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Michele Cicchelli, il pediatra di Barletta ucciso dal Covid a 2 mesi dalla pensione. L’ultima telefonata al collega: “Aiutami tu, sto morendo”

È possibile che abbia contratto il virus nel suo ambulatorio da pediatra di libera scelta a Barletta. Poi, più di mese fa, sono arrivati i primi sintomi: febbre, tosse e difficoltà respiratorie. Quindi il ricovero nell’ospedale di Bisceglie, dov’è morto domenica 6 dicembre dopo una decina di giorni trascorsi passati in Rianimazione. Michele Cicchelli, 69 anni, originario di Minervino Murge, una laurea in medicina e una specializzazione in malattie infettive messa in tasca nel 1980, sarebbe andato in pensione a fine febbraio.
E invece è il 232 esimo medico ucciso dal Covid-19, il nono in Puglia che ha perso la sua battaglia con il virus. Non aveva altre malattie note. E lascia la moglie e tre figli.
“Lui sapeva che non ce l’avrebbe fatta. Una volta mi ha telefonato dicendomi: ‘Luigi, sto morendo, ti prego, aiutami tu. Era disperato: ‘Gigi, sono Michele, aiutami, ti prego’. Mi ha lasciato impietrito. Gli dissi di avere fiducia, di stare tranquillo”, ricorda il collega Luigi Nigri, che è anche il vicepresidente nazionale della Federazione italiana dei medici pediatri.
Trattiene la voce per qualche istante, poi Nigri continua: “Michele era quello che accendeva il dibattito quando facevamo i nostri corsi di aggiornamento. E lo faceva con le sue interpretazioni, la sua esperienza. Era una persona estremamente vitale e rispettata: quando sia alzava, fra i colleghi calava il silenzio”.
Il profilo che risalta di più nel ritratto del dottor Cicchelli è il suo essere un uomo brillante, un professionista meticoloso e anche polemico. “Il che è una cosa bella sul piano scientifico. Perché è dal confronto anche acceso che vengono fuori le conoscenze”, scandisce Nigri. “Ma era estremamente gentile. Fermo e vivace, ma sempre gentile e rispettoso. Valori, questi ultimi, che non esistono più neanche fra i medici”, ammette il collega.
All’inizio della sua carriera Cicchelli ha lavorato in ospedale, poi ha optato per la libera professione. Ed è stato nel suo ambulatorio fino a poco più di un mese fa. Secondo Nigri è lì che il collega avrebbe contratto il Coronavirus – “perché nessuno dei suoi familiari è risultato positivo” – nonostante fosse sempre molto prudente: mascherina, igiene delle mani, distanziamento.
“Ora abbiamo perso un componente della famiglia. Noi pediatri siamo circa 200 fra Bari e la Bat e siamo sempre stati una famiglia. Tanto che ieri – racconta Nigri – diverse colleghe mi hanno telefonato in lacrime”.
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