AGI – Preoccupazione, è il sentimento che si respira in queste ore al Quirinale. Da giorni la lettura delle dichiarazioni bellicose dei leader e dei partiti, i segnali di nervosismo verso l'esecutivo che via via arrivano direttamente al Colle, lo stillicidio drammatico dei dati dell'epidemia, nulla contribuisce a portare un minimo di serenità tra le stanze della prima istituzione del Paese. Il giorno cruciale sarà mercoledì, segnato in rosso sul calendario di tutta la politica italiana: ci si arriverà in un clima di sempre maggiore tensione e diffidenza reciproca tra i partiti, e tra questi e il governo.
L'altolà di un drappello di parlamentari M5s alla riforma del Mes rischia di far venir meno la base parlamentare del governo, anche se in Parlamento si sta lavorando alacremente a una risoluzione che permetta a Giuseppe Conte di andare a Bruxelles senza smentire il suo ministro dell'Economia, che non più tardi di una settimana fa aveva rimosso all'Eurogruppo il veto italiano alla riforma bloccata da un anno.
L'Europa si attende un ok definitivo, ma nei giorni scorsi il timore che il sì di Gualtieri venisse ritrattato ha preoccupato non poco i vertici comunitari. E su alcuni giornali del nord Europa sono apparsi di nuovo giudizi non benevoli sull'affidabilità del nostro Paese. In queste ore si è aggiunta la preoccupazione anche per lo scontro sul Recovery, e soprattutto sulla struttura che dovrebbe gestirne l'attuazione, struttura caldeggiata peraltro dalla stessa Commissione Ue.
Ce n'è abbastanza per mettere di nuovo sotto osservazione la reputazione dell'Italia, una reputazione che il presidente Mattarella ha cercato diverse volte di salvaguardare, anche spendendosi in prima persona presso le Cancellerie europee.
Dunque il primo banco di prova della maggioranza sarà alle 16 di mercoledì, a Palazzo Madama, dove è atteso un voto ad altissima tensione. Il premier giocherà nell'aula del Senato una delle partite più difficili della sua esperienza, almeno dal punto di vista della tenuta parlamentare. Se la risoluzione di maggioranza, su cui ora pesa anche la mancata firma di Iv, passasse senza problemi tutto filerebbe liscio. Almeno fino al varo della manovra. Se la risoluzione di maggioranza passasse solo grazie ai numeri di alcuni esponenti di opposizione, si aprirebbe ovviamente un problema politico, che avrebbe bisogno di essere chiarito tra il premier e i partiti che sostengono il suo governo.
Tanto più, visto che siamo in sessione di Bilancio e nel bel mezzo di una pandemia: tutte situazioni, dalla manovra alla lotta al covid-19 fino alla campagna di vaccinazione, che dovrebbero essere gestite da un governo saldo in sella e con una base politico-parlamentare non sfilacciata. Se invece mercoledì il governo non avesse i numeri, ovviamente il premier sarebbe atteso al Quirinale.
La crisi sarebbe politica e investirebbe uno dei capitoli fondanti di un governo, la politica estera e soprattutto le relazioni con Bruxelles, che sono cruciali alla vigilia del varo del Recovery plan. A quel punto sarebbe difficile rappattumare una maggioranza, visto che anche tutte le attuali opposizioni sono contrarie alla riforma del Mes e Sergio Mattarella ha fatto sapere che non intende impelagarsi nella faticosa ricerca di una, al momento inesistente, alternativa.
Ormai la riforma costituzionale del taglio dei parlamentari è applicabile e si può quindi andare a votare, o con un governo elettorale o anche con l'attuale che garantisca un ministro dell'Interno non politico e ministri 'di collegamento' già collaudati per la fase finale di trattativa sul Recovery. Uno scenario, quello di elezioni anticipate, che mai nessun presidente predilige, ma che al Colle non escludono nemmeno.
Molto dipenderà dal voto di mercoledì, e un po' anche dal grado di litigiosità dei partiti di maggioranza. Litigiosità che si avvicina sempre di più al livello di guardia.
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