Il Covid può lasciare importanti strascichi neurologici anche molte settimane dopo dalla guarigione ma, quel che più preoccupa, è il modo in cui colpisce anche chi ha avuto soltanto una sintomatologia lieve.
Cosa dice lo studio
Uno studio francese appena pubblicato dal titolo "Follow-up di adulti con COVID-19 non critico due mesi dopo l'insorgenza dei sintomi" mette il luce fenomeni gravi come encefaliti, stanchezza muscolare, difficoltà di movimento e addirittura ictus anche in pazienti giovani. Infatti, su 150 pazienti trattati con Covid lieve o moderato, due terzi riferivano di avere ancora sintomi a 30 e 60 giorni di distanza dalla guarigione e più di un terzo si sentiva ancora malato o in una condizione clinica peggiore due mesi dopo rispetto all'esordio della malattia. Questi sintomi prolungati erano associati soprattutto ad un'età compresa tra 40 e 60 anni.
La sindrome "long Covid"
Inoltre, quasi un giovane su 5 di un'età inferiore e compresa fra 18 e 34 anni e senza patologie preesistenti, ha riferito di non essere tornato in perfetto stato di salute. I sintomi più frequenti hanno riguardato strascichi sulle capacità mentali con perdita di memoria e difficoltà di concentrazione. È quella che gli studiosi chiamano "sindrome long Covid" che può durare anche alcuni mesi causando affaticamento, mancanza di respiro, perdita di gusto e olfatto.
Parallelamente, anche un nuovo studio americano conferma sostanzialmente che, anche nel lungo termine e chi ha avuto una malattia non grave, può soffrire di disturbi neurologici frequenti. Quest'altra ricerca, pubblicata sul Neurology Clinical Practice ha preso in esame 74 pazienti positivi al Covid-19 tra metà aprile ed il primo luglio e curate nell'ospedale di Boston. Come riporta il Corriere, l'età media era di 64 anni e 47 dei 74 pazienti aveva alle spalle una storia di malattia neurologica. Tra questi, alcuni hanno subìto un ictus, altri crisi epilettiche e la percentuale più alta confusione ed alterazione dello stato mentale. Tutte le complicazioni sono causa del Covid perché subentrate soltanto dopo l'infezione ed indipendentemente dalla gravità con cui è stato preso il virus.
Fatica cronica
Uno degli effetti a lungo termine più insidiosi di Covid-19 riguarda un grave affaticamento. Come riporta un lungo studio pubblicato su Nature, negli ultimi nove mesi, un numero crescente di persone ha riportato stanchezza e malessere paralizzanti dopo aver contratto il virus. Numerosi gruppi di supporto su sociali come Facebook ospitano migliaia di membri che a volte si definiscono "viaggiatori a lunga percorrenza": faticano ad alzarsi dal letto o a lavorare per più di pochi minuti o ore alla volta. Uno studio su 143 persone dimesse da un ospedale di Roma ha rilevato che il 53% aveva riportato stanchezza e il 43% aveva mancanza di respiro in media 2 mesi dopo l'inizio dei sintomi. Uno studio analogo su alcuni pazienti in Cina ha mostrato che il 25% aveva una funzione polmonare anormale dopo tre mesi e che il 16% era ancora affaticato.
I limiti della ricerca
Dopo le dimissioni, molti pazienti hanno avuto bisogno di un'assistenza domiciliare perché non più in grado di vivere da soli. "Sono necessarie ulteriori ricerche per comprendere meglio la diffusione delle complicanze neurologiche causate dal Covid" ha dichiarato Pria Anand, primo autore dello studio americano. La ricerca mostra molti limiti perché basata, ancora, su piccoli numeri e non è stato ancora analizzato un numero alto di persone affette da ciascuna delle manifestazioni neurologiche sopra elencate. "Abbiamo in programma di condurre ulteriori studi per aiutare a individuare quali fattori possono predisporre le persone a complicazioni neurologiche con l'obiettivo di cercare metodi di prevenzione".
Long hauters
C'è anche un altro termine inglese, long hauters, letteralmente "lunghi trasportatori", per rendere l'idea di quanto, a volte, si prolunghino i sintomi del virus anche nei guariti. È come se piccole quantità di esso si nascondano nell'organismo e, anche dopo sei mesi (secondo gli ultimi studi), il sistema immunitario rileva la presenza di minuscole molecole infettive ed il corpo continua a combattere la sua battaglia contro la malattia.
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