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Parma, apre l’ambulatorio di riattivazione che aiuta i reduci da Covid

Dolori articolari, fatica a respirare, stanchezza che non passa, affanno, vertigini, dolore toracico: è un fardello pesante di sofferenze quello lasciato in eredità a molti pazienti ex-Covid che, pur essendo tornati negativi al tampone, continuano a lungo a soffrire di sintomi debilitanti.
Se la ricerca, fin dalla prima ondata, si è concentrata soprattutto sul trattamento dell’infezione, diversi studi condotti negli ultimi mesi stanno evidenziando che il coronavirus può provocare effetti di lunga durata sull’organismo: mentre in Italia si parla di “sindrome post-Covid”, nel mondo anglosassone si è diffusa la formula di “long-haulers” ad indicare i tanti che, dopo la dimissione, si trovano a essere “malati a lungo termine”.
A Parma è stato attivato da alcuni giorni un ambulatorio di riattivazione post-Covid che, come testimonia la dottoressa Patrizia Mammi, Fisiatra dell'unità operativa di Medicina riabilitativa, "nasce dall’esigenza di fare qualcosa di concreto per rispondere ai bisogni dei pazienti che hanno vissuto l’esperienza della malattia da Covid 19".
Se fin dalla prima ondata pandemica, l’unità operativa di Medicina riabilitativa dell'Azienda ospedaliero-universitaria di Parma, diretta dal dottor Rodolfo Brianti, ha iniziato a fornire una presa in carico riabilitativa precoce dei pazienti attraverso il lavoro in team di fisiatri, fisioterapisti, logopedisti e terapisti occupazionali, a partire dalla Terapia intensiva, post-intensiva e in tutti i reparti di degenza dell’ospedale Maggiore, "nella seconda ondata è stato possibile orientare il lavoro anche sui pazienti ambulatoriali, concentrandoci su nuove esigenze che richiedevano la nascita di attività nuove. In questo senso, in assenza della forte pressione alla quale il sistema sanitario è stato sottoposto nella scorsa primavera, in questi mesi il sistema ha potuto agire più precocemente, occupandosi anche dei pazienti che pur essendo stati dimessi presentano ancora delle necessità", osserva Mammi, responsabile dell’ambulatorio di riattivazione post-Covid insieme alle dottoresse Anais Rampello ed Elena Ranza e la terapista Daniela Ravanetti.
"Grazie all’esperienza della prima ondata la medicina ha imparato molte cose ed è sempre più chiaro che gli esiti di questa patologia possono accompagnare una quota di pazienti anche per mesi. In particolare fatica, respiro corto, dolori articolari possono impattare sulla qualità di vita di persone in precedenza completamente autonome e ormai dichiarate guarite dal punto di vista infettivologico e pneumologico", osserva Mammi.
Sulla base delle evidenze scientifiche che man mano emergevano in letteratura internazionale, "abbiamo cercato di fornire un trattamento riabilitativo adeguato alle necessità e alle risorse del paziente, accompagnandolo nelle diverse fasi del ricovero. Ci è sembrato quindi necessario fornire un servizio per i pazienti che dopo la dimissione presentano questo tipo di sintomatologia. In letteratura esistono già diverse esperienze pubblicate di approccio a questo tipo di sequele post-Covid, in particolare abbiamo fatto riferimento allo studio, pubblicato su Jama, dei colleghi del Policlinico Gemelli di Roma".
Dal report emerge che su 143 pazienti seguiti a partire dal 21 aprile scorso fino alla fine di maggio, a distanza di oltre due mesi dalla diagnosi di Covid-19, solo uno su 10 non presentava sintomi riconducibili all’infezione. Se i sintomi denunciati erano vari, per tutti la qualità della vita, anche una volta guariti, risultava peggiorata.
Per guidare i reduci da Covid a recuperare la condizione di vita e di salute che avevano prima di doversi confrontare con l’infezione da Sars-CoV-2, l’ambulatorio prende in carico i pazienti con un’ottica integrale: "Per la gestione di sintomi quali fatica, respiro corto, dolori articolari, proponiamo un programma di rieducazione neuromotoria, posturale e di riallenamento che possa favorire una progressiva ripresa della normalità".
A partire dall’esperienza della attività ambulatoriale da poco aperta destinata ai pazienti post-Covid, prosegue Mammi, "possiamo dire fin da ora che il filo comune che unisce questi pazienti è la paura di non guarire mai nonostante siano già stati dichiarati guariti; ma, nello stesso tempo, ad unirli c’è anche il sollievo nello scoprire di non essere i soli a riportare queste problematiche e di non essere lasciati soli nell’affrontarle. Siamo consapevoli che la nostra proposta è solo l’inizio di un percorso e non la soluzione definitiva. Il nostro obiettivo è quello di dare al paziente degli strumenti per riappropriarsi nel tempo della propria normalità".
(Lucia De Ioanna)
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