La storia di Wolfwalkers, il primo film animato di Apple tv+, disponibile in streaming dall’11 dicembre, comincia sette anni fa. “Ma la produzione vera e propria”, dice Ross Stewart, che l’ha diretto con Tomm Moore, “è durata circa tre anni. Forse la cosa più difficile è stata la trama. Quando Tomm ha avuto l’idea, abbiamo coinvolto immediatamente Will Collins alla sceneggiatura. E ci abbiamo lavorato per molto tempo. L’abbiamo riscritta più volte. Alcune bozze raccontavano una storia diversa, più matura, più profonda; altre, invece, si concentravano sugli aspetti più delicati. Anche quando abbiamo pensato di esserci riusciti, di aver inquadrato con precisione la trama siamo dovuti tornare indietro e ricominciare daccapo”.
Wolfwalkers è ambientato tra il 1600 e il 1700, in Irlanda, durante l’occupazione inglese, in una città di frontiera, circondata dai boschi. La protagonista è una bambina, Robyn, figlia di un cacciatore. Si parla di crescita, di accettazione del dolore, del lutto; si parla anche di morte, a un certo punto. E di infanzia, e di innocenza. E di religione, bigottismo, malgoverno. I colori, il lavoro che è stato fatto su ogni singola immagine, su ogni singolo disegno, e l’originalità nel ribaltare il punto di vista: sono tutti elementi che fanno di questo film un piccolo gioiello, uno dei papabilissimi ai prossimi Oscar. “È una storia che abbiamo sentito fin da bambini”, spiega Moore. “Ma è uno di quei racconti che, con il tempo, sono stati dimenticati. Una volta c’erano veramente dei lupi in questa parte di Irlanda, e oggi non ci sono più. Quando una specie scompare, perdiamo tutti moltissimo. E Wolfwalkers, in un certo senso, parla anche di questo”.
Una delle prime cose che vengono in mente, guardandolo, è Principessa Mononoke di Hayao Miyazaki: una delle due protagoniste è una ragazza che vive nella foresta, con sua madre e un branco di lupi, e che odia chi vive in città.
Stewart: “Principessa Mononoke è un film bellissimo. Ci sono delle immagini che ritornano e che sembrano somigliarsi. Ma queste restano due storie diverse. Anzi, abbiamo provato in tutti i modi a fare il nostro film, a evitare le citazioni”.
Moore: “E poi Principessa Mononoke si rivolge a un pubblico molto più adulto e maturo. Il nostro film, invece, è un film che parla a un pubblico più giovane”.
Stewart: “Qualcun altro ha fatto dei paragoni con Brave. Ma Wolfwalkers resta indipendente e ha un suo obiettivo ben preciso”.
Perché avete scelto proprio questa tecnica di animazione?
Moore: “È l’unico modo che conosciamo per fare quello che ci piace e che vogliamo fare. Amiamo l’animazione disegnata a mano, ha un suo linguaggio, è un tipo di arte particolare, e ha una capacità che altre tecniche non hanno, e poi è senza tempo”.
In che senso?
Moore: “Resiste al passare degli anni. Come artista, hai una libertà incredibile, e nel tratto disegnato a mano c’è una certa espressività. È sempre stata la nostra passione fin dai primi giorni del nostro studio, Cartoon Salon”.
Suona un po’ come una missione.
Stewart: “Le persone che lavorano con noi lo fanno principalmente per questo. Perché vogliono poter lavorare con questo tipo di animazione. Adorano la pittura, la scultura; adorano vedere il risultato di quello che fanno. Nel nostro studio, adesso, ci sono disegni ovunque. Sulle pareti, sulle scrivanie. Per fare questo lavoro, non basta la passione: devi essere pronto a investire il tuo tempo, a impegnarti ogni istante”.
L’animazione sta vivendo un nuovo rinascimento?
Moore: “Secondo me sì, ed è incredibile il livello di impegno che c’è. Netflix spende milioni di dollari e vuole sviluppare più film animati ogni anno. Dall’inizio degli anni 2000, con l’esplosione della Pixar, l’industria ha continuato a migliorare e a superarsi. Ed è straordinario il punto dove, oggi, siamo arrivati. Pensi a Dov’è il mio corpo?, per esempio. O alle influenze dell’animazione giapponese su quella occidentale”.
Che cosa pensate dello streaming come distribuzione?
Stewart: “È grazie a queste piattaforme se oggi possiamo continuare a sviluppare film, se studi come il nostro hanno una possibilità di raccontare le loro storie”.
Di che cosa parla, alla fine, Wolfwalkers?
Stewart: “Dipende dall’età del pubblico. I più giovani, soprattutto le ragazze, possono rivedersi nelle protagoniste, nella loro storia, nella consapevolezza che raggiungono. I più adulti, invece, vedono il tema ambientale, il rapporto che abbiamo con la natura, le conseguenze delle nostre azioni”.
Perché avete deciso di lavorare proprio nell’animazione?
Moore: “…me lo chiedo ogni giorno (ride, ndr)”.
Stewart: “Perché abbiamo sempre amato disegnare. E creare arte. E sporcarci le mani. E raccontare storie. Nient’altro”.
Non è "solo" un mal di testa. Emicrania: regole, sintomi e prevenzione di uno dei…
Infezioni in gravidanza, ogni anno un neonato su 150 colpito da citomegalovirus, circa 300 nascono…
Morbillo, quasi raddoppiati i casi in un mese: cosa sta succedendo e cosa fare Corriere…
Sonno e intestino: così il microbiota intestinale influenza il riposo (e viceversa). Come intervenire Corriere…
DELFINATO, È IL TADEJ POGAČAR SHOW. TAPPA E MAGLIA PER LO SLOVENO TuttobiciwebVisualizza la copertura…
LIVE Judo, Mondiali 2025 in DIRETTA: ASSUNTA SCUTTO, ORO DA DOMINATRICE! OA SportMondiali Judo: Assunta…