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Italia e Regno Unito prime in Europa per mortalità da Covid. A rischio 11 milioni di pazienti fragili: “A loro subito il vaccino”

ROMA – Al primo posto in Europa, insieme al Regno Unito, per mortalità da Covid-19. Al quarto nel mondo dopo Messico, Iran e Perù. Con 11 milioni di pazienti fragili che, in Italia, rischiano di essere vittime indirette della pandemia, anche a causa del milione e mezzo di controlli oncologici cardiologici ed ematologici finora saltati. Malati ai quali va data precedenza nell'ormai prossima somministrazione del vaccino. Mettendo nel frattempo in campo poderosi investimenti per riorganizzare la rete dell'assistenza sanitaria, piegata da anni di sottofinanziamento, che le scarse risorse previste nel Recovery Fund e la mancata attivazione del Mes non possono garantire.
A chiederlo è la Confederazione degli oncologi, cardiologi ed ematologi (Foce) guidata dal prof Francesco Cognetti, che ha illustrato gli effetti nefasti della pandemia su tutti gli altri malati, trascurati a causa dell'emergenza che ha mandato in tilt gli ospedali. "Dobbiamo muoverci in fretta, come avremmo già dovuto fare al termine della prima emergenza, senza ulteriori rinvii e discussioni spesso inutili – spiega Cognetti -. Gli alti tassi di mortalità da Covid, comunque declinati, che si registrano in Italia sono francamente preoccupanti. Il nostro sistema sanitario nazionale è in forte difficoltà e sta dimostrando tutta la sua fragilità, dovuta anche ad anni di tagli alla spesa pubblica, che distanzia l'Italia nel confronto europeo. È giunto il momento di invertire decisamente la rotta".
I numeri parlano chiaro: siamo al primo posto in Europa, col Regno Unito, per mortalità fra i contagiati da Coronavirus col 3,5% e ci classifichiamo al quindicesimo posto a livello continentale per percentuale di PIL assegnata alla sanità: la media europea si attesta al 9,9% contro l'8,8% dell'Italia, senza considerare i contributi dei cittadini. Nel 2017, nel nostro Paese, sono stati spesi 153 miliardi di euro per la sanità contro i 369 della Germania e 260 per la Francia. Proprio per questo la Confederazione Foce esprime "incredulità e sconcerto per gli scarsissimi finanziamenti annunciati nel Recovery Fund, con meno del 5% del totale (9 miliardi) alla sanità, in assenza inoltre di decisione sull'acquisizione dei fondi Mes per questo settore".
"Per noi il vaccino anti-Covid va somministrato in primo luogo ai più fragili – sottolinea il vicepresidente Paolo Corradini, capo dei Società italiana di ematologia – cioè alle persone colpite da gravi patologie cardiovascolari, oncologiche ed ematologiche. Undici milioni di malati che, come ormai dimostrato da numerosi studi e dall'evidenza clinica, se colpiti presentano minori chances di superare l'infezione. Vanno tutelati al più presto, anche mediante il mantenimento dei posti letto riservati a queste patologie e nella definizione assoluta di percorsi riservati Covid free". Invece "molti reparti di cardiologia e numerose Unità di Terapia intensive cardiologiche sono stati trasformati in reparti Covid e questo ha portato ad un'ulteriore difficoltà nella cura dei nostri pazienti – denunciano il vicepresidente di Foce Ciro Indolfi e il segretario Francesco Romeo – con enormi problemi per chi è colpito, per esempio, da un infarto, scompenso, aritmie, tutte patologie tempo dipendenti. Con conseguenze inimmaginabili che ci riporteranno indietro di molti anni nella lotta alla prima causa di morte in Italia, con mortalità superiori rispetto ai 220mila decessi del 2019. Le reti della emergenza cardiologica devono essere preservate. Si può e si deve invertire questa spirale perversa".
Senza dimenticare l'assoluta necessità di riprendere gli screening oncologici. "In estate avevamo perso 1 milione e 400mila esami – spiega il vicepresidente Giordano Beretta – , fondamentali per la diagnosi precoce di neoplasie molto diffuse, come il tumore del seno e del colon retto. Ma questo numero si è ormai alzato a dismisura, perché gli screening non sono ancora ripartiti nella stragrande maggioranza del Paese: comincia ad essere un tempo molto lungo col rischio di scoprire nel prossimo periodo neoplasie in fase avanzata. Non solo, almeno il 30 per cento degli interventi chirurgici (circa 400mila) e delle prestazioni sono saltati".Original Article

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