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Iran senza pietà per Zam. Giustiziato il giornalista attirato in una trappola

Beirut. Ancora un dissidente giustiziato in Iran. La repressione degli ayatollah non si ferma e questa volta a finire sul patibolo è stato Ruhollah Zam, impiccato ieri all'alba, ad appena tre giorni dalla sentenza definitiva della Corte suprema. Zam gestiva Amad News, un popolare sito web anti-governativo ed era accusato di aver fomentato le proteste nel Paese del 2017 e 2018. Il giornalista era un ex esponente dell'opposizione, viveva in esilio in Francia. La sua rete aveva più di un milione di follower sull'app di messaggistica crittografata Telegram, dove ha condiviso video di proteste e informazioni critiche su funzionari iraniani. Il sito è stato chiuso dal governo iraniano, poi riaperto con un nome diverso. Dava fastidio. Zam è stato attirato in Irak dal suo esilio in Francia, per incontrare il grande ayatollah Ali Sistani nella speranza di assicurarsi il suo sostegno. Invece è finito nella trappola.

A Zam era stato concesso asilo politico in Francia, dopo essere stato imprigionato in Iran in seguito alle contestate elezioni presidenziali del 2009. Era il figlio dell'importante religioso riformista Mohammad Ali Zam, ma è stato condannato ugualmente per "corruzione sulla terra", uno dei reati più gravi nella Repubblica islamica. Una volta in Iran, Zam è stato processato e fatto confessare in tivù. Alcuni servizi televisivi hanno descritto la sua rete di contatti e come è caduto vittima dell'operazione di intelligence guidata dai Pasdaran. Uno di questa sorta di documentari è stato trasmesso la notte prima della sua esecuzione. Tuttavia Amnesty International ha affermato come fosse stato vittima di "un processo ingiusto basato su confessioni forzate". I Pasdaran hanno precisato invece che era "sotto la guida" e la protezione dei servizi di intelligence di Francia, Israele e Stati Uniti.

L'esecuzione di Zam arriva a poche settimane da quella del lottatore Navid Afkari. E sempre ieri è giunta un'altra condanna da un tribunale iraniano. Sahar Tabar, 19 anni, dovrà scontare dieci anni di carcere per aver pubblicato foto che la facevano assomigliare ad Angelina Jolie, ma nelle sembianze di uno zombie. Il vero nome di Tabar è Fatemeh Khishvand, ed è stata arrestata nell'ottobre 2019 insieme ad altre tre influencer. Masih Alinejad, una importante giornalista iraniana e attivista dell'opposizione, ha confermato che la giovane è stata accusata di "promozione della corruzione pubblica". "In carcere per aver usato trucco e Photoshop per diventare una zombie Angelina Jolie. Sua madre piange ogni giorno per ottenere la liberazione. Cara Angelina Jolie! Abbiamo bisogno della tua voce qui. Aiutaci", ha twittato Alinejad. Lo scorso ottobre, la televisione di stato iraniana ha mandato in onda un'intervista con Khishvand dove diceva di essersi pentita delle sue azioni.

Ma la stretta del governo non si ferma qui. Anche venerdì le forze di sicurezza hanno arrestato due attiviste arabe iraniane, Fatima Tamimi e Maryam Ameri. L'arresto è avvenuto nella loro città natale a Mahshahr, nella provincia ricca di petrolio ma povera del Khuzestan. Tamimi, 39 anni e madre di due figli, è anche una regista che ha prodotto diversi brevi documentari sulla povertà, la disoccupazione e le questioni sociali degli arabi in Iran. Tamimi e Ameri hanno anche realizzato un progetto sulla tradizione orale della loro etnia: hanno registrato storie tradizionali arabe, ninne nanne e canzoni di diversi villaggi nella provincia del Khuzestan. Le autorità iraniane spesso arrestano attivisti civili e culturali arabi con l'accusa di separatismo. Gli arabi in Iran, noti come arabi Ahwazi, sono infatti una minoranza etnica che risiede nel Khuzestan. Amnesty International ha affermato che lo scorso anno l'Iran ha giustiziato almeno 251 persone, il secondo bilancio più alto al mondo dopo la Cina.

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