Non fanno praticamente nulla per otto mesi l'anno, se non dormire profondamente, o almeno così sembra. In realtà infatti azionano un ingegnoso sistema di riciclo che permette loro di resistere anche senza cibo durante i mesi più duri e di trovarsi così pronti una volta venuto il tempo del risveglio. Stiamo parlando degli scoiattoli artici (Urocitellus parryii o Spermophilus parryii) e delle loro strategie metaboliche per sopravvivere durante l'ibernazione, illustrate oggi in uno studio pubblicato su Nature Metabolism, guidato da Sarah Rice della University of Alaska di Fairbanks. Studiarle è lungi dall'essere puro interesse di naturalisti e zoologi, perché potrebbe aiutarci a comprendere meglio come agire per esempio per contrastare la perdita di massa muscolare negli anziani, o come far fronte allo stress cui è sottoposto il fisico durante i viaggi spaziali. Sono questi infatti alcuni tra i motivi per cui si studiano i meccanismi che permettono agli animali di ibernarsi.
Lo scoiattolo artico, un animale di 30-40 cm per un kg di peso circa, si iberna per circa otto mesi l'anno. Maschi e femmine lo fanno in maniera diversa, ricordano dall'Alaska Department of Fish and Game: le femmine, infatti, si addormentano circa un mesetto prima e si risvegliano anche poche settimane dopo dei maschi, con un sonno profondo che comincia a cavallo tra agosto e settembre, in cui metabolismo e temperature si abbassano, fin sotto lo zero. In realtà questa fase di torpore è intervallata da brevi momenti di risveglio, della durata di 12-24 ore in cui le temperature amentano per poi diminuire di nuovo. Cosa accade agli scoiattoli artici mentre si mettono in pausa dal mondo? In particolare, da dove viene e perché si osserva negli animali un aumento dell'azoto?
Per cercare di far luce sul metabolismo degli scoiattoli artici durante l'ibernazione, i ricercatori sono ricorsi all'uso di amminoacidi e altre sostanze marcate (con isotpi dell'azoto e del carbonio) e prelievi di sangue, su alcuni animali monitorati da vicino in laboratorio, così da seguire il percorso dell'azoto e analizzare la produzione di metaboliti. È in questo modo che sono riusciti a dimostrare come durante al fase di ibernazione si osserva una lenta distruzione dei muscoli e un aumento dell'azoto libero, che viene riciclato per la formazione di amminoacidi, a supporto della sintesi di nuove proteine, e di sostanze che sostengono la capacità antiossidativa durante il risveglio dal torpore, si legge nel paper. Tutto questo, oltre a far luce sulla biologia dell'ibernazione potrebbe avere risvolti importanti anche per l'uomo, concludono gli autori, “come modello di resilienza metabolica durante l'inattività estrema o in caso di carenze nutrizionali”. Come, per esempio, in caso di sarcopenia o durante i viaggi spaziali.Original Article
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