Il piatto più indigesto per Boris Johnson alla cena offertagli ieri sera a Bruxelles dalla presidente della Commissione Europea arrivava direttamente dalla Cancelleria di Berlino. L'aveva cucinato Angela Merkel in persona, sotto forma di quella che fonti europee definiscono "clausola evolutiva", ma che il premier britannico ha ribattezzato "la clausola capestro": ovvero la pretesa a nome dell'Europa intera di istituire nella futura (e tuttora assai ipotetica) intesa commerciale tra Londra e l'Ue un meccanismo che impedisca a una delle due parti di opporsi, assicurandosi un vantaggio competitivo, all'innalzamento da parte dell'altra dei propri standard lavorativi, sociali o ambientali. Condizioni che devono aver reso il cruciale dialogo personale dell'ultim'ora tra Johnson e Ursula von der Leyen simile a quello tra due sordi.
La clausola della discordia, imponendo coerenza in aree strategiche tra il diritto Ue e quello britannico, è vista dagli europei come una garanzia irrinunciabile dell'integrità del mercato comune, ma è percepita da Johnson come un'inaccettabile pretesa europea di obbligare Londra ad adeguarsi alle sue future norme ambientali e sociali, nelle sue parole "il diritto di punire il Regno Unito nel caso in cui rispettasse le sue nuove leggi". Un nodo, quello della gestione dei futuri standard normativi britannici, assai difficile da sciogliere al tavolo negoziale e di tale importanza da far passare in secondo piano almeno in apparenza l'altro che fino a ieri sera era ancora irrisolto: l'accesso delle flotte europee nelle acque britanniche. Un tema che però è sentito come prioritario soprattutto da Parigi, tanto da far dire ai commentatori inglesi che il presidente francese Emmanuel Macron, che oltretutto contende alla Merkel il ruolo di guida politica dell'Ue, era il vero convitato di pietra ieri sera a Bruxelles. E che era pronto a ritagliarsi un ruolo da protagonista al Consiglio Europeo che si apre oggi.
L'accordo sulla Brexit è dunque ancora lontano. I tre principali protagonisti (la Germania rappresentata dalla Merkel detiene la presidenza di turno dell'Ue) ripetevano però di non essere rassegnati al "No Deal", ovvero a un fallimento completo dei negoziati che sfocerebbe in un divorzio senza regole con la pessima (per tutti, al di là della retorica barricadiera di Boris Johnson) prospettiva di una guerra commerciale tra Paesi alleati. Per evitare l'anacronistico ritorno di dazi e controlli alle frontiere, al di là delle rigide affermazioni di principio, è indispensabile un qualche tipo di compromesso, e quindi che entrambe le parti siano disposte a concedere qualcosa di importante. Nelle parole pronunciate ieri dal capo negoziatore britannico Michael Gove questo qualcosa potrebbe consistere appunto in concessioni sui diritti di pesca, ma non sembra che questo basti ad ammansire la Merkel. La quale guiderà per due giorni a partire da oggi un Consiglio Europeo già appesantito da temi legati alla pandemia di Covid-19 come la riforma del Mes e la trattativa sul Recovery Fund, senza dimenticare il braccio di ferro di Berlino con Polonia e Ungheria sull'approvazione del bilancio europeo 2021-27.
La Cancelliera tedesca ha chiarito in anticipo che non intende investire il Consiglio Europeo della questione Brexit in mancanza di una credibile intesa entro oggi. Tutto è dunque condizionato dall'esito dell'incontro tra Boris Johnson e Ursula von der Leyen, che oggi ne riferirà ai capi di Stato e di governo dell'Unione.
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