Perché costruire case popolari quando si può tagliare il canone d'affitto? È l'ultima idea del Pd per aiutare chi è in difficoltà: il welfare a carico del privato.
Dopo le due proposte di patrimoniale che hanno ripreso l'iter legislativo dopo essere state fermate per mancanza di copertura, spunta un'altra iniziativa parlamentare che mira a espropriare diritti di proprietà. Stavolta la firma è di un drappello di deputati Pd tra cui il veneto Nicola Pellicani, già giornalista di Repubblica, la lombarda Chiara Braga, renziana rimasta nel Pd con Zingaretti e l'abruzzese Stefania Pezzopane. L'emendamento alla legge di Bilancio prevede il diritto per chi vive in affitto di pretendere la rinegoziazione del canone. Unico requisito richiesto: sostenere di aver subito un calo del reddito di almeno il 50 per cento o comunque una diminuzione dei guadagni tale che il canone d'affitto arrivi a pesare per oltre il 30 per cento sullo stipendio mensile. Ma mentre per accedere a simili agevolazioni pubbliche è necessario presentare qualche prova, per questo taglio forzoso dell'affitto basterà una semplice autocertificazione.
Unica foglia di fico prevista dalla misura per evitare di poterla classificare direttamente alla voce "esproprio proletario", è la necessità di ricorrere a una procedura di negoziazione. Ma, di fatto, resta il carattere forzoso del taglio: se il proprietario di casa non si presenta alla negoziazione, prevede l'emendamento, l'affittuario potrà rivolgersi al giudice per ottenere un provvedimento cogente di rinegoziazione del canone. La norma prevede anche un modesto incentivo, il taglio del 5% della cedolare secca e un alleggerimento dell'Imu, ma se il proprietario non si presenta alla negoziazione perde anche questi sconti. "Lo sconto fiscale è un palliativo – protestano da Confedilizia – qui siamo di fronte a un taglio forzoso che introduce una distorsione nel mercato: già oggi migliaia di proprietari accordano rinegoziazioni temporanee del 30-40% del canone a inquilini in difficoltà pur di tenerseli: ma così si introduce un elemento estraneo, la mano pubblica che si intromette nella trattativa tra privati".
Ma c'è di più: la norma prevede anche che un eventuale procedura di sfratto pendente venga bloccata per tre mesi se l'affittuario moroso presenta la domanda di rinegoziazione.
Tre mesi in più che si vanno a sommare allo stop agli sfratti già previsto dalla normativa emergenziale anti covid del marzo scorso. Così si arriva a sospendere gli sfratti fino a marzo del 2021: un anno intero di morosità senza conseguenze. Un provvedimento che poteva aver senso all'inizio della pandemia e durante il lockdown, per tamponare le situazioni più drammatiche in attesa di programmare interventi più strutturali. Che però non sono mai arrivati. Se l'emendamento Pd dovesse passare, lo Stato continuerà a incassare le tasse dai proprietari degli immobili, ma scaricherà su di loro il costo del sostegno alle persone in difficoltà. Privati che al momento, in quanto proprietari di seconde case, stanno già pagando la più pesante patrimoniale già in vigore: 200 miliardi di tassa sulla casa in dieci anni.
E, mentre si chiede una semplice autocertificazione per provare di essere in stato di bisogno, la norma non prende assolutamente in considerazione quale sia la situazione finanziaria del proprietario di casa, considerato un ricco per definizione.
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