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Covid, l’Emilia-Romagna sperimenta i test sulla saliva

Il massimo del risultato sarebbe avere a disposizione dei test rapidi che, con un po’ di saliva, ci dicono in cinque minuti se siamo positivi o no. E che aprirebbero la strada a quelli che potremmo definire esami fai-da-te, semplici e poco invasivi. Ma non è l’unico capitolo della sperimentazione che a gennaio partirà per la prima volta in Emilia-Romagna sui test salivari, grazie al lavoro del microbiologo Vittorio Sambri, direttore del laboratorio di Pievesestina, in collaborazione con Pierluigi Viale, capo degli infettivologi del Sant’Orsola.
Professor Sambri, cosa sono i test salivari?
"Sono test per il Covid-19 che si eseguono su un campione di saliva. I metodi per prelevarlo sono diversi: dal semplice sputo dentro una provetta alle “salivette”, cioè dei tamponcini che si masticano: si imbevono di saliva, si prelevano e si mettono dentro un contenitore".
E per avere l’esito?
"Si può fare un test molecolare in laboratorio, come per i tamponi normali; oppure un test antigenico, come avviene per i tamponi rapidi".
Qual è il vantaggio del salivare?
"I vantaggi sono da valutare. Concettualmente, i salivari sono meno sensibili dei tamponi. Ma ormai abbiamo capito che anche i tamponi non vengono fatti tutti bene alla stessa maniera: il test deve essere molto profondo e invasivo e non avviene sempre in modo corretto. Questa è una delle spiegazioni, non l’unica, per cui l’esame molecolare ha una sensibilità clinica fra il 75 e l’80%, non altissima".
E con la saliva?
"È vero che forse la saliva è leggermente meno sensibile, ma il suo prelievo non dà fastidio, non è difficile, è standardizzabile. La corretta raccolta di un prelievo meno sensibile potrebbe darci gli stessi risultati di un prelievo tradizionale fatto peggio".
Il tampone rapido salivare rappresenterebbe una svolta?
"Sarà interessante capire se la saliva si potrà usare per il test antigenico. Ci sono metodi in fase di sviluppo che danno risposte “colorimetriche” in 4-5 minuti: in altre parole, l’esito arriva con un cambiamento del colore del test. Significherebbe diagnosi in tempi molto rapidi, con costi molto bassi. Non dico che si potrebbero fare la mattina prima di andare a scuola ma quasi. E non sto dicendo che bisogna fare così – prima ci penserei sette volte – ma che dobbiamo capire se è una strada percorribile".
Si apre la strada del fai da te, o di esami più semplici e veloci da fare in farmacia o dal medico?
"Il test fai da te, il campione di saliva raccolto e inviato in laboratorio, il test dal farmacista…Abbiamo davanti diecimila possibilità. Con uno studio condotto bene, serio, dovremo dimostrare quante sono valide".
Per questo parte la vostra sperimentazione. Come funzionerà?
"Da metà gennaio contiamo di sperimentare sia i salivari rapidi sia quelli in laboratorio. Si tratta di cinque o sei test diversi. Recluteremo un migliaio di pazienti fra asintomatici e sintomatici giunti a diverse fasi della malattia. Speriamo, prima della primavera, di capire quali test ha senso usare".
Nel frattempo ci saranno i vaccini…
"I vaccini ci daranno una grossa mano ma non saranno risolutivi al 100%. Non saranno l’unica soluzione. Così come è fantascienza sperare in un farmaco miracoloso. Più armi abbiamo a disposizione, meglio è. Al limite le teniamo in tasca. Perché, ancora per mesi, col virus dovremo cercare di convivere in maniera indolore, meno costosa e più compatibile con vita normale".
La terza ondata se l’aspetta?
"Guardate i numeri, i morti: non è finita nemmeno la seconda. O la gente lo capisce o ci sarà per forza, anche peggiore. Basta vedere le immagini di Riccione. Abbiamo anche il tempo per evitarla, due settimane per comportarci bene o tornare indietro. Sa che le dico? Anche io il 7 gennaio vorrei andare a sciare e non star chiuso sempre in laboratorio".Original Article

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