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Vaccinata la prima italiana: “Ho il braccio indolenzito”

A poco più di una settimana dal via libera concesso al vaccino di Pfizer-BioNtech, c'è già la prima italiana vaccinata a Londra: Elena Baraldi, infermiera modenese di trent'anni. Dopo la laurea nel 2014, sei anni fa Elena Baraldi si è trasferita nella capiatle inglese per lavorare al Croydon University Hospital, dove si occupa delle ventilazioni e dei caschi. Rientrando tra le categorie in prima linea contro il coronavirus, mercoledì 9 dicembre è stata vaccinata. "Sto benissimo, – dichiara, intervistata da Il Resto del Carlino – per ora nessun effetto collaterale a parte il braccio un po' indolenzito".

Sulle diffidenze circa efficacia e sicurezza dell'antivirus, l'infermiera modenese taglia corto: "Rientravo nella categoria degli operatori ad alto rischio occupazionale – spiega – non ho avuto dubbi e sono contenta di essermi vaccinata, sia per proteggere me stessa sia per non diventare un veicolo di contagio verso pazienti, amici e familiari".

Anche perché, aggiunge Elena, la Gran Bretagna si trova in piena seconda ondata e il sistema sanitario è sotto pressione da mesi. "Le restrizoni ci sono e vengono calibrate a seconda della capacità delle terapie intensive – dice -. A differenza dell'Italia qui non c'è mai stato un vero lockdown e nella prima fase devo dire che il governo inglese, guardando anche all'Italia, avrebbe potuto fare meglio. Ho visto morire tanta gente, anche giovane, tra i quali un mio collega di trent'anni che non aveva patologie, almeno conosciute. Il Covid è subdolo perché in alcune persone, a causa di reazioni immunitarie anomale, può portare a un aggravamento repentino. Senza dimenticare che molti sopravvissuti hanno strascichi importanti, come problemi renali, polmonari o neurologici anche permanenti".

La gione infermiera non vede la famiglia dall'estate scorsa, ma dubita di ritornare a Modena per Natale. Elena pensa di rimanere a Londra, dove riconosce di godere di tutele e riconoscimenti professionali ancora impensabili in Italia. "La mia città mi manca molto, so che anche lì la situazione è drammatica e i miei colleghi stanno facendo l'impossibile. Qui a Londra mi sento realizzata, la mia professionalità è appagata anche sotto il profilo economico. Riesco a mantenermi in un appartamento da sola a Londra e a mettere da parte qualche risparmio. Qui – ammette la trentenne intervistata da Il Resto del Carlino – la nostra figura professionale è valorizzata sia a livello istituzionale sia tra i cittadini. Ho diritti che in Italia mi sognerei. Non avrei mai pensato di lasciare il mio Paese. Quando parlo con i miei colleghi italiani, di Modena, mi raccontano di come, malgrado stiano rischiando la vita, spesso non venga riconosciuta la loro professionalità e mi dispiace".

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