"L'intervista del presidente Fico era dedicata a Regeni, avendolo conosciuto nei 5 anni in commissione di Vigilanza sono sicuro che non avesse intenzione di lanciarsi in improvvide invasioni di campo sulle prerogative del presidente della Repubblica, in merito ad eventuali elezioni anticipate". Commenta così il deputato di Italia Viva, Michele Anzaldi, l'intervista su Repubblica in cui il presidente della Camera, Roberto Fico, chiude la strada a rimpasti di governo: "Niente ricatti, se cade il governo vedo solo il voto". "A guidare le crisi di governo è il dettato della Costituzione, non le veline ai giornali di qualche portavoce di Palazzo Chigi, e la terza carica dello Stato dovrebbe saperlo bene", spiega Anzaldi che si sofferma anche sulle parole di Fico riguardanti il Recovery Fund e la cabina di regia per gestirne le risorse: "Trovo gravissimo che anche il presidente della Camera affermi di essere stato completamente tenuto all'oscuro sul Piano per il Recovery Fund che Conte ha provato a imporre al Consiglio dei ministri con un blitz notturno. Anche Fico confessa di non aver saputo nulla della cabina di regia che avrebbe dovuto esautorare Governo e Parlamento, messa nero su bianco in quel documento inviato via pec ai ministri alle 2 di notte. Una forzatura senza precedenti, contro la quale nei giorni scorsi avevo chiesto proprio l'intervento di Fico e Casellati. Mi auguro che dai presidenti delle Camere arrivi una difesa più forte delle prerogative parlamentari".
governo in crisi
Fico: "Niente ricatti. Se cade il governo vedo solo il voto"
di
Annalisa Cuzzocrea
Sulle parole di Fico ("Se cade il governo vedo solo il voto") che siano istituzionalmente corrette, interviene il costituzionalista e deputato del Pd, Stefano Ceccanti: "Partiamo dall'articolo 88 della Costituzione che distingue bene coloro che parlano da coloro che decidono sullo scioglimento. I Presidenti delle Camere parlano, ma decide il capo dello Stato con la controfirma del presidente del Consiglio, sulla base dell'obbligo generale di controfirma stabilito dal successivo articolo 89 – spiega interpellato dall'Agi – se i Presidenti delle Camere possono parlare quando sono chiamati a parlarne al Quirinale, lo possono fare anche in altre sedi. Direi di più, chiunque può parlarne nel dibattito pubblico per enunciare i propri desideri, ma nessuno alla fine può incidere in modo determinante sugli unici due che mettono la firma sul decreto di scioglimento".
Sottolinea ancora l'esponente del Pd: "lo possono fare con ampio margine di apprezzamento perché nulla dice la Costituzione sulle motivazioni dello scioglimento. Non c'è ad esempio il vincolo di non sciogliere se c'è una qualsiasi maggioranza parlamentare, ammesso che vi sia davvero. Se questa venisse ritenuta da chi ha il potere di firmare il decreto non in grado di governare, perché magari la maggioranza potrebbe essere unita solo dalla volontà di non essere sciolta, il decreto di scioglimento verrebbe firmato, come accadde con lo scioglimento Scalfaro controfirmato da Ciampi a fine 1993. L'unico vero limite è il semestre bianco che parte però solo a luglio".
Sul fatto che sia il voto anticipato l'unica strada da intraprendere in caso di crisi, Ceccanti spiega che "il problema non è quello che penso io o il presidente della Camera o questo o quel leader politico, compreso chi evoca temerariamente crisi di governo senza avere una soluzione di ricambio immediata pronta in periodo di pandemia, il problema è' cosa pensano le due persone che devono firmare il decreto di scioglimento, a cominciare dalla prima, il presidente della Repubblica. A me sembra che quando il presidente indica due parole chiave, serietà ed unità, inviti a prevenire seriamente i rischi di crisi e di scioglimento anticipato. Sarebbe bene che tutti lo ascoltassero. Perché ci possa in astratto essere una terza via bisognerebbe che ci fosse un'altra maggioranza operativa e credibile che non si vede all'orizzonte né oggi né nel futuro immediato", conclude Ceccanti.
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