ROMA – "Sono sbocciato", dice di sè. E sorride come un fiore. Un girasole, che ha i petali gialli come la metà brasiliana del suo cuore: Franco Morbidelli, 26 anni appena compiuti, pilota. Tre vittorie nell'ultima stagione di MotoGP, 2° nella classifica finale a 29 punti dal ragioniere Mir, che di gare ne ha vinta una sola: dicono lo meritasse lui, il titolo mondiale. "Pazienza. Tra poco ci riprovo". E' il 'nipotè di Valentino Rossi, infatti lo chiama: Zio. "Mi ha preso con sé quando ero un ragazzo: è stato il solo, a darmi fiducia". La prossima stagione correranno nella stessa squadra, la Petronas Yamaha. Sembra una favola. "Non dite che sono il suo erede, per favore. Lui è così grande che non potrà essere mai un solo pilota a prenderne il posto, un giorno: forse lo faremo in tanti, tutti italiani. Però c'è ancora tempo". Lo chiamano Franky Morbdo: intervista a un campione vero. In pista, e nella vita.
Come si fa, a sbocciare?
"Innaffiando la terra buona di serenità. Bisogna parlare con calma, ai fiori: farli sentire protetti, amati. Ci vogliono sole, sorrisi. Poi tocca a loro, ai fiori, trovare le energie giuste per crescere. Lo scorso anno avevo reso meno di quanto m'aspettassi: invece Fabio (il francese Quartararo, appena arrivato nel suo team n.d.r.) era andato fortissimo. Così durante l'inverno ho lavorato duro con Carlo Casabianca, il mio preparatore. All'inizio del mondiale ero in forma come mai, nella mia vita. I risultati sono arrivati".
Le vittorie di Misano, Aragon. Poi quella di Valencia: l'incredibile duello all'ultimo giro con Miller.
"E' stata una stagione fantastica. Estrema. Per risultati, emozioni. Non solo positive: in Austria c'è stato anche quell'incidente terribile, quando Zarco mi ha tamponato e la mia moto ha sfiorato di millimetri lo Zio e Vinales. La cosa più brutta che mi sia mai accaduta, in una corsa".
Un mondiale senza Marquez.
"Mi spiace per Marc. Non avere il pilota di riferimento ha cambiato tutto. Ma ha commesso un errore alla prima gara, forzando troppo. Fa parte dello sport. E' stato comunque un campionato vero. Sincero. Quando Marquez rientrerà, troverà piloti giovani più consapevoli del loro talento: nessuno di noi ha più paura di lui, ogni cosa è diventata possibile".
di
Massimo Calandri
Non c'era il pubblico.
"Le tribune vuote per colpa della pandemìa: che tristezza. A parte quei pochi spettatori a Le Mans e Misano, abbiamo sempre corso con una cappa nera addosso. Speriamo che in primavera sia tutto finito, ma dobbiamo imparare a convivere con la sofferenza".
A Franco Morbidelli glielo si legge nello sguardo, sempre un po' malinconico. La drammatica perdita del padre quando era giovanissimo, una carriera non facile in principio.
"Non è giusto respingere il dolore. Bisogna accoglierlo dentro di sé, farlo diventare parte di noi. Perché possiamo sempre essere migliori. Comprensivi, consapevoli: grazie anche alla sofferenza. Io è così che sono cresciuto, e non voglio smettere di farlo. Ma non sono mica un tipo triste, anzi".
Soprannome: 'Morbido'.
"Forse perché mi piace fare le cose con tranquillità, senza strepiti. Perché prendo e do sorrisi. Perché mi preoccupo degli altri, prima che di me stesso".
E perché guida con la delicatezza di un orologiaio.
"In effetti quest'anno sul rettilineo perdevo di brutto, anche dalle altre Yamaha. A Valencia sono stato il più lento di tutti, dopo Savadori. Però ho vinto, recuperando terreno nei tratti misti: grazie al mio modo di guidare e a una squadra speciale, abilissima a cambiare pelle e adattarsi ad ogni difficoltà: merito di quel genio di Ramon Forcada, il capotecnico".
Ha fatto nettamente meglio di Quartararo, Vinales. E dello Zio. Con una moto più vecchia di un anno.
"Sono il pilota di una squadra satellite, guido quello che mi danno. E se non mi faranno prima provare la nuova M1, nel 2021 preferisco tenermi la mia".
Dicono che alla Yamaha si siano già pentiti: nella squadra ufficiale, al posto di Rossi, per il 2021 dovevano prendere il Morbido e non Quartararo.
"Il livello di noi 4 è molto alto, la scelta era difficile. Diciamo che mi ripaga il fatto di correre con Valentino. E poi avrò meno responsabilità, obblighi. Speriamo ancora per poco".
Addio a Iannone e con ogni probabilità a Dovizioso, che si è preso un anno sabbatico. Il Doc è probabilmente alla sua ultima stagione. E' un cambio della guardia nel motociclismo italiano?
"Preferisco parlare di una ventata di aria fresca: io, Pecco Bagnaia, Bastianini, Marini e anche Bezzecchi, in Moto2. Ma la vecchia guardia c'è ancora: basta vedere come va in pista e lavora Dovizioso, o quanto è stato veloce Valentino in alcune occasioni".
Morbidelli è diverso da tutti gli altri piloti italiani. E si impegna pubblicamente su temi sociali, come il razzismo.
"In questo mi ha molto ispirato Lewis Hamilton. Se sei un personaggio pubblico è giusto esporti – restando semplice, genuino -, quando puoi fare delle cose buone. Provare a dare l'esempio. Esistono dei doveri morali, troppo facile fare finta di nulla".
Brasiliano per parte di mamma Cristina, e romano per via papà Livio. Il fiore è sbocciato.
"Allegria e tristezza insieme mi salgono dalla mia parte pernambucana. Ma credo di essere un po' più italiano: è qui che sono cresciuto. Ci sono delle belle orchidee, in Brasile. Ma il girasole va benissimo: a patto di essere sempre amato, protetto. Innaffiato di serenità".
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