Il ghiacciaio del Gran Paradiso arretra di quasi 400 metri l'anno, una pista d'atletica. L'allarme arriva dall'Università di Torino che ha firmato una convenzione con il Cai, il Club Alpino Italiano, per lo studio delle condizioni di stabilità degli ambienti d’alta quota. Il rettore, Stefano Geuna, ha annunciato anche la firma dell’accordo di collaborazione con il Comitato Glaciologico Italiano.
In questi anni gli studi portati avanti dal dipartimento di Scienze della Terra, che si avvale della collaborazione di Imageo srl, società specializzata nello studio di instabilità naturali d’alta quota attraverso tecnologie avanzate nata da uno spin off dell’ateneo torinese, ha registrato un'accelerazione importante della deglaciazione: il fronte del ghiacciaio del Gran Paradiso dal 2018 al 2019 è arretrato di 335 metri. Ma non è l'unico dato allarmante: dal 1850 a oggi la temperatura nelle Alpi è aumentata il doppio che altrove, cioè 2 gradi contro il grado di aumento complessivo della Terra, ma soprattutto da inizio Novecento a oggi i ghiacciai delle Alpi si sono ritirati del 60 per cento, nelle Alpi Orientali c'è stato un ritiro dell'area glaciale addirittura dell''80 per cento. Il raffronto è frutto dei dati del Comitato glaciologico misurati dal 1914.
Il grido d'allarme arriva in occasione della Giornata internazionale della Montagna. E l’accordo tra le organizzazioni nasce dalla constatazione che gli effetti della deglaciazione e della degradazione del permafrost creano problemi di stabilità a carico di rifugi alpini e delle relative via d’accesso. Per questo motivo, il Cai ha deciso di effettuare un approfondimento conoscitivo nel settore della Punta Gnifetti, sul Monte Rosa. Qui si trova la Capanna Margherita, il rifugio più alto d’Europa e osservatorio fisico-meteorologico, sede di laboratori medici e scientifici dell’Università di Torino. “L'Università è aperta alla collaborazione di tutti. Il tema della sostenibilità nel tempo è centrale, e le Università non possono che essere all'avanguardia su questo. La montagna e i ghiacciai sono il luogo dove i cambiamenti si vedono prima, ecco perché è importante studiarli. Tra l'altro – ha ricordato il rettore Geuna – da pochi mesi il nostro Ateneo è capofila del progetto di Università europea 'Universitas Montium', che riunisce sei atenei, tutti localizzati in territori transfrontalieri e montani di lingua neolatina”.
Il Comitato glaciologico ha messo a disposizione il proprio patrimonio bibliografico all’Università che ha messo a disposizione la sede dell’ex Istituto Galileo Ferraris di corso Massimo d’Azeglio 42 per svolgere e attività dei progetti: “La sede potrà diventare un punto di riferimento per studenti e ricercatori che parteciperanno al progetto UNITA – Universitas Montium, sfruttando anche la vicinanza e la collaborazione con l’Université Savoie Mont Blanc di Chambéry” spiegano dall'ateneo.
Tra gli obiettivi delle ricerche c'è quello di svolgere un piano pluriennale di attività di ricerca a partire dall’analisi dell’area della Capanna Margherita. L’attività di ricerca – sviluppata secondo le linee guida definite dal Group on Glacier and Permafrost Hazards (GAPHAZ) dell’International Association of Cryospheric Sciences and International Permafrost Association (IACS/IPA) – è iniziata nell’estate del 2019 ed è proseguita nel 2020. I risultati recentemente elaborati evidenziano alcune differenze geomorfologiche realizzatesi nell'arco temporale dell'esistenza del rifugio (dal 1893 ad oggi). Per presentare il lavoro al pubblico, è stato realizzato un portale web interattivo e facilmente accessibile (www.geositlab.unito.it/capanna), sul quale rendere disponibili e consultabili online la metodologia e i risultati della ricerca fotografica e dell'analisi geomorfologica. “Vorremmo rendere disponibile e aperto il portale agli alpinisti e agli appassionati che salgono sul Monte Rosa – ha dichiarato Antonio Montani, vicepresidente nazionale del CAI – per creare una raccolta sistematica di immagini che ci permettano di analizzare, in modo sempre più preciso, i cambiamenti nel tempo della Punta Gnifetti”.
Il lavoro di monitoraggio strumentale si è svolto, invece, fra il 2019 e il 2020. Tra le varie attività anche la determinazione degli spessori della copertura glaciale sul lato nord ovest della Capanna tramite tecnologia georadar applicata utilizzando un apposito veicolo a slitta autocostruito. Le attività di monitoraggio strumentale proseguiranno nel 2021. “Il prossimo obiettivo è progettare un sistema di monitoraggio delle condizioni termiche e di raccolta di segnalazioni sulla stabilità dell’ammasso roccioso nell’intorno del rifugio” racconta Marco Giardino, docente di Geografia fisica e Geomorfologia presso l’ateneo torinese e rappresentate di Unito all’interno del Comitato Glaciologico Italiano. “A partire dal 1914, dalla propria sede torinese il CGI coordina a livello nazionale la raccolta e l’interpretazione dei dati regionali e locali di quasi 200 ghiacciai, inviandoli annualmente alle reti internazionali di monitoraggio della criosfera – aggiunge Massimo Frezzotti, Presidente del Comitato Glaciologico Italiano – Questa attività ha assunto oggi un’importanza vitale, viste le notevoli implicazioni che le masse glaciali hanno per la salvaguardia dell’ambiente e dell’economia della regione alpina”.
ROMA – Frontale muscoloso da Suv, silhouette da station wagon e coda da crossover sportivo.…
AGI - Tesla riprende la produzione a Shanghai, sottoposta a un lockdown che ha innescato…
Scoperti da un talent scout d'eccezione come Fiorello, che li battezzò I Gemelli di Guidonia…
AGI - Il Programma MilleMiglia continua a garantire agli oltre 6 milioni di iscritti l'opportunità…
AGI - Radu Lupu, considerato come uno dei più grandi pianisti del mondo, è morto…
AGI - Non messaggini o telefonate minatorie o appostamenti sotto casa ma una continua aggressione…