“Ho bisogno di aiuto, io sono un pescatore e un pescatore da solo non può salvare il mare. Non possiamo essere in due a mandare avanti una onlus che vorrebbe portare sul fondale 100 sculture di marmo…”. Paolo Fanciulli ha sessant’anni ed è cresciuto sulle barche, a tirare su le reti, fra i pescatori di Talamone, in Maremma. Ambientalista lo è sempre stato, per affinità. È per la pesca sostenibile, quella che non porta in tavola soltanto orate e branzini, ma molti altri sapori (cefali, cerine, mazzoni…). È anche un po’ cuoco, ma soprattutto un combattente contro la pesca a strascico illegale (entro le tre miglia dalla costa).
La sua battaglia in passato è finita in prima pagina sul New York Times, poco tempo fa, di lui e del museo sotto il mare che ha creato e che non è indicato da nessun cartello, ha parlato anche il Guardian. Eppure per quel museo davanti alla costa Toscana, per quella che lui chiama la 'Casa dei pesci' si sono scomodati anche grandi artisti contemporanei a cominciare dall’inglese Emily Young (quella che ha ispirato anche la canzone dei Pink Floyd “See Emily Play”) e che vive in in Maremma.
Paolo, cominciamo dalla fine, dal museo sotto il mare, dove si trova?
“Nel parco naturale marino della Maremma, proprio a Talamone”.
Come è nato questo museo sotto il mare e che senso ha?
“Facciamo un passo indietro io mi batto dal 1986 contro la pesca a strascico illegale, una volta ho bloccato con altri cento pescatori il porto di Santo Stefano: era il 1990. Quella pesca fatta dove non si può, cioè entro le tre miglia dalla costa, distrugge i fondali, sradica la poseidonia, uso spesso l’esempio dei cacciatori: è come se un cacciatore per colpire un cinghiale desse fuoco a un bosco. E’ tollerabile? Io penso di no”.
E lei invece ha scoperto che malgrado i divieti, la pesca con le reti a strascico sui fondali si faceva lo stesso…
“Già e a volte seguivo io stesso i pescherecci, altre chiamavo la guardia costiera. Ho denunciato quello che stava succedendo, in Maremma come altrove… sono stati al mio fianco anche Greenpeace e Legambiente, la provincia di Grosseto. Abbiamo calato in mare dei dissuasori, cioè dei blocchi di cemento armato per impedire il trascinamento delle reti…”
Risultato?
“Che alle aste al mercato nessuno comprava più il mio pesce e mi hanno anche minacciato di morte. Quella battaglia per il mare dava molto fastidio”.
E allora cosa ha fatto?
“Non mi sono arreso, in diversi mi hanno aiutato: un giorno mi hanno scritto da un Gas, un gruppo di acquisto solidale, e così ho cominciato a vendere il mio pesce a loro: a Milano, Pavia, Siena, Poggibonsi, Arezzo… Intanto nel 1992 mi sono inventato la Pescaturismo, portavo i turisti sulla mia barca, la Sirena, a pescare con me e parlavo loro di ambiente e pesca sostenibile”.
Torniamo ai dissuasori: come è passato dai blocchi di cemento a quelli di marmo?
“Nel 2006, in accordo con Arpat Toscana avevamo messo trecento dissuasori, finanziati da un progetto europeo sui fondali, ma vennero messi troppo distanti fra loro, tra Ansedonia e Piombino e la pesca illegale non cessava. Allora ne ho comprati molti altri: mi hanno aiutato sia aziende e cittadini, per esempio mio cugino Franco Fanciulli mi ha prestato il rimorchiatore gratis, la Subtecno di Bari un puntone (la nave con la gru), i pescatori amici miei, le associazioni di pesca, il Wwf insomma tutti offrirono quello che potevano. Poi mi è venuta l’idea: perché non mettere là sotto il mare delle sculture? Mi sembrava più rispettoso per il mare e un bel messaggio: l’arte che protegge la natura e combatte l’illegalità…”.
E ha trovato un benefattore?
“Prima abbiamo creato la onlus 'La casa dei pesci' di cui è presidente Ippolito Turco, un mio amico che ha un agriturismo La Puledraia nel parco in Alberese dove adesso vanno gli scultori ha realizzare le opere per il mare e Lucio Sabbadini, un ingegnere di Roma che ci ha fatto il progetto. Parecchio tempo dopo ho conosciuto Franco Barattini, il proprietario delle Cave Michelangelo e gli ho chiesto due blocchi di marmo. A lui è piaciuto il progetto e ha regalato all'associazione 100 blocchi: trentanove sono sculture marine entrate nel museo sott’acqua, 20 sono veri e propri dissuasori artistici, 19 opere depositate sul fondo. Ma adesso abbiamo finito i soldi. E anche se gli artisti lavorano gratis ci sono diverse spese da sostenere nell’andare a prendere i blocchi a Carrara con i tir e quindi organizzare il calarli in mare”.
Quindi?
“Quindi facciamo un appello: vi chiediamo di aiutarci. Abbiamo già dieci opere realizzate da artisti che vorremmo portare in mare ma che teniamo a terra per mancanza di fondi”. Tra questi c’è anche una delle quattro opere realizzate da Emily Young (The bitter Guardian). Tra gli scultori che hanno aderito al progetto del museo sottomarino ci sono Giorgio Butini, Massimo Catalani, Marco Borgianni, Massimo Lippi (che ha realizzato le 17 contrade di Siena), Francesca Bonanni, John Cass (inglese), Johannes Goelles (austriaco), Rahel Kimmich (svizzera), Ulisse Zileri Arcozzi, Lea Monetti (unica maremmana), Selene Frosini, Alessandro Maffei, Aurora Avvantaggiato, Alessandro Babbanini e Andrea Marini Leandri".Original Article
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