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Il Papa torna a viaggiare e vola in Irak

Si preannuncia già un viaggio storico. Perché Francesco sarà il primo Papa a mettere piede nella terra di Abramo. Bergoglio torna a viaggiare e annuncia una visita in Irak, dal 5 all'8 marzo. Una meta che porta nel cuore già da molto tempo e che è stata rimandata prima a causa delle condizioni di sicurezza e poi per la pandemia da Covid-19. Ieri l'annuncio ufficiale della sala stampa della Santa Sede, con un buon margine di anticipo, frutto sicuramente di lunghe riflessioni nonostante il coronavirus sia ancora nel vivo. Con un pizzico di prudenza, il portavoce vaticano, Matteo Bruni, ha precisato: "A suo tempo sarà pubblicato il programma del viaggio, che terrà conto dell'evoluzione dell'emergenza sanitaria mondiale".

La Piana di Ur, legata alla memoria di Abramo, le città di Erbil (in Kurdistan) e Mosul, e Qaraqosh nella Piana di Ninive. Queste le tappe del viaggio del Pontefice argentino, il primo dopo un lungo stop a causa del Covid. Papa Wojtyla ci provò nel 1999: da lì Giovanni Paolo II voleva aprire il Grande Giubileo del 2000 ma Saddam Hussein chiese di rinviare quel viaggio. Dopo vent'anni è Bergoglio a visitare una regione dove l'Isis nel 2017 cacciò tutti i cristiani, ventimila famiglie, rubando o bruciando le loro case; uccidendo coloro che non volevano andarsene. Un esodo doloroso che solo negli ultimi tempi si sta superando con il ritorno delle famiglie cristiane nelle loro terre. Un'area in cui la persecuzione dei cristiani è all'ordine del giorno.

Baghdad ha accolto l'annuncio favorevolmente: la visita "è un messaggio di pace", ha sottolineato il governo iracheno. Ma è il Patriarca dei Caldei – che lo stesso Bergoglio ha voluto creare cardinale, Raphael Sako – a farsi portavoce della gioia per i cristiani martoriati del Medio Oriente. "Abbiamo accolto la notizia con tanta gioia – ha commentato il Patriarca di Babilonia in un'intervista a Vatican News -. Il Papa viene da noi e ciò vuol dire che porta ai cristiani dell'Oriente, alla gente dell'Oriente, che da tempo vivono nell'incertezza, nella paura, con tanti problemi, il suo supporto ma anche la speranza per una situazione migliore". "Questa visita – ha aggiunto – è un pellegrinaggio in cui c'è un messaggio di fraternità umana. L'Enciclica Fratelli tutti ha un senso non solo per i cristiani ma anche per tutti gli uomini in questi Paesi: basta guerre, basta conflitti, basta morte, distruzione e corruzione. Bisogna costruire la fiducia, la pace e la stabilità e anche la solidarietà umana. Questa visita è un atto molto coraggioso, soprattutto in questo tempo".

La notizia del viaggio è "un segnale di grande speranza per la comunità cristiana della martoriata nazione mediorientale", ha commentato la fondazione Aiuto alla Chiesa che Soffre, che si occupa della tutela dei cristiani perseguitati. Secondo gli ultimi dati, a metà 2020, oltre 8mila abitazioni delle 14.828 danneggiate appartenenti a famiglie cristiane nella Piana di Ninive "sono state ricostruire grazie a un piano di intervento", ha annunciato Alessandro Monteduro, direttore di Aiuto alla Chiesa che Soffre.

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