Chissà cosa penserebbero oggi i padri fondatori della Juventus, i torinesissimi studenti del liceo classico "Massimo D'Azeglio", se sapessero che nella loro amata squadra gioca nientemeno che un texano. Loro, che più sabaudi non potevano essere, nel 1898 non avrebbero ovviamente mai immaginato un mondo così smisurato e globale, nel quale un ragazzo nato appunto negli Stati Uniti e di nome Weston James McKennie potesse seguire il padre militare in una base aerea tedesca (Ramstein, nome purtroppo carico di dolorosi ricordi), e che in Germania poi diventasse calciatore e anche bravo, molto bravo, e che un giorno la gloriosa Juve un tempo "bugianén" lo avrebbe chiesto in prestito allo Schalke 04 e gli avrebbe dato fiducia, rivedendo in lui il sangue di una nerboruta stirpe di mediani/incursori senza macchia e senza paura.
Il giovane Weston, classe 1998, quella fiducia l'ha già meritata. In gol nel derby, non una partita qualunque, e poi ancora nella vendemmia di Barcellona, non una città qualunque, lo yankee bianconero si è regalato quattro giorni di gloria e ha vinto la sua guerra di secessione, riunificando un po' di storia bianconera: quella che dai mediani alla Furino e alla Bonini, passa per il fenomenale Davids e approda a McKennie. Non sembri blasfemo il paragone, o forse la suggestione: non lo è.
Contro il Barcellona, lo yankee ha segnato un gol da cartoon, pareva un'azione di Holly e Benji: tutto al volo e poi la sforbiciata con la palla che viaggia verso la porta, inesorabile, si dilata e non finisce mai di arrivare. Anche nel celebre cartone c'erano calciatori di ogni paese, America compresa, ma lì erano tutti baciati dalla grazia, mentre Weston è più un operaio specializzato, uno che sta studiando al tornio limando un pezzo dopo l'altro, come a Mirafiori o al Lingotto. Non fa mai il fenomeno, eppure gli riescono cose fenomenali. Non cerca mai la giocata troppo difficile ma la realizza: perché segnare così, in plastico volo, "in bicicletta" come dicevano i cantori antichi, è gesto da Ronaldo, mica da McKennie. O forse invece sì.
Forse, la vita da mediano cantata da Ligabue merita un aggiornamento, una riedizione: dove non ci si limita sgobbare lì nel mezzo finché ce n'è, ma si osa il grande sogno del volo: razzi accesi, partenza, orbita. Verso le stelle. Mica per niente, il primo uomo sulla Luna è stato un americano.Original Article
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