Nel Sahara Occidentale c'è un conflitto dimenticato tornato all’improvviso d’attualità. A 29 anni dalla firma del cessate il fuoco, sono riprese le ostilità tra il Marocco e il Fronte Polisario, rappresentante del popolo saharawi che da decenni si batte per un referendum sull’autodeterminazione. Una strada strategica occupata da attivisti saharawi, giù al confine con la Mauritania, e l’intervento armato di Rabat per sgomberarla hanno riacceso la miccia del confronto bellico. In più, con un intervento del tutto inedito in questa contesa, anche l’Isis contribuisce ora a gettare benzina sul fuoco. In un comunicato, accusa il Polisario di mobilitare i suoi imam per difendere “obiettivi non musulmani”. Taccia i saharawi di “setta apostata”. Ma allo stesso modo attacca un imam marocchino, amico e consigliere di re Mohammed VI, per aver definito come jihad (guerra santa) la lotta di Rabat per mantenere l’occupazione del Sahara Occidentale. Proviamo a ricapitolare i termini della questione.
Che cos’è il Sahara Occidentale?
È un territorio dell’Africa situato all’estremità occidentale del deserto del Sahara, bagnato lungo oltre 1100 chilometri dall’Oceano Atlantico. Confina a nord con il Marocco, a sud e a est con la Mauritania e a nord-est con l’Algeria. È nella lista dei 17 “territori non autonomi” sotto la supervisione del Comitato speciale sulla decolonizzazione delle Nazioni Unite, istituito dall’Assemblea generale nel 1961. Gli abitanti autoctoni del Sahara Occidentale sono i saharawi, un popolo nato dalla fusione fra tribù berbere e arabe, che rivendicano il diritto all’autodeterminazione, ma il territorio è attualmente occupato per circa l’80 per cento dal Marocco.
Quali sono le origini del conflitto?
Il Sahara Occidentale è stato una colonia spagnola a partire dal 1883. Per rivendicare l’indipendenza dalla potenza occupante, nel 1973 i saharawi creano il gruppo armato Fronte Polisario (Frente Popular para la liberación de Saguía el-Hamra y Río de Oro). Ma il 6 novembre 1975, mentre a Madrid il dittatore Francisco Franco è in fin di vita, il re del Marocco Hassan II promuove la “Marcia Verde”: 350mila civili marocchini superano il confine ed entrano nel territorio del Sahara. Il 14 novembre a Madrid i rappresentanti di Spagna, Marocco e Mauritania firmano il cosiddetto “Accordo di Madrid”, in base al quale la Spagna cede la sovranità del Sahara Occidentale, la parte settentrionale e centrale a Rabat e quella meridionale alla Mauritania. Un documento la cui legalità non è mai stata riconosciuta dalle Nazioni Unite, che continuano a inserire il Sahara Occidentale nella lista dei Paesi in fase di decolonizzazione e non attribuiscono al Marocco la patente di potenza amministratrice del territorio.
Quando scoppia la guerra?
Il 26 febbraio 1976 la Spagna abbandona il Sahara Occidentale e il giorno successivo il Fronte Polisario proclama la Repubblica Araba Saharawi Democratica (Rasd), attualmente riconosciuta da 87 Paesi. Nessun Paese riconosce invece la sovranità del Marocco sul Sahara Occidentale. Comincia una lunga guerra in cui il Polisario, con l’appoggio militare dell’Algeria, lotta contro Marocco e Mauritania per vedere riconosciuto il diritto all’indipendenza. Nel 1979 la Mauritania, sconfitta, firma la pace con il Polisario e si ritira dal conflitto, abbandonando i territori che le erano stati assegnati in base all’Accordo di Madrid. La guerra si conclude dopo 15 anni, con la firma del cessate il fuoco tra Marocco e Fronte Polisario nel 1991, anno in cui viene creata la Minurso (Missione delle Nazioni Unite per il referendum nel Sahara Occidentale). Da allora circa l’80 per cento del territorio è occupato dal Marocco e il restante 20 per cento dalla Rasd, a est del muro di 2700 chilometri fatto costruire dalle autorità marocchine. La maggior parte dei saharawi (circa 150mila), espulsi dalle loro terre, vivono attualmente nei campi profughi della zona di Tindouf, in territorio algerino, mentre altri 35mila circa sono installati nella “zona libera” del Sahara Occidentale, a est del muro marocchino. L’Algeria rappresenta da allora il principale sostegno per le rivendicazioni dei saharawi. Non solo ospita sul proprio territorio i profughi, tra i quali – si calcola – ci sono circa 10mila militanti del Polisario, ma fornisce anche appoggio militare ai saharawi. I rapporti tra Marocco e Algeria sono gelidi da decenni, da quando, nel 1963, combatterono la cosiddetta “guerra delle sabbie” per regolare un contenzioso territoriale nelle zone di frontiera di Béchar e di Tindouf. Nel 1972 i due Paesi hanno delineato i nuovi confini, ma dal 1994 le frontiere marocchino-algerine sono chiuse e le tensioni non si sono mai risolte.
Perché non si è ancora tenuto il referendum per l’autodeterminazione?
La missione Minurso viene istituita dall’Onu nel 1991, oltre che con il compito di vigilare sul rispetto del cessate il fuoco, soprattutto con l’obiettivo di organizzare un referendum attraverso il quale il popolo saharawi dovrà decidere tra l’indipendenza o l’integrazione nello Stato marocchino. Da allora, per le differenze tra le parti in conflitto, non si sono mai create le condizioni per poter tenere la votazione. Una risoluzione approvata dal Consiglio di sicurezza nel 2001 ribadisce il pieno appoggio dell’Onu alla celebrazione di un referendum “libero, giusto e imparziale sulla libera determinazione del popolo del Sahara Occidentale”. Ma in seguito il processo di pace è entrato progressivamente in una lunga fase di stallo. Nel 2003 il Piano Baker II, che continuava a prevedere l’organizzazione di un referendum, viene accettato dal Polisario e dal Consiglio di sicurezza dell’Onu ma respinto dal Marocco, che consolida l’annessione di fatto del territorio. Nel marzo 2006, in una visita al Sahara Occidentale (denunciata dal Polisario come una violazione degli accordi di tregua) il re Mohammed VI dichiara che il Marocco non rinuncerà mai alla sovranità su quelle che definisce come sue “province del sud”. L’anno successivo, mentre il Polisario continua a rivendicare davanti all’Onu il diritto al referendum, il Marocco presenta per la prima volta una proposta che prevede la concessione di una forma di autonomia al Sahara Occidentale. Autonomia limitata da fatto che Rabat manterrebbe competenza esclusiva in questioni costituzionali, religiose, affari internazionali, potere giudiziario. Offerta subito respinta dai rappresentati del popolo saharawi. L’ultima risoluzione dell’Onu (la 2548, votata dal Consiglio di sicurezza il 30 ottobre scorso con 13 sì e 2 astensioni) invita le parti “a riprendere i negoziati senza precondizioni e in buona fede” sottolineando “la necessità di una soluzione realistica, praticabile e duratura alla questione del Sahara Occidentale basata sul compromesso”. Non si fa più esplicito riferimento al referendum, per il Polisario la risoluzione è “una presa in giro”.
Perché è stato rotto il cessate il fuoco in vigore dal 1991?
Il 13 novembre scorso le forze armate marocchine sono penetrate nella zona demilitarizzata di Guerguerat, all’estremità meridionale del Sahara Occidentale al confine con la Mauritania, con l’obiettivo di espellere le decine di attivisti saharawi che dal 21 ottobre bloccavano la strada impedendo il flusso di merci lungo il deserto tra la Mauritania e il Marocco. Lo sgombero dei manifestanti – che protestavano per l’occupazione delle loro terre e lo sfruttamento delle risorse naturali del Sahara Occidentale da parte del Marocco – è avvenuto al termine di uno scambio di colpi di arma da fuoco fra le truppe di Rabat e il Fronte Polisario. “La tregua è rotta”, ha confermato subito dopo in un’intervista a Repubblica Brahim Ghali, presidente della Repubblica Araba Saharawi Democratica, denunciando la violazione degli accordi sul cessate il fuoco da parte del Regno marocchino. L’Algeria ha subito definito come “una provocazione” l’intervento di Rabat nella zona di Guerguerat.
Qual è l’importanza strategica del Sahara Occidentale?
Nel Sahara Occidentale c’è il maggiore giacimento di fosfati al mondo. Inoltre, il tratto di mare sul quale si affaccia è tra i più pescosi del pianeta. Ma non è solo per questo che il Marocco considera imprescindibile imporre la propria sovranità su quel territorio: avere il controllo della sterminata zona desertica che separa il confine sud del Paese dalla frontiera della Mauritania a Guerguerat significa poter gestire i traffici commerciali con il resto dell’Africa. Da qui passano i camion con il pesce pescato dagli spagnoli in Mauritania e, in direzione contraria, capi di bestiame e cavalli venduti dalla Spagna in diversi Paesi africani. Ma anche la cocaina colombiana che dalla Mauritania viene spedita in Europa e l’hascish marocchino distribuito nel continente africano. Per avere il pieno controllo della frontiera, il Marocco ha perciò deciso di mettere fine all’occupazione della strada nella zona cuscinetto e ora si prepara a estendere fino a Guerguerat il muro di 2700 chilometri, in modo da impedire l’accesso agli attivisti saharawi. Rabat continua poi a moltiplicare con successo i propri sforzi diplomatici per impedire che si arrivi alla celebrazione di un referendum. Ha dalla sua il sostegno della Francia e in modo più discreto quello della Spagna, mentre il Polisario può contare sull’appoggio dell’Algeria e della Russia.
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