Con la ratifica dell'Accordo di Parigi del 2015, i singoli impegni climatici presentati all'ONU passarono dall'essere Intended Nationally Determined Contribution (INDC) ossia "Contributi promessi stabiliti a livello nazionale", ai cosiddetti Nationally Determined Contributions (NDC) o "Contributi Nazionali Determinati". Si trattava degli obiettivi climatici che le Nazioni si erano date, in maniera autonoma e volontaria, per contribuire a mantenere la crescita della temperatura globale entro i 2 gradi centigradi.
Per l'Unione europea, ad esempio, questo impegno è definito dal quadro per il clima e l'energia 2030 adottato dal consiglio europeo nell'ottobre 2014 e che prevede: meno 40% di emissioni, più 27% di rinnovabili nel consumo finale di energia e più 27% d'efficienza energetica. In molti casi tra INDC e NDC, non vi alcuna differenza, in altri il passaggio ha determinato un aumento dell'impegno. Questi NDC rappresentano il vero cuore del Paris Agreement e allo stesso tempo uno delle più grandi falle dell'intesa. Come ha mostrato la stessa analisi delle Nazioni Unite, allo stato attuale, gli NDC non sono in grado di garantire la "vittoria climatica". O meglio, gli obiettivi che si sono dati gli Stati sono troppo deboli e anche eseguendoli alla lettera, la temperatura globale crescerà oltre l'obiettivo di mantenere la crescita inferiore appunto ai 2 gradi centigradi.
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Luca Fraioli
Ma quali sono le nazioni che hanno adottato obiettivi climatici in linea con l'accordo di Parigi? E quali si sono posti obiettivi maggiori? Quali, invece restano indietro o addirittura non partecipano a questi programmi?
I dati sono forniti da Climate Action Tracker (CAT) e tracciano una fotografia aggiornata allo scorso 10 dicembre. In base all'Accordo di Parigi nel 2015, i governi hanno formalmente riconosciuto che i loro obiettivi climatici nazionali collettivamente non avrebbero raggiunto il proponimento di limitare il riscaldamento a 1,5 gradi centigradi. Quindi si sono impegnati a fare il primo aggiornamento dei loro obiettivi per il 2030, obiettivi che fanno parte del "contributo determinato a livello nazionale" (NDC) di un paese entro il 2020, sostenuto dal rapporto speciale dell'IPCC (Intergovernmental Panel on Climate Change, il principale organismo internazionale per la valutazione dei cambiamenti climatici) sul target di una riduzione di 1,5 gradi centigradi entro quest'anno, target stabilito nell'ottobre 2018 che, però, non è stato ancora raggiunto.
Il Climate Action Tracker monitorizza questi obiettivi aggiornati e, per i 36 paesi che analizza, fornisce un'analisi dettagliata su quanto sia effettivamente un miglioramento per ogni obiettivo aggiornato e quanto sia allineato agli obiettivi dell'accordo di Parigi. I paesi che non fanno parte dei 36 paesi CAT e che avanzano o propongono obiettivi aggiornati per il 2030 sono elencati ma non analizzati.
L'elemento di mitigazione più importante di un target aggiornato, secondo il CAT, sono i livelli di emissione nell'anno previsto, perché questo è "ciò che vede l'atmosfera". Per essere considerato un progresso, un NDC aggiornato deve comportare livelli di emissioni inferiori rispetto all'anno precedente. In base all'accordo di Parigi, i governi hanno universalmente concordato che i successivi NDC dovrebbero riflettere la massima ambizione possibile di un paese e rappresentare una progressione oltre l'attuale NDC e contribuire al raggiungimento del limite di riscaldamento di 1,5 gradi centigradi dell'accordo di Parigi.
A Parigi, i governi hanno anche deciso di presentare strategie a lungo termine entro il 2020 e più di una dozzina di paesi lo hanno fatto. Un numero crescente di governi ha inoltre adottato obiettivi di arrivare a zero emissioni per la metà del secolo. Sebbene questi sviluppi siano incoraggianti, è fondamentale – sostengono gli esperti del Climate Action Tracker – che gli obiettivi per il 2030 siano allineati con percorsi in grado di raggiungere effettivamente gli obiettivi zero emissioni per la metà del secolo. L'IPCC SR1.5 ha dimostrato che se le riduzioni delle emissioni richieste per il 2030 non vengono soddisfatte, la capacità di limitare il riscaldamento a 1,5 gradi centigradi entro il 2050 è compromessa. In un certo numero di casi, spiegano gli esperti del CAT, gli obiettivi di metà secolo dello zero netto non possono essere raggiunti in base agli obiettivi già stabiliti da queste nazioni per il 2030.
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Il Climate Action Tracker sta monitorando anche i governi che hanno segnalato l'intenzione di non aggiornare i loro NDC nel 2020. Non aggiornare gli NDC entro il 2020 con un aumento dell'ambizione è una chiara violazione delle decisioni di dare effetto vincolante all'accordo di Parigi, decisioni prese al momento della sua adozione nel 2015 (Decisioni 1 / CP.25 paragrafi 23 e 24) e delle disposizioni pertinenti dell'accordo (Articolo 4.3) che impone alle parti che le successive comunicazioni NDC debbano essere più ambiziose. Anche il semplice rinvio o la ripetizione di un NDC senza migliorare significativamente l'ambizione si qualifica in questa categoria.
Cominciamo dai paesi che non hanno presentato alcun obiettivo aggiornato, cioè non hanno un piano per raggiungere entro il 2030 o il 2050 il piano di riduzione del riscaldamento globale nei limiti di 1,5 gradi centigradi. Sono ben 164. Questo numero induce ad un forte pessimismo sulla possibilità di raggiungere il target fissato dalla Conferenza di Parigi.
Ma a mitigare in parte il pessimismo ci sono i 19 paesi che hanno presentato o proposto obiettivi NDC. Questi paesi sono responsabili del 14,2% delle emissioni globali e coprono il 9,5% della popolazione globale. Di queste 19 nazioni, tre hanno già presentato un programma di riduzione dei gas serra più forte e sono Cile, Norvegia e Vietnam. Il Regno Unito, che proprio recentemente ha varato un piano per arrivare ad emissioni zero entro il 2050, ha solo proposto un obiettivo NDC più forte, ma ancora questo piano non è stato completato nelle sue parti principali. Brasile, Giappone, Nuova Zelanda, Federazione Russa e Singapore hanno confermato gli obiettivi NDC, ma non hanno aumentato l'ambizione di raggiungerli entro il 2030 e il 2050. Nuovi obiettivi, invece sono stati presentati – ma non possono essere ancora oggetto di analisi per mancanza di dati – da Andorra, Cuba, Grenada, Giamaica, Isole Marshall, Moldavia, Mongolia, Ruanda, Suriname, Thailandia e Tonga. Altri due paesi, Colombia e Georgia, hanno solo proposto nuovi obiettivi NDC, ma non hanno fornito ancora sufficienti particolari per un'analisi dettagliata.
Quello che preoccupa molto gli esperti di Climate Action Tracker sono soprattutto i tre paesi con una popolazione vastissima e con un'incidenza elevata nel campo delle emissioni di gas serra che non proporranno obiettivi più ambiziosi: sono Australia, Indonesia e Stati Uniti. Per quest'ultimi c'è la speranza che dopo l'insediamento di Biden alla presidenza Usa, ci sia una rivisitazione dei progetti di contenimento dei cambiamenti climatici, così come annunciato dal futuro presidente americano.
Un ulteriore sottile filo di speranza per raggiungere gli obiettivi dell'Accordo di Parigi viene dall'Agenzia internazionale delle energie rinnovabili (IRENA). Una possibile soluzione è stata prospettata nella nuova relazione che lega a doppio filo una rinnovata ambizione nelle fonti alternative al successo della lotta climatica.
Il documento spiega come gli attuali NDC possano essere migliorati senza grandi stravolgimenti. Tra le 194 parti della convenzione quadro delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici (UNFCCC) che hanno presentato i Nationally Determined Contributions, 145 fanno riferimento alle fonti rinnovabili come strumento per attenuare i cambiamenti climatici, mentre 109 le citano esplicitamente negli obiettivi dei loro contributi. Sommando gli impegni riportati nei vari NDC, si ottiene una tendenza di nuova capacità rinnovabili a livello mondiale di 80 GW l'anno entro il 2030.
Il primo suggerimento che arriva da IRENA, dunque, è quello di includere in tutti i contributi nazionali obiettivi rinnovabili. Il secondo quello di considerare le attuali tendenze di crescita: mentre la capacità installata globale dell'energia pulita è aumentata di circa l'8,5% l'anno tra il 2010 e il 2016, l'attuazione degli obiettivi verdi negli NDC porterebbe ad un aumento annuo medio di appena il 3,6% nel periodo 2015-2030.
I paesi potrebbero dunque utilizzare l'opportunità presentata dall'aggiornamento degli NDC, fissato per quest'anno, per esaminare se i loro componenti di green energy possano essere rafforzate o meno. In Africa, ad esempio, gli NDC potrebbero raggiungere, un target di 310 GW rinnovabili entro il 2030, quasi quattro volte e oltre la capacità attuale. Allo stesso modo gli NDC dei paesi del G20 – responsabili dell'80% delle riduzioni globali di emissioni di CO2 legate all'energia, necessaria entro il 2050 – potrebbero mirare a una capacità rinnovabile installata di 4,6 TW entro il 2030. Ovvero ben 3,2 TW in più rispetto alla situazione attuale.
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