E' la fine di un’era, un taglio netto con il passato. Una svolta “dolorosa”, piena di rischi ma necessaria, vitale per la sopravvivenza di Cuba. Dal primo gennaio sparisce la doppia moneta che rendeva crudele e selettiva la vita dei cubani. Niente più divisione tra peso e peso convertible (CUC). Il primo, quasi senza valore, ad uso interno e da parte solo degli abitanti dell’isola in determinate attività commerciali. Il secondo, cambiato a 1 dollaro, destinato soprattutto agli stranieri e da utilizzare nei negozi loro riservati.
Con un discorso in tv, affiancato da Raul Castro, il presidente Miguel Díaz-Canel annuncia la più grande riforma finanziaria degli ultimi 60 anni. La prima svalutazione del peso cubano dalla rivoluzione del 1959. Per quasi tre decenni sull’isola sono circolate queste due valute parallele, il peso e il CUC, entrambe ancorate al dollaro. Con una differenza non certo secondaria. Il CUC veniva cambiato 1 a 1 alle imprese di proprietà statale, a 24 pesos per un CUC al pubblico, alle joint venture, nei salari delle zone di sviluppo speciale dell’isola e nelle transazioni tra agricoltori e hotel. “Riteniamo”, ha spiegato il presidente, “che si siano create le condizioni per permetterci di annunciare l’inizio di una grande riforma monetaria dal primo gennaio”.
Díaz-Canel non ha spiegato nei dettagli di cosa si tratta. Ha confermato quello che dicevano da tempo le voci tra la gente: sparisce il CUC e resta solo il peso. Ce ne vorranno 24 per avere un dollaro. Una bella mazzata per i cubani che si ritroveranno improvvisamente poverissimi da poveri che erano. E questo al culmine di una crisi economica e alimentare che non si registrava dalla fine del secolo scorso quando il blocco delle sanzioni aveva assediato per fame l’intera Cuba. Ma non tutto il male, come si dice, viene per nuocere. Gli economisti ritengono che la riforma sarà dolorosa per i cubani solo nel breve periodo e si mostrerà una mossa essenziale nel lungo termine. I tassi di cambio così diversi hanno distorto l’economia interna sovvenzionando alcuni settori a danno di altri. “Non è certo una soluzione magica”, ha ammesso il presidente, “ma tutto questo favorirà la creazione delle condizioni necessarie per avanzare in maniera più solida e concreta”.
La prima conseguenza sarà una svalutazione del peso almeno a tre cifre. Il governo non si limiterà a cancellare il CUC. Aiuterà la popolazione ad affrontare questa prima fase molto dura. I salari saranno aumentati di cinque volte, così come le pensioni medie statali. Faranno da contraltare all’inevitabile incremento dei prezzi al consumo dovuto proprio all’inflazione. L’aumento dello stipendio non si applica però a due dei sette milioni di lavoratori del settore privato e di quello informale. “La scelta è rischiosa”, ha aggiunto Díaz-Canel, “è una delle sfide più impegnative mai affrontate da Cuba”. Ma, ha garantito, “nessuno rimarrà indigente”.
Verranno colpiti tutti quelli che hanno aumentato i prezzi in modo indiscriminato, alle aziende sarà concesso un anno di tempo per rimettere a posto i libri contabili prima di chiudere i rubinetti dei sussidi; sanità e istruzione continueranno ad essere gratuiti. Sparirà come già anunciato la libreta, la tessera annonaria che garantiva da mangiare ma cibo e altri aiuti sociali verranno sempre distribuiti senza costi aggiuntivi. Si tratta di superare questa prima fase difficile e complicata, poi arriveranno i benefici, è il mantra ricorrente.
Gli economisti cubani, riporta Reuters, stimano che il 40 per cento delle società statali oggi operi in perdita. Molte, come quelle legate al settore delle esportazioni, trarranno vantaggi dal nuovo cambio unificato; le altre, purtroppo, falliranno. I cubani sono perplessi. Molti fanno notare che le doppie valute continueranno a circolare sull’isola e saranno ancora utilizzate a lungo. Negli ultimi tempi sono sorti molti negozi nei quali si paga in dollari e spesso solo con carta di credito ma sempre con valute internazionali. Il governo replica che si dovrà sopportare ancora per qualche mese: serve a incassare valuta negoziabile che a sua volta è usata per acquistare più beni di consumo, vitali per Cuba che si trova allo stremo. La grande riforma, chiamata “Rimettere ordine”, si spera dia anche stabilità. Soprattutto con le rimesse in dollari dall’estero.
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