Gérard Prévot. Qui était-il?
Parlare di lui come di un personaggio misterioso, trattandosi di un meraviglioso scrittore del soprannaturale, sarebbe stucchevole, e facile. In realtà si sa abbastanza di lui, ma non moltissimo. In Rete, in italiano, non c'è nulla. Fuori dai Paesi francofoni, nessuno sa nulla di lui. E a parte una raccolta di racconti – in inglese – pubblicata in Romania in un'edizione limitata, praticamente non è mai stato tradotto a livello mondiale. Ed è un grande peccato.
Per fortuna oggi ecco ben due suoi libri: due raccolte di racconti, una più bella dell'altra – novelle di spettri, demoni e mondi innominabili, ambientate nelle desolate Terre del Nord – pubblicati da Alcatraz in una nuova collana, "Bizarre", dedicata alla letteratura fantastica. S'intitolano Il demone di febbraio (pagg. 232, euro 14) e La notte del Nord (pagg. 192, euro 14) entrambi tradotti da Luca Fassina e con le stesse splendide copertine che riproducono quelle delle prime edizioni francesi Marabout del 1970 e del 1974.
Di Gérard Prévot, cosa dire? Che ebbe una vita normale, inversamente proporzionale alle sue storie fantastiche, bizzarre, grottesche. Nasce nel 1921 a Binche, in Belgio, nella provincia vallona dell'Hainaut. Studia con qualche difficoltà al Collège Notre-Dame della sua città, ha una moglie, un figlio, divorzia e nel '45 partecipa, nella Brigade Piron, alla liberazione del Belgio dall'occupazione nazista. Poi si dedica completamente alla vita letteraria. Dal marzo 1945 inizia a lavorare come segretario per le edizioni Ecrans du monde, dove pubblica il suo primo libro. Nel 1949-1950 prova col giornalismo, collaborando con Le Peuple e La Cité. Nel 1951 va a vivere a Parigi e vi torna nel 1954 dove trova un posto come lettore alle edizioni Gallimard. Diventa un collaboratore occasionale di Lettres françaises – le condizioni di vita sono precarie – e incontra Louis Aragon, Jean Paulhan e Pierre Seghers. All'inizio degli anni '70, la svolta: torna in Belgio e si stabilisce nella città portuale di Ostenda dove incontra lo scrittore e editore Jean-Baptiste Baronian che lo spinge verso la letteratura fantastica. Prévot fino a lì ha prodotto poesie (molte raccolte, fra cui La première symphonie nel 1941, Récital nel '51 e Élégies dans un square décapité, nel '58), romanzi (come La race des grands cadavres, uscito nel '56, Les chemins de Port-Cros del '57 e Un prix Nobel, apparso nel '62), molti racconti e anche opere teatrali, pubblicando sia col proprio nome sia con gli pseudonimi Diego Michigan, Francis Murphy e Red Port (per le storie di fantascienza).
Ma anche l'autore più eclettico ha un proprio destino. Quello di Prévot è il conte fantastique, e la certezza che la letteratura può trascendere la morte e andare oltre il "solito", aprendosi all'insolito. Gérard Prévot riesce così facilmente a varcarne la soglia che in pochi anni, fra il 1970 e il '75, infila centinaia di racconti che lo fanno diventare, accanto a Marcel Brion, Thomas Owen e Jean Ray, uno dei massimi esponenti di quella che viene chiamata la "scuola belga del bizzarro", situata da qualche parte nelle nebbie del Nord dell'Europa: un vero unicum del genere. Ed è per queste opere che rimane ancora oggi conosciuto.
Qualcuno dice che Prévot, "poeta del bizzarro", avrà visto, prima di scrivere i suoi racconti fantastici, gli episodi della popolarissima serie Ai confini della realtà (The Twilight Zone) nella versione – tradotta e mutilata – andata in onda sulla televisione francese nell'autunno del 1965 con il titolo La Quatrième dimension. Ma forse è più facile – in quel clima di innamoramento intellettuale per il paranormale e le "altre dimensioni" che investì gli anni Settanta, tra ufologia, parapsicologia e archeologia fantastica – sia rimasto affascinato dall'opera di Jacques Bergier (1912-78), l'autore con Louis Pauwels del libro di culto, e bestseller, Il mattino dei maghi (1960) nonché del romanzo L'espionnage scientifique (1971) da cui venne tratta la serie televisiva francese Aux frontières du possible trasmessa in 13 episodi dal 1971 al 1974.
Come che sia – lasciamo il dubbio nella terra del Mistero – Prévot nei racconti Il demone di febbraio e La notte del Nord gioca una raffinata partita a scacchi con i mondi "altri", il destino degli uomini, la loro identità e i loro demoni interiori, che hanno l'apparenza dei mostri. "Gli spettri sono dentro di noi, è il mondo reale il vero mostro". Eccoli, i suoi racconti fantastici: storie di omicidi impuniti che ti perseguitano per tutta la vita. Di divinità crudeli (Il demone di febbraio e La confessione di Gert Verhoeven). Di fantasmi che riappaiono da un passato nazista (Un giardino sull'isola di Arran). Di case infestate e di preveggenza. Di slittamenti temporali. Di automi assassini (Il chitarrista di mezzanotte). Di statue e cadaveri urlanti (il bellissimo La smemorata). Di stregonerie e gatti maledetti (Il giullare di Damme). Di sparizioni dal mondo (La traiettoria). Di coincidenze nefaste (lo spiazzante Incuranti della pioggia e della nebbia). Di doppi e di orrori (La traiettoria e Strana eclissi)…
Tra il fantastico e il mondo reale, Prévot lo sapeva bene, la differenza spesso la fa un sottile nulla. E le desolate terre del Nord – quelle plaghe di magia, venti, piogge e riti oscuri che fanno da corona all'Europa – lo testimoniano da millenni.
Per il resto, Gérard Prévot morì a Bruxelles, nel novembre 1975, ancora giovane, per complicazioni legate al diabete. Lasciò un ciclo di sei romanzi sul giovane eroe Dan Dubble, di cui Marabout si stava preparando a realizzare una serie, e molti inediti, inclusa un'opera teatrale dedicata a Luigi II di Baviera. Un re pazzo, dalla vita bizzarra e morto in circostanze misteriose.
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