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Mes e Recovery Fund, quanto è concreto il rischio di una crisi di governo

AGI – Raccontano nel Movimento 5 stelle che anche Di Battista ha dato una mano per convincere i riottosi sulla riforma del Mes a fare un passo indietro. Per non lasciare a Renzi – questa la spiegazione che ha fornito ai suoi – il pretesto per rompere. La richiesta dei pentastellati, dopo 48 ore di 'full immersion', è quella di inserire nella risoluzione che dovrà essere presentata domani "la logica a pacchetto", ovvero pure l'introduzione di altri meccanismi come, ad esempio, l'Edis.

"Sarà un fondo di garanzia per i depositi bancari", ha spiegato soddisfatta la Lezzi. "È un buon punto di caduta. Chi non vota lo fa solo per motivi personali e contro la posizione del Movimento", spiega un 'big' M5s. Al momento la 'fronda' dovrebbe essere rappresentata da sei o sette senatori, tra questi vengono annoverati i nomi di Granato, Crucioli, Lannutti, Vanin, L'Abbate, altri potrebbero non presentarsi in Aula.

I malpancisti ancora non escludono un testo alternativo ma la partita sul Mes si intreccia con quella sul Recovery plan. Alle 15 avrebbe dovuto tenersi un Consiglio dei ministri per avviare la discussione sulla governance. Anche il pre-Consiglio dei ministri di ieri non ha sciolto affatto i nodi. Fonti parlamentari riferiscono che i tecnici di palazzo Chigi e del Mef abbiano sostanzialmente difeso la struttura ipotizzata dal presidente del Consiglio e, questo la motivazione alla base, chiesta dall'Europa per evitare ulteriori ritardi.

Italia viva ritiene che in questo modo si introduca una gerarchia tra i ministri, che sia in atto una sorta di commissariamento della politica, che non ci sia un inquadramento giuridico nel momento in cui si dà un mandato ai tecnici di agire in deroga. E così la riunione del Cdm dopo l'alt di Italia viva ("Rischio rottura in maggioranza? Spero proprio di no, ma temo di sì", ha detto oggi Renzi, e con lui Maria Elena Boschi) alla cabina di regia palazzo Chigi-Mef-Mise, è rinviata.

A rischio anche la mediazione della maggioranza sul fondo Salva-Stati, considerato tra l'altro che ieri Iv, anche se ha spiegato di non voler mettere i bastoni tra le ruote sul tema, non ha firmato il documento presentato in Senato.

Pesano le distanze tra i partiti. "Si sta lavorando ad una risoluzione che vada bene a tutti", prova a rassicurare il capogruppo dem Marcucci dopo una riunione con gli altri capigruppo a palazzo Madama. "Io voglio che ci siano i soldi del Mes per la sanità, meno soldi ai consulenti e agli amici degli amici", taglia corto Renzi.

La partita sulla risoluzione è in mano al ministro per gli Affari europei Amendola che oggi sottoporrà agli alleati il testo definitivo. Ma il Movimento 5 stelle non vuole, tra l'altro, riferimenti al Mes sanitario, è sulla 'logica a pacchetto' che sta cercando un compromesso con i firmatari della lettera di una cinquantina dei parlamentari che annunciava qualche giorno fa il no alla riforma.

"È un bene che si stia andando verso un punto di caduta nel Movimento 5 Stelle e mi auguro – ha spiegato il ministro degli Esteri Di Maio – si raggiunga un punto di incontro quanto prima. Come ho ribadito più volte, il no all'utilizzo del Mes resta fermo, ma il voto di domani sarà un voto sul governo, su una risoluzione, sul presidente del Consiglio. Prevalga la responsabilità".

Il fronte rosso-giallo è in fibrillazione, il rischio di una crisi nel pieno delle feste natalizie preoccupa i vertici istituzionali. L'obiettivo dei rosso-gialli per domani è arrivare ad una maggioranza politica, anche perché Salvini, annunciando per giovedì un incontro del centrodestra alla presenza anche di Lupi e Cesa, ha voluto inviare un segnale chiaro.

"Basta con i favori al governo", taglia corto un 'big' lumbard. Per il sì alla riforma sono i tre centristi a palazzo Madama e anche l'azzurro Cangini ha spiegato che se il suo voto sarà favorevole se non servirà a salvare l'esecutivo. Il nodo 'Recovery' rischia però di compromettere ulteriormente il clima. Mentre domani mattina alla Camera ci sarà il voto finale sul dl immigrazione: sono una ventina i pentastellati che potrebbero non presentarsi in Aula.

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