"Era un caos, un inferno". Un operatore del 118 di Taranto in servizio all'ospedale Moscati tra ottobre e novembre racconta cosa ha visto e vissuto in quei giorni. Lo fa in anonimato a Repubblica, per tutelarsi, ma si rende disponibile a conferire con la magistratura. "Per una questione di giustizia", spiega. Un racconto, il suo, che ha punti in comune con le denunce per scarsa assistenza e strutture non adeguate, presentate da alcuni parenti di pazienti morti per Covid nell'ospedale in quel periodo, e con quelle dei sindacati Anaao Assomed e Cgil Cisl e Uil funzione pubblica. La più tristemente nota è la frase pronunciata dal medico al paziente in fin di vita: "Tra dieci minuti muori".
Ma ci sono anche numerosi altri casi simili. Denunce che si sono poi aggiunte a quelle di presunti furti di beni e oggetti dei familiari, alle quali l'Asl ha risposto mettendo a disposizione l'ufficio relazioni col pubblico e sottolineando come nei depositi del Moscati siano presenti numerosi oggetti non ancora ritirati. Mentre nel frattempo indaga la procura.
di
Gino Martina
Chiama inferno la struttura realizzata per accogliere e curare i malati Covid. È una definizione grave.
"Lo so, ma posso documentare tutto. In quella struttura messa su dal 118 al di fuori del Moscati ho visto cose difficili da raccontare".
Cosa?
"Pazienti presi in carico in modo promiscuo, sintomatici fatti attendere prima del tampone nella postazione di primo intervento con persone che poi magari il Covid non l'avevano. Cartelle cliniche, se possiamo chiamarle così, visto che quelli non erano veri e propri ricoveri, arrangiate e sparpagliate assieme ai fogli delle terapie, dove a volte erano sbagliati i cognomi. Molti pazienti non avevano ancora i fogli di terapia e le loro cartelle anche se erano lì da due giorni".
di
Gino Martina
Perché non c'erano le cartelle cliniche ufficiali?
"Perché di fatto non erano ricoverati, la cartella clinica la fai al momento del ricovero e i pazienti non erano ufficialmente ricoverati. Erano lì in carico al 118. A quale reparto ospedaliero dovevano intestarla?".
Ma in quei reparti non operavate solo voi del 118, c'erano le consulenze degli specialisti?
"C'erano delle consulenze di altri medici che venivano da altri reparti ma poi per il resto c'eravamo noi, medici e infermieri del 118. Due per turno tra i medici e sei tra gli infermieri. Ma con quei numeri non potevamo reggere".
di
Gino Martina
Cosa accadeva?
"Programmavamo la giornata in un certo modo ma dopo un po' invece delle tre quattro persone, al punto di primo intervento ne arrivavano il doppio, con ambulanze in fila che attendevano anche 12 ore".
I dirigenti parlano di un modello efficace, che ha evitato a Taranto la fila interminabile di ambulanze e permesso di prendere in carica subito i pazienti.
"Smentisco. Le file c'erano. Inoltre avevamo da cinque a sei camere occupate, utilizzando anche quella della Tac. Camere non progettate per accogliere pazienti Covid, più nove pazienti che diventavano 11 nell'auditorium, più i 20 del container e quattro, che a volte diventavano anche sette, nella sala d'attesa del Punto di primo intervento. A queste strutture vanno aggiunte l'uso delle due tende, nonostante la protezione civile avesse dato parere negativo al loro utilizzo, perché non adeguate".
di
Gino Martina
Mette in discussione l'organizzazione mista tra 118 e Asl messa su in quelle settimane per far fronte alla seconda ondata della pandemia. Perché?
"Con più di 50 pazienti fissi quando ne risultavano 28, per alcuni giorni buste di plastica usate da noi come calzari, assieme a mascherine non adeguate, turni anche di 12 ore e spazi insufficienti o non attrezzati, che organizzazione doveva esserci?".
Da ciò che racconta lavoravate in condizioni difficilissime.
"M'incazzo quando sento parlare di maltrattamenti verso i pazienti. Ognuno di noi ha fatto ciò che poteva fare ma ci hanno mandato a combattere una guerra senza fucili. Non ci capivamo nulla, appena avevi in mente l'organizzazione dopo tre secondi cambiava tutto, per un paziente che se ne andava ne arrivavano quattro, che attendevano nelle camere del corridoio dove non c'erano la pressione negativa e i flussi metri a muro. Poi erano messi nella sala attesa triage, poi nelle tende, nel frattempo positivi e negativi erano mischiati in attesa di un tampone. L'errore è stato mandare tutti lì, anche persone che magari potevano essere curate in casa".
di
Gino Martina
Ma poi sono stati attivati altri posti in altri ospedali, da Manduria a Grottaglie, alla clinica Santa Rita.
"Sì, ma è stato fatto quando quella struttura del 118 è stata smantellata, perché si sono resi conto che non poteva reggere. Oltretutto, l'aver reclutato personale sanitario dal resto della provincia ha messo in difficoltà il resto del territorio, con postazioni 118 ridotte all'osso e personale che si è infettato".
Sembra che la situazione sia sfuggita di mano.
"Certo, una situazione che ha fatto impazzire le persone, tra paure, deliri e stress. Se tu lavori per due turni di fila potrai mai essere riposato e lucido? Se fai due turni bardato per 12 ore, visto che già dopo tre ore con quelle tute cominci ad andar fuori di testa in un ambiente saturo di Covid, cosa vuoi che vada bene? Abbiamo lavorato non ottemperando alle normative sulla sicurezza, con mascherina Ffp2, che hanno efficacia al massimo per tre ore, invece delle Ffp3. Inoltre, sono stati mandati lì degli infermieri giovani allo sbaraglio, alle prime esperienze, non in grado di affrontare un'emergenza come quella del Covid. Se non si hanno le risorse a sufficienza non si decide di concentrare tutti i malati in un posto".
Cosa si sente di dire ai parenti dei pazienti che hanno perso i loro cari?
"Che sono amareggiato, e li comprendo. Gli eroi sono anche loro, che hanno ricevuto una fredda telefonata che li avvisava dei loro cari morti, dopo aver sofferto in silenzio".
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