Bruxelles-Londra – L'Europa si prepara al peggio, ora teme davvero un No Deal con il Regno Unito e vara il piano d'emergenza per cercare di minimizzare l'impatto, comunque disastroso, di una Brexit senza accordo. Al termine della cena di ieri sera a Bruxelles con Boris Johnson, la presidente della Commissione Ue, Ursula von der Leyen, e Downing Street hanno parlato di posizioni "molto distanti". E ormai restano solo tre giorni, fino a domenica, per chiudere un accordo sui futuri rapporti commerciali tra i due blocchi. Un'impresa, tanto che gli europei si chiedono se in così poco tempo sarà davvero possibile chiudere fratture ormai calcificate su concorrenza leale, ovvero gli standard sociali, ambientali e sugli aiuti di stato che il Regno Unito deve rispettare per esportare nella Ue senza dazi, la governance sui futuri conflitti e la pesca.
Ecco perché in mattinata la presidente della Commissione europea ha annunciato il contingency plan, il piano d'emergenza in caso di no deal, che ha già recapitato al Parlamento europeo. In questo scenario, i rapporti tra i due blocchi verrebbero regolati tramite le norme, e i dazi, del Wto. Bruxelles per evitare che il primo gennaio la Manica si trasformi in un muro tra il continente e il Regno Unito, provocherebbe il caos, propone che per i primi sei mesi del 2021 vengano assicurati – senza aspettare un lungo negoziato ad hoc – i collegamenti di aerei, navi, treni e camion alle stesse condizioni di oggi. Un punto sul quale Londra non dovrebbe obiettare.
Il Regno Unito non ha pubblicato un contigency plan specifico ma i preparativi, o perlomeno le loro intenzioni, sono stati comunicati nel corso degli ultimi mesi. Per quanto riguarda l'aviazione, per esempio, il governo britannico ha sempre detto di "voler aspettare la mossa dell'Ue" sui piani in caso di No Deal, arrivati oggi, e di rispondere in maniera "speculare", con "l'obiettivo finale tuttavia di non creare disagi al traffico aereo e stradale", ha detto qualche settimana fa il ministro dei Trasporti britannico Grant Shapps. È probabile dunque che una "proroga" sui trasporti in questo senso sia accettata anche da Londra. Il governo britannico, tra l'altro, per quanto riguarda camion e trasporti di beni su gomma, ha fatto sapere da tempo che, per almeno sei mesi, si comporterà come se fosse ancora in Europa, con i controlli al minimo, non tanto per spirito collaborativo ma per una questione molto pratica: al momento il Regno Unito non ha né la capacità né gli uomini né gli spazi fisici per un instaurare un regime di controlli da Paese extra Ue.
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dal nostro corrispondente
Antonello Guerrera
Tuttavia anche con questi accordi d'emergenza, è lecito aspettarsi che i primi giorni del nuovo anno in caso di no deal saranno estremamente caotici. Fonti europee tra l'altro hanno ricordato che dal primo gennaio a causa del Covid i cittadini britannici, come quelli di ogni Paese terzo, non potranno entrare dento l'area Schengen per turismo. Inoltre quando la pandemia sarà alle spalle, gli inglesi per venire in Europa saranno soggetti a visti e dovranno avere l'assicurazione sanitaria, esattamente come coloro che oggi arrivano da nazioni extra-Ue. Per quanto riguarda la frontiera britannica invece, accordo o meno, di certo il 1 gennaio 2021 si interromperà la libera circolazione dei cittadini europei che quindi dovranno chiedere un visto per entrare stabilmente e poter lavorare, mentre questo non sarà necessario se si è turisti (si può rimanere però un massimo di sei mesi in Regno Unito, contro i tre per i cittadini Uk in Europa).
Infine Europa e Gran Bretagna non litigano solo sull'accordo commerciale, ormai sempre più in bilico, ma anche su pezzi del piano d'emergenza che per entrare in vigore ovviamente dovrà essere accettato da entrambe le parti per garantire la reciprocità delle misure. Bruxelles propone di lasciare in vigore per un anno le attuali regole sulla pesca che garantiscono ai pescatori libero accesso nelle acque territoriali dei due blocchi, anche dopo il No Deal, e per tutto il 2021. Una proposta che irrita i brexiter inglesi ma anche lo stesso governo di Boris Johnson, che in questi mesi ha sempre ripetuto che Brexit significa "riappropriazione della propria sovranità". "Impossibile accettare qualcosa del genere", dice una fonte da Downing Street. Anche perché il Regno Unito, in caso di un'uscita brutale senza accordo, in base al contigency plan dell'Ue sarebbe sottoposta a dazi e tariffe dall'Europa ma allo stesso tempo si troverebbe a condividere ancora le proprie acque con pescatori dal continente. Insomma, al Numero 10 e a Whitehall quella di oggi dell'Europa viene considerata quasi una provocazione, anche perché la pesca è un argomento sensibile ed estremamente patriottico in Regno Unito, soprattutto in Scozia, che Johnson vuole tenere legata al Regno Unito nonostante la crescente ondata indipendentista.Original Article
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