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Lo scontro fra Conte e Renzi minaccia il governo. Zingaretti richiama i duellanti

AGI – Nè con Giuseppe Conte, nè con Matteo Renzi: il Partito Democratico "non partecipa a dispute interne al governo", fa sapere Nicola Zingaretti in un post su Facebook in cui trapela una certa inquietudine per lo stato di salute di governo e maggioranza. L'oggetto implicito dell'intervento del segretario è lo scontro in corso fra il premier e il leader di Italia Viva sulla governance del Recovery Fund.

Ieri, nel suo intervento al Senato, Matteo Renzi ha messo sul piatto la permanenza del suo partito nel governo, dicendo chiaramente che se sono le poltrone l'obiettivo di Giuseppe Conte, lui è pronto ad accontentarlo con le tre attualmente occupate dalle ministre di Italia Viva e dal sottosegretario, Ivan Scalfarotto. Parole accompagnate dall'accusa a Conte di trascurare la necessaria "collegialità" nel suo ruolo di capo di governo.

Un richiamo, quest'ultimo, che il Pd aveva già lanciato all'indirizzo del governo, chiedendo al governo di aprire un dibattito ampio, nel Paese e in Parlamento, coinvolgendo anche le opposizioni sul tema del Recovery Fund. "Avremo di fronte tra qualche giorno una proposta sul Recovery Fund. È una proposta, non un pacchetto conchiuso in se stesso.

È figlia del lavoro positivo di questi mesi, ma è doverosamente aperta al confronto in Parlamento, anche con le opposizioni, e nel Paese", spiega Zingaretti. Nessuna predilezione per questo o quello schema sulla cabina di regia che dovrà sovrintendere ai progetti finanziati con le risorse europee, ma totale fiducia nelle scelte che verranno prese in sede di Consiglio dei Ministri, fanno sapere i dem.

L'importante è mettere a punto un piano che serva davvero al rilancio del Paese. Assieme a questo, tuttavia, il Pd mette in guardia – e lo fa ormai da giorni – rispetto al rischio di un pantano potenzialmente letale per l'esecutivo se è vero, come più volte ripetuto dal segretario Pd, che "il governo va avanti se fa le cose". E "le cose" che i dem hanno segnato di rosso in agenda sono innanzitutto le riforme.

Tema per il quale hanno chiesto e ottenuto un tavolo di maggioranza che, però, non sta dando i frutti attesi. Ma anche sui temi di più immediato interesse – non fosse altro che per la tempistica stringente che richiedono – come il Mes e il Recovery Fund, il lavoro non procede in modo spedito. Anzi: sono proprio questi temi ad essere utilizzati come 'bandiere' per "interessi di parte", come denuncia lo stesso Zingaretti.

Ce n'è abbastanza per spingere il segretario, che nelle ore più calde dello scontro fra Conte e Renzi si è tenuto lontano dal ring, a mettere mano alla tastiera e scrivere un post che ha il sapore dell'ultima chiamata: "Ricomporre le differenze per continuare degnamente a guidare il Paese non è una perdita di tempo", scrive Zingaretti, "evitare che prevalgano interessi di partito e che ognuno vada per conto proprio non è una perdita di tempo".

In gioco c'è molto di più della semplice tenuta del governo, c'è la possibilità che "questa alleanza politica possa affrontare la ricostruzione italiana, con un afflato più unitario e un senso di appartenenza circa l'impresa che ci aspetta più alto e consapevole, è la sola strada per cogliere le opportunità che, nonostante le difficoltà, la Repubblica ha davanti a sé".

Il Partito democratico si guarda bene dall'entrare nella disputa in corso fra Giuseppe Conte e Matteo Renzi sulla governance del Recovery Plan. Quello che sta a cuore ai dem, come spiega una fonte parlamentare di primo piano, è garantire al processo di stesura del Recovery Plan e alla sua realizzazione pratica "velocità e semplificazione". Sono questi i due pilastri che dovrebbero ispirare la cabina di regia di palazzo Chigi, qualunque sia la forma che gli verrà data.

I dem non si vogliono 'appendere' a uno schema o all'altro: da giorni, i massimi esponenti della segreteria ripetono che lo strumento per realizzare gli obiettivi del Piano li decide il governo, in sede di Consiglio dei Ministri. Su questo, sottolineano i dirigenti dem, piena fiducia in ministri e capi delegazione. E tuttavia rimangono le perplessità sul fatto che possano essere le strutture ministeriali ad affrontare la sfida rappresentata dai 209 miliardi di risorse messe a disposizione dall'Europa con il Next Generation Eu.

Fra i parlamentari è scarso, per non dire nullo, l'interesse per il dibattito fra pro e contro la task force evocata dal presidente del Consiglio. Un dibattito "strumentale", sottolinea un deputato ricordando che "anche i renziani, fino a pochi mesi fa, chiedevano di applicare il modello Expo e quello Genova un po' a tutto, a cominciare dal Piano Shock di Renzi".

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