La stampa canaglia accolse con scetticismo la Nazionale di Bearzot nel ritiro premondiale di Alassio. C’era una certa diffidenza: fra Argentina ’78 e il 1982 lo scandalo scommesse aveva travolto il calcio italiano. Paolo Rossi era stato fermo per due anni, solo Bearzot lo aveva aspettato, chiamandolo al Mondiale un mese dopo la fine della squalifica. Il ct lo aveva preferito a Pruzzo, scatenando le solite liti geocalcistiche. Era una Nazionale targata Juventus, prima di tutto in difesa. Paolo Rossi era già Pablito dall’Argentina, i mondiali si sarebbero chiamati Mundial anche vent’anni dopo, dopo tre edizioni consecutive in paesi che parlavano castigliano.
di
Luigi Panella
La canzone di quel ritiro era “Azzurro vacanza, azzurro speranza”, product placement della spendida cittadina ligure, non proprio una haka, rima asciugare/mare e ritornello. La Nazionale viveva sotto traccia, il calcio italiano cercava una uscita dal periodo nero dei tribunali, il Paese faceva i conti con un altro politico ammazzato dopo Aldo Moro, il deputato comunista Pio La Torre, trucidato dalla mafia insieme al suo autista.
In quella squadra, Paolo Rossi non era certo dei più appariscenti: molti colleghi oggi lo hanno già raccontato. Era piccolo e magro, i più anziani lo associavano a Garrincha ridacchiando, certo non un centravanti di sfondamento. Era una squadra che aveva bisogno di fare blocco contro un nemico, e il nemico preferito diventò la stampa. Gli Azzurri non gradivano le domande sulle partite truccate, e nemmeno i pronostici sfavorevoli. Nacque e si cementò ad Alassio quella avversione nei confronti dei giornali che avrebbe poi portato al silenzio stampa. Gli Azzurri stavano in collina, alla “Puerta del Sol”, c’era la piscina, un campo di biliardo e un tavolo da ping pong, gli azzurri erano sempre pettinati, le divise austere, i loro allenamenti sempre sold out. Il vecio ct offriva il petto alle domande, sotto un ombrellone.
Paolo Rossi era timido, si aprì solo agli inviati della Rai Gianni Minà e Beppe Viola, diceva di essersi fatto due anni di squalifica senza colpe. Un terzo anno gli fu scontato proprio in nome dei Mondiali, e possiamo dire con serenità che si è riscattato.
di
Maurizio Crosetti
Con lui e grazie a lui si riscattò il paese: era la Nazionale di un paese devastato da terrorismo, mafia e P2, partiva in tono minore ed era sfavorita. Nessuno credeva all’Italia, forse solo il partigiano presidente, Sandro Pertini.
Quella squadra fu il miracolo di Enzo Bearzot. E quello che segnò tre gol al Brasile era un Pablito senza più fantasmi, come scrisse Mario Sconcerti. Il resto della storia la sapete già.
Paolo Rossi sì, fu perdonato e vinse.
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