Anche quando tutto si ferma, per le ragioni che conosciamo, i satelliti lassù continuano a girare. Sciolti dalle catene del peso e dell’attrito, ogni giorno producono immagini, dati, connessioni e coordinate. Sono insieme un’infrastruttura e un generatore di materie prime digitali. Una miniera da scavare per produrre informazione e servizi, business, ricchezza, e consapevolezza di un Pianeta che cambia, diventa furioso, e dal quale ancora dobbiamo trovare il modo di salvare noi stessi.
L'intervista
"Spazio, satelliti e Ia: ecco perché nell’osservazione della Terra rischiamo di restare indietro"
di
Jaime D'Alessandro
La seconda edizione del Nse Expoforum, la fiera dedicata alla New space economy, ideata e organizzata da Fondazione E. Amaldi e Fiera di Roma, col patrocinio dell’Agenzia Spaziale Italiana (Asi), prende il via l’11 dicembre per una due giorni con la testa nello spazio ma i piedi ben piantati a terra. Un po’ come fanno i satelliti, ci si parlerà da remoto, per un’edizione totalmente digitale, nel rispetto delle norme anti-Covid. Ma proverà lo stesso a farsi snodo, punto di incontro e networking tra aziende, colossi dell’aerospazio, pmi e startup in un mercato che sfiora attualmente i 400 miliardi di dollari a livello globale e che potrebbe arrivare ai mille entro un ventennio.
I satelliti. Radiografie dallo spazio per curare il Pianeta
di MATTEO MARINI
Al Forum, grande importanza dunque è data all’osservazione della Terra. Un puzzle in continuo mutamento, mosso da clima, stagioni, meteo, eventi naturali e innescati dall’uomo. Da lassù con i radar misuriamo i minimi spostamenti di edifici, ponti, strade e versanti, con sensori multispettrali analizziamo lo stato delle colture, misuriamo i ghiacci e le risorse naturali. Prende forma ogni giorno, da centinaia di terabyte scaricati a terra, il gemello digitale del nostro Pianeta, con il quale generare servizi e applicazioni per amministrare le risorse in maniera sostenibile, gestire emergenze, fare impresa. Un nuovo settore e un mercato strategici dai quali non si può prescindere. Ma che vede l’Europa e l’Italia in una sorta di rincorsa per lo sviluppo di servizi, mentre negli Usa Microsoft e Space X si sono già alleate per lanciare Azure Space.
Cozze, vigne e cambiamento climatico. Chi scrive algoritmi deve avere anche una buona dose di fantasia, prendere pezzi di “domini” diversi e creare informazione utile a un cliente, sia istituzionale che privato. Si passa dal monitoraggio dell’economia in epoca Covid, con l’analisi di flussi di merci, traffico stradale e telefonico, alla coltivazione, uno degli ambiti in cui i dati geospaziali stanno trovando maggiore applicazione. Planetek Italia fa questo da più di 25 anni: “Abbiamo costruito una piattaforma che vende servizi in abbonamento per diversi settori, come l’acquacoltura – spiega Giovanni Sylos Labini, a capo dell’azienda che ha sede a Bari, che interverrà al Forum – i dati da satellite servono a misurare con molta precisione la temperatura superficiale dell’acqua e il contenuto di nutrienti, che determinano crescita dei mitili. In passato i ritmi annuali erano molto regolari, poi le cose sono cambiate. Con un modello matematico possiamo capire qual è il momento ideale per la raccolta delle cozze. Poi integriamo questi dati con le informazioni del mercato per la vendita”.
Un altro esempio è Geoville. Azienda austriaca che crea centinaia di progetti e vende servizi in tutto il mondo grazie ai dati da satellite. Uno di questi riguarda l’aumento della produzione di patate, un mercato sterminato che abbraccia tutto il globo: “Altre aziende simili attive per la viticoltura sono Ticinum Aerospace in italia e Terranis in Francia – spiega Giuseppe Borghi, capo del Phi Lab dell’Esa. Borghi racconterà al Forum il lavoro della sua struttura che ha sede a Frascati – in questo caso il problema si deve al climate change che sta cominciando ad aumentare lo stress idrico nelle zone mediterranee. È sempre più difficile irrigare viti in maniera corretta, questo stressa le piante. Terranis ha elaborato un software per gestire l’irrigazione al meglio, aumentare produzione ma soprattutto la qualità, e vinto contratti in Cile e Sudamerica con grandi aziende”. Il Phi Lab ha finanziato in parte e collaborato per dare a queste idee innovative un futuro commerciale.
La miniera e il mercato. Secondo un report 2020 dell’Earsc (l’associazione europea delle aziende di remote sensing), riguardante il futuro di questo settore, il 55% del mercato si deve al business diretto con il pubblico: servizi a governi e amministrazioni. Tuttavia, l’analisi sottolinea come ci siano ancora dei problemi di sfruttamento di questi dati che piovono dal cielo e i servizi che ne derivano, il cosiddetto downstream. In particolare la “mancanza di consapevolezza (da parte del settore pubblico) riguardo ai benefici dell’osservazione della Terra e dei servizi o la mancanza di fiducia nelle nuove tecnologie, che ne limitano l’introduzione nelle normative”.
Il Phi Lab è nato, su spinta europea e con un ruolo centrale da parte dell’Italia, per fare da incubatore e dare una spinta a ricerca e sviluppo: “L’Esa Φ-lab ha come missione istituzionale sviluppare innovazione di punta dell’osservazione della Terra – aggiunge Borghi – lo facciamo dall’Italia, aiutiamo la ricerca per individuare idee innovative, disruptive, le sviluppiamo e arriviamo fino a fare investimenti per facilitare l’adozione nel mercato del prodotto/servizio. Siamo di fatto un investitore pubblico”. Il laboratorio dispone di 100 milioni, stanziati nelle due ultime ministeriali Esa, per finanziare progetti con un business plan solido. Il 50% di questi fondi sono dedicati al settore downstream, di elaborazione dati e creazione di applicazioni e servizi.
Il mercato potenziale sembra essere in rapida espansione. Ancora i dati Earsc riportano come il valore totale dell’industria dell’osservazione della Terra pari a 57,5 miliardi di dollari nel 2019, con una crescita prevista per il 2020 fino a 75,9. E nei prossimi tre anni ci si attende un’esplosione sulle ali della “rivoluzione dei cubesat e dei nanosatelliti. Un salto in termini di risoluzione spaziale e dati quasi in tempo reale, servizi ad alto valore aggiunto grazie a digitale e intelligenza artificiale”.
La rincorsa dell’Europa e dell’Italia. In un’altra indagine del 2020 sulle compagnie del settore, l’Earsc mette in luce alcune statistiche interessanti. Le aziende censite sono 572 (+10% rispetto all’anno precedente) oltre 9.800 i posti di lavoro (+16%), le entrate ammontano a un miliardo e 380 milioni di euro (+10%, più che raddoppiate rispetto a dieci anni fa). L’Italia si posiziona quinta come numero di aziende (poco più di 40, dietro il Regno Unito, che ne ha il doppio, Germania, Francia e Olanda) e quarta come personale impiegato (circa 800, la metà della Francia, prima, e dietro a Germania e Gran Bretagna).
Posizioni che però non rispecchiano la realtà dello sforzo italiano nel costruire e mettere in orbita le costellazioni per l’osservazione della Terra. Alla ministeriale del 2019, l’Italia ha investito in Copernicus 370 milioni, è il secondo contributore europeo: “Il mercato spaziale cresce al doppio della economia globale. L’osservazione della Terra in Europa è rimasta indietro rispetto a Stati Uniti e Cina ma ora sta crescendo per diversi parametri come entrate e impiego tra 9 e 15 per cento anno su anno – afferma Borghi – sta esplodendo, gli investimenti cominciano a essere significativi. In Italia è nato quest’anno il fondo Primo Space, per finanziamenti in ambito spaziale. La prima azienda su cui hanno investito è Aiko (startup italiana che sviluppa software di Intelligenza Artificiale ndr), una delle aziende che lavorano con noi”.
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di
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“Nel campo del big data e dei market place digitali, i principali player nazionali hanno inseguito all'inizio ma ora hanno agganciato una nuova tendenza tecnologica e si stanno muovendo velocemente – spiega Paolo Minciacchi, amministratore delegato di e-Geos, l’azienda italiana più importante in questo settore – non scontiamo quindi ritardi nel mercato internazionale. Per esempio e-Geos ha sviluppato ed opera una piattaforma per la sorveglianza marittima che è molto performante e non teme la concorrenza internazionale”. La stessa e-Geos ha da poco lanciato Cleos, una sorta di app store con servizi integrati per aziende, proprio a questo scopo.
Insomma, un treno che corre veloce e sul quale sarà bene tenersi ben saldi. Soprattutto ora che, incassata la sconfitta per la corsa ad avere un proprio direttore generale dell’Agenzia spaziale europea (Esa), l’Italia punta a guidare proprio il dipartimento di Osservazione della Terra, che il nuovo Dg, l’austriaco Josef Aschbacher, lascerà per prendere il timone dell’Esa. Il centro di coordinamento del settore, l’Esrin, si trova in Italia, a Frascati, vicino a Roma.
L’Italia possiede inoltre una propria costellazione satellitare di osservazione, Cosmo-Skymed. Un’altra infrastruttura strategica che è solo nostra ed e-Geos (partecipata al 20% da Asi e all’80 da Telespazio, del gruppo Leonardo) è il distributore esclusivo dei dati: “Siamo assolutamente autonomi, con cloud sicuri e protetti e anche da punto di vista della cyber security – aggiunge Minciacchi – non ci sono ostacoli che impediscano di avere già oggi sistemi e infrastrutture di tipo nazionale. Siamo tra i primi al mondo nella tecnologia radar sia dal punto di vista del payload che delle applicazioni e degli analytics. La nostra capacità tecnologica è sulla frontiera dell’innovazione. Avremo accesso al supercomputer di Leonardo (che prenderà servizio nei prossimi mesi ndr), e ospiteremo in Telespazio la sede di uno dei laboratori per l’intelligenza artificiale che Leonardo sta sviluppando e in cui stiamo mettendo a lavorare giovani talenti per guardare al futuro. Ma e-Geos è dotata anche di una capacità di calcolo autonoma e ha collaborazioni col Politecnico di Milano e Torino e La Sapienza, per citarne alcuni, lavoriamo con l’accademia per tutto ciò che è innovativo”.
“L’Europa ha Copernicus, la missione di osservazione della Terra più bella del mondo, ma siamo troppo neutrali rispetto alle tecnologie – è l’opinione di Giovanni Sylos Labini, che ricopre anche la carica di vicepresidente dell’Earsc – se lo spazio è strategico e l’osservazione della Terra lo è, è importante sostenerla. Abbiamo investimenti sull’upstream (l’hardware, per esempio i satelliti, e la loro gestione ndr) molto sofisticati ma pochissimi interventi sul lato della domanda. In Italia scontiamo ritardi e complessità burocratiche, serve un piano nazionale di space economy, messo in piedi per la domanda pubblica, e un gruppo di acquisto pubblico orientato su questo tipo, per modernizzare la pubblica amministrazione nella gestione territorio”.
Anche la valutazione di Borghi va in questo senso: “L’osservazione della Terra è di fatto nata decenni fa principalmente per osservare il nemico, ora si muove a beneficio dei contribuenti. Rispetto a Francia e Germania stiamo forse scontando una minore continuità di visione politica nel settore. La Francia, anche per interessi politici e militari, ha sempre investito tantissimo. La struttura industriale francese è quindi storica. In Italia scontiamo una partenza più recente. Ma ci sono moltissime realtà che stanno nascendo, c’è molta vitalità. La sfida per noi è tramutare tutto questo in business. Per fare un paragone, gli investimenti privati del settore a partire dal 2000 ammontano a 14.8 miliardi di euro nel mondo, in Europa si fermano a circa il 25% mentre negli Usa si avvicinano ai due terzi”.
Vedremo nei prossimi mesi quanto sarà destinato a questo specifico settore, nella ripartizione del Next generation Eu, i 200 miliardi del cosiddetto Recovery fund destinati all’Italia per ripartire dalla crisi scatenata dal Covid.
Supercomputer e Ai. Un tempo c’erano le immagini, stampate e analizzate da occhi (umani) esperti nel riconoscere nelle foto satellitari imbarcazioni, infrastrutture e obiettivi militari come aeroporti o batterie di missili. Questo perché era tecnologia riservata esclusivamente alla Difesa dei diversi Paesi. La digitalizzazione ha reso tutto più agile e liquido, i numerosi sensori ora in orbita (e in volo) generano quantità di dati impossibili da gestire “manualmente”. Solo Copernicus genera qualcosa come 250 terabyte al giorno. C’è bisogno di algoritmi, Ai e grandi capacità di calcolo anche per incrociare dati da fonti diverse, come indici di borsa e traffico telefonico: “Gli algoritmi basati sull’intelligenza artificiale e reti neurali fanno data fusion, fondono diversi tipi di dati per rendere l’informazione sempre più competitiva e automatizzata: serve a estrarre parametri e indici per decision making. Il futuro dell’analisi dettagliata è dettata dalle esigenze dell’utente, che sia una società finanziaria un operatore di intelligence o un agricoltore. Bisogna identificare gli indici che servono”, prosegue Minciacchi.
Per esempio usando un supercomputer come quello di Leonardo, o grazie al cloud computing. In italia l’Infn gestisce una rete di supercalcolo alla quale le imprese possono avere accesso: “Anche noi nel ‘digraziato’ Sud siamo fortunati ad aver accesso al Recas nota Sylos Labini – uno dei centri di questa rete, l’Europa per Copernicus ha creato una rete di super calcolo ad hoc, Dias, macchine sostenute dall’Europa con costi competitivi. Ma questi sono servizi che si possono acquistare, per esempio, anche dal sistema di cloud computing di Amazon”. Stando ai dati pubblicati da Earsc, proprio Amazon web services è più gettonato per l’accesso e l’elaborazione dei dati Copernicus rispetto agli hub nazionali o allo stesso Dias, che è stato creato ad hoc.
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di
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La spinta alle attività spaziali innescato dall’accesso più economico all’orbita, il volume di dati che sono ormai una commodity, e la digitalizzazione hanno dato possibilità anche ad aziende medie e piccole, per non parlare delle realtà nate fuori dal contesto spaziale, di sviluppare applicazioni e servizi. E di venderli. I dati delle Sentinelle (la costellazione europea Copernicus), per esempio, sono gratuiti e a disposizione di chiunque li voglia utilizzare, anche a scopi commerciali: “Nel contempo sono cresciute anche altre piattaforme come i droni, che hanno agibilità maggiore sulle piccole superfici – sottolinea Minciacchi – ci sono poi l’Internet of things, tanti dati disponibili sul contesto geopolitico e socioeconomico come ad esempio il traffico merci, telefonico e le posizioni delle imbarcazioni in mare. Tutte informazioni da integrare grazie all’emergere di nuove tecnologie come l'high power computing, cloud computing, algoritmi e intelligenza artificiale”.
Space for citizen. Come messo in luce anche dal rapporto Earsc, il mercato europeo, da questo punto di vista, sconta una frammentazione: “Serve un cambio di paradigma, un’inversione della catena tecnologica – osserva Minciacchi – queste tecnologie possono aiutare da tantissimi punti di vista lo sviluppo sociale ed economico a favore delle persone, cioè lo "Space for citizen". Ma è una transizione che va aiutata. Tanti enti chiedono tante cose simili, sarebbe invece auspicabile una richiesta europea chiara ed aggregata: invece di avere 50 progetti frammentati, meglio avere un solo grande progetto. Questo comporta avere progetti nazionali ed europei per infrastrutture, beni culturali, agricoltura, gestione del dissesto. Un’aggregazione della domanda che consenta sviluppo industriale, crescita della filiera nazionale ed in prospettiva dell’occupazione. Noi siamo pronti”.
L’orizzonte è vasto con nuove e ancora inimmaginabili opportunità di business: “Vendiamo in tutto il mondo, anche in Francia e Nuova Zelanda, un servizio di monitoraggio acquedotti – racconta Sylos Labini – usando i dati di interferometria radar, misuriamo con grande precisione lo spostamento del terreno: quando si muove, i tubi tendono a rompersi. Noi senza metterci piede siamo in grado di ricostruire aree a rischio e indirizzare le squadre di manutenzione. Con questa tecnologia l’operatore risparmia 4.000 euro a chilometro. Parliamo di operatori che ne gestiscono centinaia di migliaia”. A cascata devono (dovrebbero) andare a vantaggio anche di chi paga il servizio finale, cioè i cittadini.
“Pensiamo alla potenzialità per incrementare la sostenibilità in ambito agricolo – conclude Minciacchi – per ottimizzare l’uso dell’acqua nell’irrigazione. Oppure la troppa dispersione dei fertilizzanti, tutto a vantaggio dell’ambiente. Altri esempi sono l’esigenza da parte di operatori oil & gas di individuare perdite nelle condotte; il campo minerario, in cui l’interferometria permette di tenere sotto controllo fenomeni di subsidenza e smottamento, aumentando così la sicurezza delle miniere. Unendo dati radar e gps, possiamo capire se una piattaforma petrolifera si muove oppure c’è una perdita di idrocarburi in mare. La stessa tecnologia può essere utilizzata per monitorare l’inquinamento da idrocarburi causato da imbarcazioni”.
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