ROMA – Fermi gli asili nido e le scuole materne, mentre rimangono aperte tutte le altre scuole, chiusi o a servizio ridotto molti uffici pubblici: stamane è scattato uno degli scioperi più discussi degli ultimi tempi, contestato persino dalle altre sigle sindacali che ne hanno preso le distanze giudicandolo perlomeno inopportuno, data la situazione di grande sofferenza del Paese determinata dal Covid-19. Proprio per la pandemia, alla fine lo sciopero per l’intera giornata proclamato da Fp-Cgil, Cisl-Fp, Uil-Fpl e Uil-Pa per il rinnovo del contratto, comporterà molto probabilmente disagi inferiori per gli utenti rispetto a situazioni analoghe, soprattutto nel settore sanitario. Se è ovvio infatti che da sempre lo sciopero non può coinvolgere gli operatori del Pronto Soccorso, che devono comunque garantire i livelli abituali di servizio, né può fermare gli interventi urgenti, stavolta il Garante degli scioperi ha chiesto anche che tutte le prestazioni rese nei “reparti Covid” godano dello stesso livello di garanzia. Non solo: il Garante lancia anche un appello più generale ai sindacati perché adottino misure per «contenere e mitigare i disagi per i cittadini». Disposizione che si traduce, per esempio, nel fatto che anche uffici come l’Anagrafe o la Polizia municipale debbano garantire un contingente più numeroso del solito.
Esigenze di cui i sindacati assicurano che intendono tenere conto, pur respingendo invece le contestazioni di chi (esponenti politici, ma non solo) bolla i dipendenti pubblici come “privilegiati” perché, a differenza delle altre categorie di lavoratori, non hanno perso né perderanno il proprio posto di lavoro a causa della pandemia.
Cgil, Cisl e Uil ribadiscono con forza le ragioni della protesta, a cominciare dall’insufficienza delle risorse messe a disposizione dal governo per il rinnovo del contratto, scaduto nel 2019, 3,8 miliardi, pochi per garantire aumenti minimi anche alle fasce più basse. Chiedono la stabilizzazione dei precari, ormai circa 350 mila per via del blocco pluriennale dei concorsi e delle assunzioni, e tra i quali ci sono anche 60 mila operatori sanitari; maggiori garanzie per la sicurezza dei lavoratori; un tavolo per i temi più importanti da affrontare in questo momento, a cominciare dallo smart working. «I lavoratori pubblici scioperano perché vogliono che la pubblica amministrazione sia riformata, e non si riforma senza fare assunzioni e investimenti», sintetizza la segretaria generale della Cisl Annamaria Furlan.
Lunedì è arrivata la convocazione della ministra della Pa, Fabiana Dadone. L’incontro è fissato per domani. L’intento era sicuramente anche quello di creare le condizioni per la revoca dello sciopero, che invece non c’è stata, i sindacati hanno giudicato l’invito tardivo. Mentre verranno accolte le richieste del Garante, assicura Michelangelo Librandi, segretario della Uil-Fpl: «Avevamo già previsto una maggiore garanzia dei servizi essenziali, e non intendiamo bloccare il Paese. Le 130 manifestazioni che abbiamo organizzato in tutta Italia hanno un tetto di partecipanti a seconda dello spazio: per esempio a Roma davanti a Palazzo Vidoni saremo in 60, a Trieste in piazza dell’Unità d’Italia 130. La maggior parte dei dipendenti sanitari sono stati esentati dallo sciopero. Pur essendo in servizio, indosseranno però un cartello con su scritto “Non mi fermo ma protesto”». Per i ministeri, ma anche l’Inps, l’Inail, o le Agenzie fiscali, c’è anche l’ostacolo dello smart working: starà al dipendente comunicare al proprio responsabile che sta scioperando.Original Article
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