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La task force per il Recovery fa il lavoro dei ministeri. Lo dice Cottarelli

AGI – La task force operativa per il Recovery Plan che il Governo ha deciso di mettere in piedi potrebbe complicare le cose anziché trovare soluzioni per spendere bene e in tempo le risorse. Ne è convinto Carlo Cottarelli, che in un colloquio con l'Agi sottolinea: "L'idea è che questo lavoro avrebbero dovuto farlo i ministri e i rispettivi ministeri: sono lì apposta e sono pagati per questo".

Argomenta il direttore dell'Osservatorio sui Conti Pubblici: "Creare una struttura alternativa vuol dire essenzialmente due cose: primo che non si ha fiducia nei ministri e nei ministeri e che non sono capaci di fare quello che dovrebbero, ossia fare investimenti e fare progetti. Perché questa attività deve farla un'altra struttura?", insiste l'economista.

E poi c'è il secondo punto: "Come faranno a interagire? In che modo i sei super manager e i 90 esperti riusciranno a colloquiare con la struttura dei ministeri? Alla fine qualcuno deve decidere – è il ragionamento – e presumibilmente sono i ministeri che devono fare i decreti attuativi e scrivere le leggi, che hanno gli uffici legislativi. La domanda allora è: in che modo si coordinano con questa'altra struttura? Perché ce ne era bisogno?".

Quindi il professore chiarisce: "Sto ancora leggendo la bozza del documento e non sono arrivato alla parte in cui si parla dell'organizzazione. Per quel che riguarda la parte che descrive i progetti e le 6 missioni – sottolinea – l'impressione è che sia ancora tutto molto vago. È sicuramente un passo avanti rispetto al documento di ottobre in cui si definirono le missioni, ma siamo ancora molto lontani dai livelli di concretezza che c'erano ad esempio nel piano Colao".

Come si stanno regolando negli altri Paesi europei? "Noi abbiamo un piano più grande piu complicate – risponde il professore – ma se confrontiamo il nostro con il piano francese capiamo subito che stiamo indietro in termini di specificità. In questo documento c'è ancora troppa generalità".

E prosegue: "Nel nostro documento sono troppe anche le parole: sappiamo quali sono i problemi e il testo dovrebbe descrivere le soluzioni, ma c'è ancora tanto nel descrivere i problemi, che peraltro sono noti a tutti. Questo deve essere un documento d'azione. Su un dossier di 120 pagine – racconta – la parte che descrive la missione più grossa che è la rivoluzione verde da 74 miliardi, è lunga 5 pagine e di queste una pagina intera ci dice quanto è importante la rivoluzione verde. Perché? Certo, c'è qualche specificità – conclude – ma sono tutte cose che più o meno già sapevamo".

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