l’ha accolto a giugno dopo una trattativa lampo il Kuzbass e Modena, cui seguì successiva, turbolenta rottura con la presidentessa Catia Pedrini, su questioni anche economiche. E martedì 15 in Champions c’è proprio Kuzbass Kemerovo-Leo Shoes Modena. La “bolla” di andata si gioca a Roeselare, in Belgio. La “bolla” di ritorno sarà a Modena, a febbraio. Dove vivono moglie e figli di Zaytsev. Dove lui non torna dall’estate scorsa. «Dobbiamo essere prudenti, ma Ashling e i ragazzi se la stanno cavando benone».

E lei, Zaytsev? Come si sta in Siberia?

«Molto bene, è un’esperienza notevole sotto tutti i punti di vista. Da quello ambientale, innanzitutto, perché i siberiani sono caldissimi, e al palazzetto, anche quando è semivuoto causa Covid, si fanno sentire. Il livello del campionato russo è molto alto e il club è all’avanguardia, ambizioso e ben allenato, il meglio che potessi aspettarmi per preparare bene l’Olimpiade».

Con il Covid come va laggiù?

«I numeri nelle grandi città sono molto alti. Kemerovo non è una città enorme e non ci sono focolai grandi quanto quelli di Mosca, Kazan, San Pietroburgo. Aspettiamo il vaccino, non abbiamo notizia di quando inizieranno a somministrarlo ma non vedo l’ora che accada».

I russi come stanno vivendo questa situazione?

«Con maggiore fatalismo, forse, rispetto a quando facciamo in Italia. Accettano l’idea che presto o tardi toccherà a tutti prenderlo, non so se si la cosa migliore da pensare, e comunque c’è una certa disciplina e potrebbe presto partire un lockdown pesante, come quello che abbiamo avuto in Italia a marzo. Si tratta di stringere i denti. La paura c’è, ma forse manca quell’informazione così capillare che abbiamo noi, quella cupezza e quel pessimismo che sta vivendo l’Italia. Ripeto, non so se sia giusto, ma è un modo molto russo di prendere le cose».

Sui vaccini i russi hanno sempre mostrato molta sicurezza: avete già un programma, un calendario?

«Non ancora, ma la cosa certa è che non appena saranno diffusi in maniera capillare alla popolazione, i russi faranno la fila. Noi, come sportivi, aspettiamo con ansia quel momento. Vorrà dire tornare alla normalità, a rivedere i palazzetti pieni, e non solo al massimo al 30%, come succede nel nostro campionato. Vorrà dire tornare a giocare nel contesto giusto e nei modi che sappiamo: il pubblico è una parte del gioco determinante nella pallavolo».

Da lì segue le vicissitudini di Modena, non nel momento migliore della sua stagione e della sua storia recente?

«Sì, certo, sto seguendo molto attentamente il campionato italiano, mi sento con Giani e con i miei ex compagni. So che hanno avuto dei problemi, ma che l’impianto c’è, è solido, e ne verranno fuori. Il campionato italiano è sempre bellissimo, ci sono almeno tre squadre che possono vincerlo e la competitività è linfa vitale per la nazionale».

Il suo addio a Modena è stato però turbolento, con qualche schermaglia di troppo con la presidentessa Pedrini: l’ha più sentita, dopo allora?

«No, sinceramente non ci siamo più sentiti. Il mio a Kemerovo è un prestito, il contratto con Modena riprenderà a fine campionato 2020-2021. Dovessi dire ora dove mi vedo l’anno prossimo, non ne sarei in grado, non lo so ancora. Quello che conta è prepararsi per l’Olimpiade. Quella che immagino sarà la mia ultima Olimpiade».

Però la prossima è solo fra tre anni.

«Dico, allora, che sarà la mia ultima Olimpiade da opposto… Potrei cambiare ruolo, questo magari sì».

Potrebbe, come per qualche partita ha fatto il martellone olandese di Trento Nimir Abdel-Aziz, tornare al primo amore, il ruolo di palleggiatore, quello di suo padre Vjatcheslav.

«Ah no, quello no di sicuro. Quando inizi a schiacciare, non vuoi smettere più».

Si parla di un suo passaggio al beach volley.

«Per ora non se ne parla, ho ancora troppa voglia di pallavolo indoor. Un giorno chissà, non lo escludo».

A Natale cosa farà?

«A Natale giochiamo, quindi resterò a Kemerovo. Mi dispiace per Ashling e per i bambini, ma non è troppo semplice tornare, ci sono tempi e quarantene da rispettare e i rischi sono alti. Ci sentiamo, ci vediamo grazie alla tecnologia. Spero che anche in Italia si inizi presto a vaccinare tutti. E c’è un consiglio che mi sento di dare a tutti: non assembriamoci, viviamo il Natale con prudenza e cerchiamo di restare uniti, anche se lontani. Il Covid si batte con il distanziamento sociale. Festeggeremo in primavera, magari. Quando questo incubo sarà finito».

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