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Lo strano caso del vaccino anti-Covid cinese: dosi in tutto il mondo ma Pechino non dà l’ok

NANCHINO – Il primo via libera al vaccino cinese, notare la stranezza, lo hanno dato gli Emirati Arabi Uniti. Mercoledì il ministro della Salute ha detto che, stando ai test effettuati nel Paese, il siero dell'azienda di Stato Sinopharm è sicuro e ha un'efficacia dell'86%, l'utilizzo è autorizzato. Il ministro non ha fornito ulteriori dettagli, la comunità scientifica dovrà attendere per verificare. Ma l'aspetto bizzarro è che al lieto annuncio la Cina non ha partecipato, né il governo né Sinopharm, nonostante il vaccino sia un obiettivo prioritario del regime. Un corto circuito, l'ennesimo segno di come la corsa forsennata al siero anti Covid abbia stravolto ogni regola. Tutto il mondo ha compresso tempi e passaggi, la Cina li ha mescolati: al momento nessuno dei cinque vaccini cinesi ha raggiunto i risultati finali della sperimentazione, né tantomeno ricevuto l'ok dalle autorità di Pechino, eppure centinaia di migliaia di dosi vengono somministrate, in patria e all'estero.

La stanza di Nanchino / Prima parte

di

Carlo Bonini (coordinamento editoriale) e Filippo Santelli (Nanchino). Coordinamento multimediale di Laura Pertici

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grafiche e video a cura di Gedi Visual


Prima di tutto in Cina, perché il regime vuole immunizzare i cittadini. Tre vaccini, due composti di Sinopharm e uno dell'azienda privata Sinovac, sono già da mesi autorizzati per il cosiddetto utilizzo d'emergenza, per categorie a rischio come i medici. Solo che con il passare del tempo, e sempre in attesa dei risultati, quelle categorie sono state estese a dismisura: ora basta un biglietto aereo verso l'estero per avere diritto a un'iniezione. Il siero è stato inoculato almeno a un milione di persone e l'altro giorno, quando un piccolo focolaio è spuntato nella metropoli di Chengdu, il governo lo ha promesso a due milioni di abitanti entro la fine dell'anno, di fatto un utilizzo di massa. Poi c'è l'estero, perché l'altro obiettivo di Xi Jinping è usare il vaccino come strumento geopolitico, distribuendolo ai Paesi amici, specie quelli in via di sviluppo. L'Indonesia, che vorrebbe riaprire al turismo, il Brasile, il Marocco hanno già ricevuto le prime spedizioni, gli Emirati hanno iniziato pure a somministrarlo, prima dell'annuncio di mercoledì sull'efficacia.

La stanza di Nanchino / Seconda parte

di

Carlo Bonini (coordinamento editoriale) e Filippo Santelli (Nanchino). Coordinamento multimediale di Laura Pertici

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grafiche e video a cura di Gedi Visual


Una fuga in avanti che sembra avere preso in contropiede la stessa Cina. Il presidente di Sinopharm ha detto che "i risultati sono attesi molto presto", quello di Sinovac che un'analisi provvisoria sarà pronta "nella prima parte di dicembre", quello di CanSino, altra impresa privata, che la sperimentazione è "a buon punto".
Alcuni esperti criticano il modo in cui la Cina ha forzato i protocolli. Le autorità cinesi assicurano che finora non c'è stata alcuna reazione avversa. E un'efficacia dell'86%, se confermata, collocherebbe il siero di Sinopharm non distante da quelli di Pfizer e Moderna, sopra AstraZeneca. In assenza di dati ufficiali però, l'unica è fidarsi. D'altra parte molti Stati in via di sviluppo che si rivolgono a Pechino non hanno alternative. I sieri cinesi, dalla tecnologia più tradizionale, non hanno bisogno di temperature polari per il trasporto. E in un mercato con domanda enorme e poca offerta, i vaccini Occidentali sono stati in gran parte opzionati dai Paesi sviluppati.Original Article

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